Presente i tempi in cui si poteva fare casino sotto un palco, pogare, sudare, tornare a casa con le scarpe impolverate e il sapore amarognolo di qualche birra di troppo in bocca? Sembra una vita fa, invece era ieri e, ci auguriamo, sarà anche domani. Nel frattempo, “Shadow Of A Rose”, il nuovo dispaccio dei Movie Star Junkies dopo sei lunghi anni di silenzio, va gustato come una piccola madeleine proustiana: un fugace ricordo di ciò che siamo, anche in questa bolla apparentemente fuori dallo spazio-tempo delle nostre vite, in attesa di ripartire di slancio.
Uno slancio che “Shadow Of A Rose”, omonimo brano che apre – letteralmente – le danze, incarna in modo dirompente. Ci ritroviamo così catapultati in quel miscuglio sonoro di r'n'r-psych-blues immerso nelle acque fangose del lo-fi di cui i torinesi sono i massimi esponenti italiani (e anche oltre). Tra le pieghe dell'album c'è un po' tutto l'immaginario del combo piemontese: la malinconia acida di “Song Of The Silent Snow”, il rutilante – strepitoso - garage-rock di “East End Serenade”, le ritmiche funk di “Your Beauty Tortures”, il beat oscuro e sessantiano di “The Others Than You”, una “Violence” da luci soffuse e all'estremo opposto le derive urticanti di “Opium” e “Blind” messe in fila a rappresentare il lato più ruvido dei Movie Star Junkies.
Che poi il sipario torni a chiudersi sulle caustiche derive di “She Came Around”, un pezzo che sembra sbucare fuori da un vecchio lavoro dei Violent Femmes, è nell'ordine naturale delle cose. Sudore e fango, fiatone e beatitudine. Di questa materia sono fatti i sogni di chi immagina una piccola bolgia sotto un palco nella quale tornare a buttarsi, il più presto possibile.
21/04/2020