L'ambizione del progetto è subito percepibile nel primo brano di sedici minuti. "EFS quarantaquattro" sarebbe una rielaborazione di un vecchissimo e misconosciuto brano strumentale dei Litfiba, tratto dal primo Ep omonimo del 1982. In effetti, questa rielaborazione è talmente differente dall'originale da meritare uno status autonomo e probabilmente avrebbe anche meritato un titolo diverso. Un pianoforte fa da sfondo a tutti i sedici minuti, note basse accompagnano una melodia rallentata su cui inserisce una rivisitazione libera del testo di Goethe, prima dell'ingresso imperioso del basso di Maroccolo che rispolvera l'anima avant-rock del duo. Certamente un pezzo ambizioso, dove tutti gli elementi sono ben equilibrati: si candida a essere uno dei brani italiani più significativi dell'anno.
Ci si avvicina a sonorità dark-industrial con "Streben", tra muri di chitarre, momenti avantgarde, elettronica tribale e le parole finali di Satana/Mephisto contro Faust. Le restanti tracce sono più brevi, ma tutte interessanti. Dal pianoforte tipicamente eniano di "Das Ende" (abbastanza simile a "Sparrowfall" dell'album "Music For Films") all'avanguardia dark di "Die Laster" sino alla ballata melodica di "Mephisto Ballad" e al finale ambient con momenti persino psichedelici di "Doppelgänger", tutto ha un ruolo per coprire ogni singolo tassello del concept.
Piccola divagazione conclusiva che riguarda quello che avrebbero potuto essere i Litfiba e che invece non sono stati. Chissà se dall'abbandono di Maroccolo dopo una perla live della musica italiana ("Pirata" del 1989), Pelù avesse scelto strade differenti cosa sarebbe successo. Chissà se Pelù, ascoltando "Mephisto Ballad", non senta il rimpianto di non aver sfruttato al massimo le sue potenzialità negli ultimi trent'anni della sua carriera. Ma, come è noto, la storia non si fa con i se.
(18/11/2021)