Tutto sembra chiaro già dalle prime note di piano e dalle percussioni tribali dell’opening track (“Awakening Of The Damned”), dai suoi riecheggiamenti demoniaci e dai suoni affannati. Questo “Vacua” non sarà affatto un disteso viaggio verso la luce, ma una totale immersione nei lati più enigmatici dell’anima. Del resto, era questa l’idea alla base del concept ispirato dalle pitture nere del grande maestro iberico Francisco Goya.
Andiamo però per gradi. La storia della band abruzzese affonda le sue radici nel lontano 2008 e si è evoluta attraverso le strade cupe della darkwave, del gothic-rock e del post-punk di chiara ispirazione britannica anni Settanta e Ottanta. Con tanti anni di vita alle spalle e ormai con la consapevolezza di non poter certo penetrare un mercato che quasi non sussiste in Italia per il genere, i quattro Christine Plays Viola giungono all’idea di mettere in piedi quello che diverrà il loro lavoro più prestigioso (e che segue l’Ep Leocadia di cui tre brani, “Leocadia”, “Whooshing Dissolution” e “Scattered In The Dust (Slay With Dismay)” sono presenti anche qui), imponente e riuscito e che andrà a perfezionare un processo di crescita costante che li porterà, il prossimo agosto, a condividere il palco dell’Alt Fest, con band quali Marilyn Manson, Gary Numan, Killing Joke, Cradle Of Filth, Peter Murphy e tanti altri. Non sono molte le formazioni che, in Italia, sono riuscite a farsi ascoltare da un pubblico che vada oltre la nicchia dark e, tendenzialmente, chi ci è riuscito (ultimi i Soviet Soviet) ha dovuto anteporre la strada del compromesso, optando per uno stile più confacente, elementare, rettilineo con ritmiche dritte e melodie orecchiabili.
Quello che hanno scelto di fare i Christine Plays Viola è proprio di non scendere a compromessi, almeno fino ad ora, preferendo continuare a scandagliare l’oceano nero della loro darkwave che pesca a piene mani in un passato fatto di Bauhaus, Systers Of Mercy, Cure e Joy Division, ma anche riallacciandosi alla tradizione wave italiana sempre della decade Ottanta. Questa scelta porta i CPV alla costruzione di quello che è indubbiamente il loro apice compositivo, “Vacua” per l’appunto, concept-album ispirato dal ciclo delle pitture nere di Goya. Per i meno esperti di storia dell’arte, tali dipinti furono realizzati a olio su muro all'interno della sua casa e, allo stesso modo, le canzoni di "Vacua" paiono essere imbevute di quella necessità di esternare il proprio lato ignoto senza la volontà di abbandonarsi totalmente al mondo esterno, quasi come un atto di prostituzione artistica ma onanistica, gesto dovuto di catarsi alienante. I fantasmi di Goya, i suoi demoni e mostri che, gettati nelle sue tele, vagavano per una casa ormai dimora della sua follia sono gli stessi che cercano di esorcizzare i Christine Plays Viola con le loro note claustrofobiche e cariche di tensione, spezzata dalla poliedrica ed eccelsa voce di Massimo Ciampani.
Quindici brani per quasi settanta minuti di musica nei quali sono messe sul piatto tutte le eccellenze della ormai storica band darkwave tricolore, anche se la predilezione per le liriche anglosassoni ne nasconde perfettamente l’origine. Tecnica sublime, sia per quanto riguarda l’uso della strumentazione classica, sia per voce, synth e programming, ma anche ottima capacità di scrittura. Merita qualche apprezzamento anche il libretto interno, nel quale i testi si stagliano sulle esegesi delle pitture che hanno fatto da motore per la realizzazione del disco, anche se qualche appunto andrebbe fatto sulla scelta dei colori, dei font e della formattazione su copertina e retro.
Da non perdere d’occhio l’apporto della voce femminile di Aurora Canfora nei brani “Slaughter Of The Black Sun”, “In Silence Withdrawn”, “Near The Entrance To The Underworld” e “Appointment With Death”, che fornisce ulteriore impulso allo stile del gruppo, regalando a tratti eteree e sognanti atmosfere quasi dream-pop, pur se con più veemente energia.
“Vacua” è la summa di un’intera carriera, nonostante sia solo la seconda opera sulla lunga distanza, la perfetta miscela di quelle predisposizioni neoclassical darkwave (“Awakening Of The Damned”, “The Dawn Of The Beastmen”), gothic (“Sublime Ravings”), post-punk (“Slaughter Of The Black Sun”, Threatening Clouds Of Surrender”, “Scattered In The Dust”, “Rejecting The Limitations Of Fate”), pop-wave (“Wrapped In Spiral”, “Thirst For Justice”) e synth-wave di scuola Depeche Mode che hanno forgiato i Christine Plays Viola cosi come oggi li conosciamo. Un punto di arrivo che ha nella sua grandezza anche la sua più profonda minaccia, data dalla necessità di rinnovarsi ulteriormente, per scoprire lati della propria spiritualità ed essenza mai palesati ed eclissati dietro la continua ricerca dei propri impulsi tenebrosi.
04/07/2014