Katatonia

The Fall Of Hearts

2016 (Peaceville Records)
progressive, gothic, alternative-rock/metal

L'atteso ritorno dei Katatonia, "The Fall Of Hearts", mantiene il filo conduttore che aveva guidato l'evoluzione stilistica degli ultimi album degli svedesi. La trasformazione della loro discografia nel corso degli anni è enorme e ha portato nell'ultimo Lp in studio "Dead End Kings" a un approccio più soft, dal piglio leggermente meno drammatico, più intimista e malinconico. La tendenza ultima è stata anche quella di allontanarsi gradualmente dal metal, come testimoniano anche la versione unplugged dell'ultimo album, "Dethroned & Uncrowned" e il live "Sanctitude", che propongono nuove versioni più minimaliste e acustiche dei loro brani.

Su "The Fall Of Hearts" è palpabile l'influenza che tali episodi hanno avuto nel corso della stesura dei brani, con numerosi momenti soffusi senza chitarre elettriche, che si alternano con queste ultime in riff decisi ma mai violenti o in climax emotivi mai troppo distorti. Viene concesso volentieri spazio a momenti solo acustici come in "Pale Flag" o nella ballata "Decima" - che però è scandita ugualmente dalle tastiere di riempimento. Il contenuto lirico, invece, si mantiene sugli standard introspettivi e personali di Jonas Renkse.
Questo gioco di variazioni all'interno degli stessi brani aiuta a costruire un'atmosfera autunnale, scandita da riferimenti al progressive rock (se i Tool rimangono un punto di riferimento per il gruppo, si avverte anche una piccola influenza di Steven Wilson e degli ultimi Opeth) e al gothic-rock, come se i Cure incontrassero i Pink Floyd e si facessero produrre come gli ultimi Anathema.

L'album in realtà non è nato sotto i migliori auspici, dato che nel 2014 hanno lasciato il gruppo il batterista Daniel Liljekvist, dopo quindici anni di servizio, per stare più vicino alla famiglia, e il neochitarrista Per Eriksson, dopo cinque anni, perché i suoi impegni lo hanno portato a Barcellona rendendo difficile suonare insieme al resto della band. Al loro posto sono subentrati rispettivamente Daniel Moilanen (dai doomster Runemagick) e Roger Öjersson (dal trio blues/stoner Kamchatka). Non che siano semplici turnisti, anzi, Moilanen è un batterista talentuoso e per nulla eccessivo, che scandisce il ritmo con disinvoltura sia nei momenti più placidi che in quelli più aggressivi, mentre gli spunti bluesy di Öjersson impreziosiscono gli arrangiamenti, dando loro una nota di colore; ma a conti fatti i Katatonia veri e propri sono ormai i soli fondatori Jonas Renkse e Anders Nyström, che nonostante i recenti cambi di line-up si fanno carico di tutto, composizione e produzione.

Il principale pregio del disco, ormai un marchio di fabbrica del gruppo da un decennio e in contrasto con le produzioni scarne ed essenziali di un tempo, è la cura certosina negli arrangiamenti, sempre curati al massimo del dettaglio e arricchiti da piccoli contrappunti sonori che impreziosiscono le atmosfere: piccole perle dell'album come "Residual", con i suoi dolci arpeggi alternati a cupi riff sincopati; l'angosciante "The Night Subscriber"; o gli assoli della conclusiva "Passer". Il principale difetto, che era emerso già con forza nel precedente "Dead End Kings", è paradossalmente la stessa cura negli arrangiamenti, che a volte viene perseguita a scapito della sostanza, sfociando così in numerosi momenti ben confezionati, suonati e missati in fase di produzione, ma sfruttando poche idee e tendenzialmente ripetitive. Le stesse atmosfere dolceamare oscillano fra la sincera passione emotiva e il manierismo ridondante, e il canto di Renske è vissuto ma monodimensionale.

Fra gli esempi più significativi ci sentiamo di citare i singulti emotivi di "Old Hearts Falls", la soffusa ballata settantiana "Shifts" (a tratti quasi psichedelica) o i lunghi momenti apocalittici di "Serac", molto espressiva ma forse un po' troppo dilungata. Sono tutti brani ben eseguiti e arrangiati, con notevoli risultati nella costruzione delle atmosfere, ma mancano di quella genuina espressività creativa del passato.
Ciò non è necessariamente un grande svantaggio, ma rischia di allontanare la maggior parte delle persone che potrebbero fermarsi ai primi ascolti giudicandoli noiosi, mentre il disco cresce man mano. I Katatonia svolgono un compito gentile e curato, senza mai strafare. Chi si aspettava o sperava potessero osare di più rimarrà forse un po' deluso, ma il risultato verrà certamente apprezzato molto dai fan del gruppo.

04/08/2016

Tracklist

  1. Takeover
  2. Serein
  3. Old Heart Falls
  4. Decima
  5. Sanction
  6. Residual
  7. Serac
  8. Last Song Before The Fade
  9. Shifts
  10. The Night Subscriber
  11. Pale Flag
  12. Passer

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