Lùisa (non c’è modo di sapere il suo nome e cognome di battesimo) a soli 22 anni ha già realizzato due album, con questo secondo che esce per la Nettwerk, la quale in realtà aveva firmato il giovane talento di Amburgo a disco già ultimato. Nonostante si presenti con un nome da solista, l’artista tedesca mostra un approccio alla realizzazione delle canzoni più "da band", e lei stessa nell’intervista che ci ha rilasciato tiene a sottolineare l’importanza dell’apporto degli altri musicisti. L’intenzione di base è quella di unire melodie di facile assimilazione a un suono parimenti immediato, strutturato e rotondo. Non certo l’idea più originale del mondo, ma qui il modo in cui è applicata porta a un risultato di buona qualità e dotato della giusta personalità.
Certo, è facile pensare ai Daughter o a SOAK ascoltando le melodie, però Lùisa ha iniziato prima, dato che il debutto autoprodotto è del 2012. Non è quindi il caso di andare a cercare un riferimento per forza, ma di capire che alle volte un disco può distinguersi anche se è possibile descriverlo come lo si farebbe per tanti altri. Certo, non è facile spiegare per iscritto il perché, ma l’ascoltatore sappia che il timbro vocale caldo e espressivo, le melodie facilissime da apprezzare al primo ascolto e il suono dinamico, che sa spaziare da momenti essenziali ad altri avvolgenti, creano un’interazione sempre interessante e che tiene alta l’attenzione dall’inizio alla fine.
Questo vale anche perché le idee nello specifico non si ripetono mai, pur essendo ascrivibili allo stesso contesto. Si spazia così tra le atmosfere gelide ai limiti dello spettrale dell’iniziale “Under The Wild Skies”, i morbidi arpeggi di chitarra acustica e basso elettrico che si intrecciano in “Belong”, la struttura sonora rarefatta ma non certo scarna di “Vision”, il quasi minimalismo di “ILJ”, i crescendo di “Wouldn’t Mind” e “Lover”. Ci sono anche una canzone in francese e una in italiano ad aumentare ulteriormente il tasso di varietà. Tutte le soluzioni adottate, anche le escursioni linguistiche, non suonano mai come un vezzo ma sono sempre ben congegnate. C’è tanto lavoro sulla sezione ritmica e anche sulla voce, che all’espressività di cui si accennava sopra unisce lo stesso grado di versatilità della parte musicale.
A Lùisa, in definitiva, non mancano né la passione, né l’esperienza, e “Never Own” è un disco che merita di essere ascoltato, per tutti i motivi qui esposti e perché è facile cogliere i suoi punti di forza ma il suo fascino e la sia forza emotiva rimangono intatti anche dopo diverse volte che lo si fa suonare.
17/08/2015