Mother Island

Dopo l'esordio “Cosmic Pyre” pubblicato nel 2015, i vicentini Mother Island danno alle stampe – sempre per l'attenta Go Down Records – il secondo atto “Wet Moon”, scritto quasi di getto e poi affidato alle sapienti mani di Matt Bordin (Squadra Omega, Mojomatics), che con soli apparecchi analogici e un registratore Studer a 24 piste riesce a catturare al meglio le atmosfere via via torbide e sensuali incastonate nell'immaginario del quintetto veneto.

I Mother Island con “Wet Moon” mettono a fuoco una formula psych-rock'n'roll che abbraccia svariati riferimenti, dal blues-rock al sixties garage, dai Jefferson Airplane che fanno capolino nella selvaggia “Normal Love” e ancor più nella maestosa “Heroin Sunrise” fino ai fragori chitarristici dei Crystal Stilts, la cui influenza emerge in canzoni come “To The Wet Moon” ed “Eastern Memories”. A ergersi è sempre la voce di Anita Formilan, là grintosa e qui seducente, come testimoniano la fascinosa “Twentynine Palms” e la rarefatta - persino catartica - “La Danse Macabre”, snodo lisergico dell'intera opera. Di fatto l'esatto contraltare del ruvido power-pop di “On Day Like These”, laddove esplode la vena pop dei vicentini, e del rock'n'roll magnetico di “The Heap”, ormai liberato da qualsiasi ipotetico freno inibitore. L'accelerazione di “Midnight Sun”, che nasce dalle ceneri di un tiepido blues, costituisce un finale in qualche modo incompiuto, che si dissolve proprio mentre sta decollando.

“Wet Moon” riesce non solo nell'intento di catturare l'energia che caratterizza i concerti dei Mother Island, ma anche di metterne in risalto le varie anime, talvolta anche contrapposte: la psichedelia, la violenza, la raffinatezza, la sensualità. Elementi che sgorgano tra i solchi delle dieci tracce, talvolta a braccetto, altrove in netta antitesi. La chiave del quintetto vicentino sta allora forse qui, nel lasciare che ogni cosa scorra liberamente, senza porsi troppi perché.

30/12/2016