Greg Lake

Songs Of A Lifetime

2013 (Manticore / Esoteric)
progressive

“Our Reasons Are Lost in Our Rhymes”
(Greg Lake, "The Sage", 1970)

La storia della musica pop (non mi piace il termine rock, meglio la short form di “popular”) è ricca di figure sottovalutate come di figure sopravvalutate: centinaia gli esempi che non vorrei fare. Greg Lake è una di quelle “deviate”. Il grosso pubblico lo conosce come bassista dei mitici Emerson, Lake & Palmer, ma le sue ballad, per quanto popolari, restano materia per palati fini. Chitarrista influente e innovativo, specie sull’acustica, profeta e ierofante del culto dell’accordo di minore 9, produttore visionario e personalissimo, bassista seminale e dinamico.
Tra i suoi talenti spicca particolarmente quello del produttore, della visione musicale così avantgarde e raffinata per quegli anni. Lui era l’equilibrio tra l’esuberanza poliritmica di Carl Palmer e il virtuosismo a volte autofagocitante del talento innato e impressionante di Keith Emerson. Con gli Elp accreditato producer, mentre dei King Crimson della Good Fairy, quelli del primo album, è stato accreditato da tutti tranne che dalle note di copertina. In molti attribuiscono a lui l’invenzione del progressive (mentre lui giura che anche di quello lo sono stati i Beatles: venerato polline che ha fecondato tutto e tutti).
Semplicemente perché non più ispirato, Greg resta lontano dalle scene, non pubblica album nuovi, diffida di reunion, se non costretto. Come il papà di Tamburino, il coniglietto amico del disneyano Bambi, asserisce che “quando non hai niente da dire è meglio che non dici niente”.

In tempi recenti, un tour americano in duo con Keith, più per aiutare le difficoltà psichiche del vecchio amico, due libri autobiografici in uscita, il primo, realizzato col sottoscritto ("Word Sculptures"), raccoglie tutti i testi mai cantati da Greg, inclusi inediti e outtake, e nove anni di riflessioni, ricordi, commenti, ricerca di foto dai suoi disordinatissimi cassetti, notti passate a ricordare aneddoti sorseggiando vini aromatici. L’altro libro, "Lucky Man", è la sua autobiografia: Greg decide di tornare sulle scene per il bisogno di condividere quelle ritrovate emozioni con un pubblico che rispetta e dal quale è rispettato da tanti, tantissimi anni.
Lavora con la meticolosa verve perfezionista che lo ha reso noto nell’ambiente, a ricreare delle basi per alcune sue canzoni, che dai King Crimson arrivano agli Elp. E poi canzoni che lo hanno toccato: cover gioiose dei Beatles con la lennoniana “You’ve Got To Hide Your Love Away”, rispettose come “Heartbreak Hotel” di Elvis, oppure commosse come la straordinaria versione di “People Get Ready”, con la quale, debuttando come pianista, chiude i concerti.
Lo show si chiama come questo album: “Songs Of A Lifetime”, le canzoni di una vita. In questo titolo tutto è racchiuso. Abituato a riempire stadi e arene, Lake vuole il contatto intimo con il suo pubblico, le canzoni sono inframezzate da storie e aneddoti, spazi per le domande col pubblico, scherzi, ricordi.

Dal tour americano esce questo live direttamente preso dal mixer, che dimostra come la voce di Greg Lake, tra le più belle espresse dalla musica pop, sia ancora in perfetta forma: cambiata, più profonda, come se le esperienze di una vita straordinaria l’avessero arricchita delle armoniche dell’esperienza, un po’ come qui da noi è successo a Eugenio Finardi.
Manca dal cd il rap iniziale con il quale Lake ha arrangiato l’incipit del prog, quell’infuocata, matta, delirante, psicotica “21st Century Schizoid Man” che apre sia l’album d'esordio dei King Crimson che il concerto di Greg. Il cd inizia con la canzone, omettendo l’intro rap, ma l’effetto di quel riff senza tempo è ancora più che mai efficace. 
Il secondo brano è preso da quel forziere di incredibili ballad che è la facciata di Lake del doppio album "Works Vol.1" del 1977. “Lend Your Love To Me Tonight”, scritta con l’amico inseparabile, poeta e operaio delle parole Peter Sinfield, poi quella “From The Beginning”, perla tratta da "Trilogy", uno degli album migliori di Elp, uscito nel 1972 per la Island. Poi, abbandonata la sua mitica Gibson JS-200, Greg imbraccia una Gretsch 6120 per un omaggio a Elvis, con tanto di racconto di quando fu portato a un concerto del Re del Rock’n’roll. Una cover convinta, tuonante, un autentico atto di amore.

“The Rusty Chains Of Prison Moons are Shattered By The Sun”
(Peter Sinfield, "In The Court Of The Crimson King", 1969)

Sul disco non è possibile vedere le luci, che lentamente si spostano verso un cremisi profondo, denso, ma le si possono percepire. Una medley di “Epitaph” e “In The Court Of The Crimson King” cantata con potenza, maestosità. Una versione davvero contemporanea. Bellissima, da togliere il fiato. Il progressive nella sua essenza più colta, intellettuale e al tempo stesso più sanguigna. Davvero uno degli album più innovativi, ricchi di grazia della storia della musica di tutti i tempi. Ancora un incedere di aneddoti. La Island aveva chiesto ai ragazzi (Lake aveva 21 anni all’epoca) se avessero un’idea per la copertina. Peter invita in studio un suo amico, Barry Godber, che fa l’illustratore in una agenzia, e questi si presenta con un pacco che avvolgeva un dipinto ancora fresco. Nell’aprire il pacco la tela scivola per terra e ne esce quel faccione incredibile. Restano tutti senza fiato: avevano appena finito di registrare, proprio quel giorno “21st Century Schizoid Man” ed ecco lì, la sua faccia, rappresentata come se avessero descritto la canzone a Barry. La cosa tragica fu che, pochi giorni dopo, Berry Godber morì stroncato da un infarto, mentre camminava per strada a Londra. Aveva 20 anni.
“I Talk To The Wind” segue, diafana e delicata: il cremisi si fa meno intenso, la perversione crimsoniana lascia il posto a una ballata dalle tinte pastorali. Greg racconta di Ian McDonald e dell’alchimia che esisteva tra i membri di quella formazione magica.

“How Can I Even Try, How Can I Ever Win?”
(John Lennon, "You’ve Got To Hide Your Love Away", 1965)

Ringo, il tour del 2001 in Usa, scivolano le memorie e, imbracciata una Epiphone acustica, esegue una fedele, devota cover del suo cantautore preferito, John Lennon di “You’ve Got To Hide Your Love Away”. Eseguire una cover dei Beatles per me è come fare un remake di un film di Stanley Kubrick, un’operazione assurdamente difficile. Ma ragioni nell’amore non ci sono. Fa senso sentirla cantata dalla voce tuonante di Greg.
Il rock infuocato di “Touch And Go”, originariamente nell’album di Emerson Lake & Powell risveglia l’audience, nella scaletta dello spettacolo rigorosamente rispettata anche da questo album live che lo testimonia. Greg suona il basso. E che basso. Ricorda Aldo Tagliapietra, voce e basso nonché leader delle Orme, quanto il modo di intendere il basso di Lake fosse influente per la sua generazione di musicisti. Tra l’altro Tagliapietra è stato invitato da Lake assieme a Bernardo Lanzetti degli Acqua Fragile e Pfm e ad Annie Barbazza, giovanissima promessa italiana a condividere il palco per una straordinaria "Lucky Man" alla prima del tour italiano svoltasi a Piacenza, al Teatro Municipale nel novembre dello scorso anno.

“Trilogy”, come spesso accadeva alle canzoni di Emerson, Lake & Palmer, è composta da due o più parti unite. Qui l’incipit scritto da Greg, intenso, profondo reportage di un amore finito. Influenzato da Sinfield, Lake scrive testi intensi e poetici, mai banali sebbene diversi tra loro. Il suo talento lo porta a comporre il testo per una canzone di Bob Dylan e a essere invitato, nel giugno di quest’anno, al prestigioso Festival Della Poesia di Genova, non come performer, ma proprio come poeta.
“Trilogy” qui la possiamo sentire come era nelle originali intenzioni del suo autore. Greg solo con la voce e la sua chitarra a lanciare incantesimi mascherati da complessissime armonie. Poi “C’est La Vie”, qui riarrangiata e potentissima, “Lucky Man” e “Still… You Turn Me On”, che assieme alla precedente “From The Beginning” costituiscono le sue ballad più celebri. Strano se pensate che gli hit di una band così complessa come Emerson Lake & Palmer fossero proprio le ballate di Greg.
Sedendosi al pianoforte, Lake finisce il suo "Songs Of A Lifetime" con un’ultima cover: “People Get Ready” originariamente portata al successo dagli Impressions nel 1965. Una ballad ricca di soul che commuove sia Greg che il suo pubblico. La sua voce ancora una volta sovrasta ricca di armoniche e di passione. 
L’inevitabile bis è affidato a “Karn Evil 9” da "Brain Salad Surgery". Un brano potente, esplosivo, suonato con dinamismo al basso e cantato con potenza. Welcome Back My Friends To The Show That Never Ends.

Un album per niente innovativo. Nostalgico? Certamente. Ma proprio per questa sua onestà, questo suo essere carico di emozione, gravido di una vita di ricordi, di sperimentazioni, segna un ritorno importante. Un live di strepitosa energia. Le canzoni meravigliose: una fetta tra le più nobili tagliata dalla storia della musica pop o rock, se volete.
So che Lake è in studio e che registrerà un album di nuove canzoni tra Italia (sua seconda patria) e Londra, mentre un doppio vinile con Dvd del concerto di Piacenza e libro in tiratura limitata sono imminenti.
Ma questo "Songs Of A Lifetime" è album imperdibile per chiunque: non può davvero mancare nella collezione di un amante della musica progressive, ma neanche di chi quell’epoca nella quale i musicisti spingevano il suono oltre i propri confini con visionario coraggio e indomita fierezza non ha potuto viverla. Bentornato Re Cremisi.

19/04/2013

Tracklist

  1. 21st Century Schizoid Man 
  2. Lend Your Love To Me Tonight 
  3. Songs Of A Lifetime Tour Introduction 
  4. From The Beginning 
  5. Tribute To The King 
  6. Heartbreak Hotel 
  7. Epitaph/ The Court Of The Crimson King 
  8. King Crimson Cover Story 
  9. I Talk To The Wind 
  10. Ringo And The Beatles 
  11. You've Got To Hide Your Love Away 
  12. Touch And Go 
  13. Trilogy
  14. Still… You Turn Me On 
  15. Reflections Of Paris 
  16. C'est Le Vie 
  17. My Very First Guitar 
  18. Lucky Man 
  19. People Get Ready 
  20. Karn Evil 9 1st Impression Part 2