Se c'è un artista italiano che si è distinto e si sta distinguendo, da almeno un paio d'anni, per un estro creativo del tutto fuori dal comune, quello è Anacleto Vitolo. Del suo recente progetto Algebra del Bisogno abbiamo già cantato le lodi qualche mese fa, ma ora è la volta di tornare a maneggiare un prodotto di Av-k, ovvero la sua firma principale. Un act che si divide tra techno geometrica, rumorismi post-glitch, ambient music e apocalisse cinematografica.
“Fracture” è anche la prima uscita di una nuova realtà discografica chiamata Manyfeetunder, un ambizioso e lodevole progetto tutto italiano che lo vede al timone e che segue a ruota l'esperienza di quel RXSTNZ che ha aperto le porte a tanti, Vitolo stesso per primo. “Un rifugio lontano dalle perturbazioni della comunicazione codificata” che si propone di generare “un moto continuo dall'elaborazione individuale all'esperienza collettiva”, per usare le stesse parole dei suoi fondatori.
Un ruolo importante, dunque, che questo secondo full-length firmato Av-k assolve nella migliore delle maniere, tracciando un filo conduttore fra tutte le precedenti esperienze di Vitolo. C'è la sperimentazione scenografica, tradotta nelle bordate in stile Vatican Shadow di “2” e nell'oppressione post-rave di “Drag” strappata all'Haswell meno terrorista. C'è l'estetica del disturbo, omaggiata nel finale alla Kevin Drumm di “1114” e il cui alone pervade l'intero lavoro.
E poi ci sono le geometrie minimali, scarnificate, quelle che avevano fatto da base sonora al già citato Algebra del Bisogno, qui riqualificate nel ruolo di temi portanti. Succede nella title track, un progressivo ritorno al caos armonico dopo un ordine precario solcato dai beat, tanto quanto nell'iniziale “prx/dlt” che immerge Jon Hopkins nella pece nera, e ancora nell'infuso industriale di “Morph”, metallo su metallo come la tradizione teutonica insegna.
E infine c'è “We”, quello squarcio di sereno che straccia l'equilibrio oppressivo, che fa da ponte spazio-temporale e da unica via di fuga dalla temibile ambientazione post-contemporanea del disco, nascondendo (ma neanche troppo) un candido omaggio ad Aphex Twin. Se l'elettronica in un futuro prossimo riuscirà finalmente a parlare l'italiano come lingua madre, molto del merito andrà ad Av-k. E chissà, forse anche a Manyfeetunder.
26/01/2015