A sorpresa l’ex-voce dei Mariposa e mente degli Amore Alessandro Fiori ritorna a poco tempo da “Questo Dolce Museo” con “Cascata”, un disco a tratti urgente con idee maggiormente musicali.
“Volevo Solo Farle un Caffè” non è solo canto d'apatia ma piuttosto un frankenstein tra la mestizia di Fabrizio De André e un salmodiante gregoriano; allo stesso modo, l’orchestrazione associa la glaciazione dell’elettronica con pizzicati amichevoli. “Senza Sporcare” cerca di proseguirla diminuendo ancora l’espressività vocale, al limite dei messaggi di voce sintetica. L’ibrido vacuo di honky tonk e vaudeville in “Un Misterioso Caso” è riscattato da tracce di primitivismo Tom Waits-iano. “Dei Nei la Mappa Precisa” suona come una ballata di Lucio Dalla dall’esasperata componente elettronica.
Gli 8 minuti di “Big Fish”, un’incursione nel folk mediorientale da camera con flusso di coscienza incastonato negli impasti ritmici, memore del Franco Battiato di “Sulle Corde di Aries”, sono quanto di più ambizioso abbia tentato dai tempi dei Mariposa, ma il risultato, oltre che confuso, suona estremamente fuori posto.
Questo lato forzosamente sperimentale si esprime piuttosto in due numeri più umili. Quasi diametralmente opposto a “Big Fish” è “Un Occhio Chiuso” un brano oltremodo conciso che con le sole tastiere è in grado di far incontrare e scontrare un’elegia alla Francesco De Gregori e scatti clowneschi. Nonostante il testo sia solo ciò che dice il titolo o poco più, “Il Suono del Cratere Centrale” è un gradito ritorno - su ritmo vertiginoso - al dadaismo dei suoi gruppi precedenti.
Composto e inciso di getto, e la prassi si confà all’autore, è un disco senza grandi associazioni tra musica e parole ma che, in compenso, soppesa autonomamente canto e arrangiamento. Non è poco, anzi per molti versi è il vero inizio della sua carriera solista. Liriche con un lemma qua e là ricorrente: “cagna”; non basta a farne un concept. Disponibile solo in 33 giri, baluardo della collana “In Vinile” di Viceversa Records.
17/11/2013