La title track "Where You Stand", lanciata come primo singolo tre mesi prima dell'uscita del disco, ci aveva fatto intuire il ritorno alla piano based song, la formula a loro più congeniale. La scrittura e il lavoro sulle canzoni sono, per la prima volta, corali e la fluidità nell'ascolto ne guadagna certamente. La già citata "Where You Stand", "Moving", "A Different Room" costituiscono l'asse portante del lavoro, melodie midtempo impregnate di malinconia che potrebbero facilmente collocarsi in breve tempo nel repertorio dei classici della band scozzese. Nondimeno, un brano come "On My Wall" ci riporta con semplicità agli inizi della band, alle chitarre di "Good Feeling". Che questo sia un disco di cui andare soddisfatti sembrano pensarlo d'altro canto anche gli stessi britannici, che nella traccia d'apertura "Mother" si chiedono "Why did we wait so long?".
Ora sarebbe piuttosto semplice citare qui e là echi di Shins, U2 o Coldplay (periodo pre-pacchiano), ma è decisamente più corretto dire che i Travis sono semplicemente fedeli a se stessi. Anche negli episodi meno riusciti, "New Shoes" o la conclusiva "The Big Screen", è sempre e comunque evidente l'impronta Travis: insomma, si sbaglia ma in modo squisitamente personale. Non ci sono tentativi maldestri di essere "al passo con i tempi", anche l'utilizzo di elementi elettronici è ridotto davvero all'osso e mai si ha l'impressione che ci sia alcunché di artificioso nella costruzione dei brani. A guadagnarne è la longevità del disco, che nei vari ascolti non perde il proprio smalto.
L'altro lato della medaglia è che, proprio per gli stessi motivi, "Where You Stand" non aggiunge molto all'onesta carriera musicale degli scozzesi che, a meno di grosse sorprese, sembrano ormai aver già sparato tutte le loro cartucce migliori. Un buon disco per i fan e per chi ama il pop inglese tradizionale, ma non per chi non è mai riuscito ad apprezzare la band di Fran Healy: non sarà questo album a farvi cambiare idea.
(25/08/2013)