Diffidare sempre delle colonne sonore che riportano la dicitura “music inspired by”. Trattasi spesso di operazioni meramente commerciali che hanno ben poco a che spartire con la settima arte. Il crescente successo del discusso “12 anni schiavo”, culminato nella vittoria dell'Oscar per il “miglior film” all'ultima edizione degli Academy Awards (si è portato a casa altre due statuette importanti, per la miglior sceneggiatura non originale e per l'attrice non protagonista, la sorprendente Lupita N'Yong'o) ha spinto la Sony Music a pubblicare un album della colonna sonora composto perlopiù da brani “ispirati” al film.
Il progetto è stato affidato al capace John Legend, produttore esecutivo della compilation, ma se l'intento è onorevole (parte degli introiti della vendita del disco andranno al Polaris Project, organizzazione umanitaria che lotta contro lo schiavismo) sarebbe stato più interessante ascoltare una raccolta delle sole musiche originali del compositore Hans Zimmer (qui compaiono solo due estratti, tra cui l'intensa “Solomon”, che riecheggia il suo lavoro per “La sottile linea rossa”) piuttosto che un ensemble di artisti che con il film di McQueen non sembrano avere molto in comune.
John Legend è presente in due brani, una performance "a cappella" di “Roll Jordan Roll”, che si può ascoltare anche nella versione cinematografica cantata dall'attore Chiwetel Ejiofor e dal resto del cast, e la sincopata “Move”, accompagnato dalla chitarra del virtuoso chitarrista folk Fink. L'emergente e talentuoso bluesman Gary Clark Jr. compare in due episodi egualmente riusciti (“Freight Train” e “(In the Evening) When The Sun Goes Down”), gli Alabama Shakes riarrangiano in elegante versione jazz “Driva Man” di Max Roach, mentre sembrano maggiormente fuori tono il neo-soul radiofonico di Alicia Keys (“Queen Of The Field (Patsey Song)”), la ballata al pianoforte di Laura Mvula (“Little Girl Blue”) o il rock cristiano di Chris Cornell (assieme a Joy Williams dei The Civil Wars) che si impegna, annoiando, in “Misery Chain”.
Il meglio arriva in chiusura con un travolgente inno alla libertà, il gospel “What Does Freedom Mean (To a Free Man)” cantato da Cody ChesnuTT. Per gli amanti della “black music” o i fan degli artisti nominati poco sopra, un disco tutto sommato dignitoso, per quelli, invece, che hanno amato il dramma di Steve McQueen e speravano di ascoltare le musiche (meritevoli di nomination) di Hans Zimmer, un'occasione mancata, a cui si spera la Sony rimedierà con una nuova uscita.
20/03/2014