"Per adesso cartoni", rispose Napo circa un anno fa alla mia domanda sui successivi step dell'ormai quindicennale progetto Uochi Toki, che se già agli inizi poteva apparire alieno all'universo rap, oggi si fa apertamente gioco di tutto ciò che il pubblico o (quel che resta de) l'industria discografica possono lecitamente aspettarsi da un'entità musicale così singolare. È finita (forse) con il formato cd, ma (forse) anche con il "pubblico" comunemente inteso - di certo molti fan si sono già fatti da parte, al complicarsi dell'affaire espressivo. Ora più che mai, la regola è che non ci sono regole, si fanno le cose come quando e con chi si vuole, compresi i videogiochi/fumetti/cartoon.
Dalla parola al fonema, dal tema generale al leit-motiv, dall'elemento ricorrente all'ossessione: una partita al rilancio che dagli ultimi minuti di "Idioti" in poi ha inseguito a ritmo forse-nnato due piste concettuali: quella del limen, ossia individuare un confine - sia esso formale, linguistico o intellettuale - e superarlo, "noncuranti della fine"; e quello dell'alterità, il diverso ma anche un più problematico non-io, un essere-altro che si fa prossimo al misticismo. Una volta trovata la via d'uscita occorre cercare un modo per rientrare, oppure rimanere fermi, silenti, sino a nullificarsi.
Più che un anti-eroe, Necroeterno è dunque un anti-personaggio, l'illusione incarnata di un perpetuo congelamento ideologico: uno still life che guarda compiaciuto all'ambìto raggiungimento di un "essere" eterno, e in quanto tale necessariamente immutabile. Per questo le undici funeree avanzate doom con il duo israeliano Cadaver Eyes (registrate in presa diretta dopo una giornata d'improvvisazioni) vengono al contrario definite concettualmente come "immobilità".
(...) ed io sono lì convinto, ho vinto e festeggio solo l'arrivo alla supremazia in cui non si inventa più nulla, perché più nessuna novità, più nessuna alterità nella nube purpurea, pur, pur essendo vivo per sempre secondo il rito asperometrico che ho coniato con lo iato dell'uomo da me, indissolubile, persempristico, negazione di ogni cambiamento, sono il laboratorio organico del vuoto perpetuo, il cambiamento è un falso e l'Eterno è l'unico Vero.Appare a tutti gli effetti come un surrogato della morte, in quanto ciò che è vivo dovrebbe prima evolvere e lentamente decadere, e il verme viene a ricordarcelo, "striscia da uno spazio con pochi 'forse' a un'area sacra dove non ce ne sono più, 'forse'."
Come fa un odore ad inventarmisi nella mia eternità? Forse capendo che odore mi immagino posso tornare al mio non-scopro, non-indagino (...) Quanto sono acuto, quanto sono furbo, mi disturbo da solo per allenarmi a non distrarmi."E invece il verme c'era/ Il Necroeterno rifiuta le idee come una statua di cera/ Ferma in una zona abbastanza fresca": tutto qui. Se c'era una morale in questa oscura favoletta esopica, non sarà certo Napo a spiegarvela. Perlomeno, a mo' di cortesia, vi è stato ripetuto un gran numero di volte il singolo avverbio che con formidabile sintesi racchiude tutta la problematicità dell'esperienza sensibile e del suo ineffabile opposto: forse.
14/03/2017