Yasmine Hamdan è in circolazione dal lontano 1999. Con l'amico Zeid Hamdan fonda il duo Soap Kills, contribuendo de facto a una vera e propria rivitalizzazione della musica pop araba mediante una formula libera di contaminarsi al meglio con le derive elettroniche europee, su tutte il famigerato trip-hop dei Massive Attack cui i Soap Kills guardano fin dal primo momento con rispetto e una buona dose di sana venerazione. Tre dischi rilasciati fino al 2005 con l'omonimo collega la portano in alto, quantomeno a una più che discreta notorietà. Yasmine diventa famosa in tutto il Libano e dintorni, e qualche tempo dopo prova a spingersi ancora più avanti, sondando ben altri terreni, come nel progetto Y.A.S. in compagnia del grande Mirwais Ahmadzaï, produttore franco-afghano di un certo peso e già all'attivo con star del pop del calibro di Madonna.
Nel 2009 i due tirano fuori il primo e unico album, intitolato "Arabology", preceduto dal singolo "Get It Up". Nel frattempo, la giovane e brava cantante di Beirut gira il mondo, spostandosi tra Siria, Kuwait e Francia in compagnia del marito, il regista palestinese Elia Suleiman. Arriva il 2012. Yasmine ha da poco compiuto trentasei anni ed è finalmente pronta al primo Lp solista. Incontra Marc Collin del duo Nouvelle Vague, che la segue nella produzione del meraviglioso "Ya Nass", pubblicato nel 2013 dall'attenta etichetta belga Crammed Discs. Segue il cameo voluto da Jim Jarmusch nel film "Solo gli amanti sopravvivono", nel quale a bucare lo schermo è una sensualità tutta mediorientale, mentre le note di "Hal", ballad romantica densa di ipnotismo e tradizione araba, alimentano il resto.
Oggi Yasmine Hamdan è una cantautrice matura, una vera e propria perfezionista, capace di confrontarsi con le tradizioni più disparate e di mescolarsi con il mondo occidentale, con il suo spirito, senza mai accantonare le proprie origini, la propria scuola. Yasmine è soprattutto una donna forte che sa quello che vuole, e che non rinuncia di certo alla propria lingua. Non a caso in "Al Jamilat" troviamo ben cinque dialetti mediorientali. E non è nemmeno un caso che sia diventata un simbolo d'indipendenza per l'intero mondo femminile arabo. La sua hit "Aziza" è stata scelta per la colonna sonora del film "Libere, disobbedienti, innamorate", opera prima della regista palestinese Maysaloun Hamoud.
Per questo suo secondo album, la cantante libanese ha sfruttato appieno l'esperienza acquisita nelle tante tournée passate e le svariate conoscenze maturate nel corso di questi anni, a cominciare dai produttori Luke Smith (Foals, Depeche Mode, Lily Allen) e Leo Abrahams (Brian Eno, Carl Barät), e dai musicisti che ne fanno parte: da Shahzad Ismaily (Laurie Anderson, Lou Reed, John Zorn, Marc Ribot) al buon Steve Shelley dei Sonic Youth.
Le parole, e il richiamo a una certa poesia, impreziosiscono egregiamente la scena. La stessa title track è un omaggio al poema "Al Jamilat Honna El Jamilat" del poeta e scrittore palestinese Mahmoud Darwish, scomparso nel 2008. Un poema che definisce magistralmente la bellezza, la fragilità, le contraddizioni e la vulnerabilità dell'universo femminile. A dar man forte all'intensità delle parole, è ovviamente la musica: sorta di mix elettro folcloristico gitano con la Hamdan nelle vesti di una sacerdotessa in preda a un rituale senza tempo.
"Al Jamilat" è un disco variegato. Nell'introduttiva "Douss", guerra relazionale e guerra vera si contrappongono in un'avvincente metafora di vite perdute, mentre la trama acustica leggera e carezzevole traccia una melodia d'altri tempi. La cura maniacale per le sfumature elettroniche e un certo groove arabeggiante prendono poi quota in "La Ba'den", con tanto di violino melanconico da contraltare alla tastiera evocativa e incredibilmente sfuggente. L'incanto generato dalla contrapposizione di elementi tradizionali e soluzioni elettroniche di grande atmosfera trova il suo punto focale nella dolorosa "Assi"; così come l'amore per sonorità eighties e per certe ritmiche proprie di quegli anni, unite a un'improvvisa chitarra fusion, scandiscono il passo e delineano i tratti di "Choubi".
Il crescendo epico e soave di brani come "Iza" e "K2", la selvaggia "Cafe" (legata più di tutte le altre alla propria terra), il passo cadenzato e pacato di "La Chay" arricchiscono un canzoniere ben articolato, nel quale la voglia di uscire fuori dai propri schemi, oltrepassando distanze e barriere, genera un piccolo grande miracolo.
Con "Al Jamilat" Yasmine Hamdan è riuscita ad armonizzare al meglio tutto il suo potenziale artistico, confermando appieno la propria disarmante spontaneità produttiva mediante canzoni nate da un approccio clamorosamente genuino e al contempo globale.
21/05/2017