In “Hot Dreams”, così, Kirk riprende il discorso iniziato nel disco precedente, attenuando almeno in alcune occasioni le sfumature gotiche e ampliando il fascino cinematico della sua musica, facendo dei brani veri e propri microfilm impolverati, prodotti a metà tra sogno e realtà, come uno snuff movie ambientato ai tempi dei western.
Così “Hot Dreams” si apre con il misterioso folk accompagnato dal flauto di “Beat The Drum Slowly”, rievocando il carattere ritualistico del precedente disco con gli intermezzi percussivi, animati da archi e rintocchi di campana, culminanti in dissonanze demoniache. Un certo disagio si fa già strada, come in un film di Polanski, per concludersi idealmente con il sassofono di Colin Stetson, elegiaco e morriconiano, nel finale ancora stregonesco e ammaliante di “The Three Sisters”.
Nel mezzo, il blues disarmonico e squilibrato di “Curtains!”, il crooning di un Paul Anka zombie di “Run From Me”, la ballata alla Elvis di “Grand Canyon”, agghindata in maniera pirotecnica dal sassofono di Stetson.
Suggestivo, affascinante, spesso anche sorprendente nelle soluzioni e nella progressione dei pezzi, sospesi tra squarci di luce e un abisso di oscurità, ma anche, a dirla tutta, piuttosto noioso, “Hot Dreams” cerca di confondere l’ascoltatore con la somma preponderante delle sue pretese artistiche - riuscendovi solo in parte.
(01/04/2014)