Dopo un interlocutorio e autoprodotto “Ugo” (2013), Angelo Bignamini dei Great Saunites torna a nuovi potenti risultati con la sua sigla Lucifer Big Band, il suo progetto più sperimentale dedito alla ricerca elettronica. Stavolta Bignamini introduce con cura strumenti suonati al di sotto degli strati elettronici, specie la sua batteria.
L’inizio è così un maelstrom di drumming caotico e pulsazioni industriali, che a tratti sembra cercare un rapimento estatico nella baraonda cacofonica. Dopo cinque minuti il panzer si ferma a rimirare la devastazione, e indi riprende come festa brasileira atonale, debordante nel free-jazz e degenerante in un allucinato concerto di loop elettronici. Gli ultimi cinque minuti sono invece molto più atmosferici e lineari.
Analogamente, la seconda traccia è un concerto di macchine cui si aggiungono droni spettrali fino a trasformarsi in uragani di radiazioni polverizzanti. Rimane una landa vuota, sibilante e risonante, di rifrazioni e allucinazioni di percussioni elettroniche. Alla fine tutto però decresce lentamente in un solitario scampanellio.
Più contenuto del mostro di “Atto I” - quello un’ora, qui mezz’ora in due tranche - ma giocoforza compattato in un sound prodigiosamente cacofonico, e pure muscolare. Chiarifica l’amore di Bignamini per le strutture tripartite, già regnanti nel predecessore, laddove vince una nuova forma di descrittivismo astratto. Perdono, in intensità, i cauti finali.
15/04/2014