Uno degli esordi più potenti ed emotivi dell’anno è quello di Lukas Frank, in arte Storefront Church, giovane favoloso amico d’infanzia di Phoebe Bridgers (per la quale realizza alcuni cori in “Punisher”), nato batterista nella sua Los Angeles e ora trasformato in cantautore sensibile e ingegnoso. Cos’altro ci sia da sapere sulla sua anima è lui stesso a narrarcelo in “As We Pass”, opera prima romantica e folgorante che introduce a un artista capace di scrivere grandi ballate pop mutaforma, arrangiate come se si trattasse di materia post-rock.
L’iniziale “After The Alphabets” si fa da subito cartina di tornasole di ciò che ci attende avventurandoci nei solchi del disco. Ritmi prevalentemente lenti, atmosfere dolci, disarmanti, che a volte si fanno eteree attraverso una voce leggera ma piena, a tratti profonda, diversa da quelle di artisti che possono essere identificati come riferimenti del giovane losangelino come Thom Yorke, Jeff Buckley o il primo Chris Martin, ma che punta alle stesse elevazioni.
La costruzione dei pezzi è giocata attraverso l’alternanza di piano e chitarre come base su cui innestare melodie solenni e archi drammatici, ma anche divagazioni psichedeliche, come nel caso di “Asphalt Dog” che si trascina in una coda lisergica e sognante proprio quando sembra spegnersi.
Le influenze di stampo albionico sono quindi innegabili, ma non mettono in ombra quelle della madrepatria che emergono attraverso la sensibilità quasi emo di Lukas. Il giovane artista si diverte infatti a scrivere canzoni folk che sembrano uscite dall’Hotel dei Wilco (“Total Strangers”) e dolenti ballate reminescenti di dischi come “Transatlanticism” e “Hospice” (“Lying To Actors”, “Us Against Us”, “Smile-Shaped Scar”), pronte come i loro predecessori a fare da sfondo ai momenti più carichi di pathos di qualche serie tv di inizio millennio.
Il disco trova spazio anche per una piccola sfuriata elettrica, “Faction From Under The Grove”, forse il momento più debole e alieno del lotto, ma necessario per scaricare qualche scoria emotiva ed essere pronti alla seconda parte del viaggio. “The Beach” è uno degli apici del lavoro con quella sua batteria iniziale lieve e jazzata e quei morbidi rintocchi di chitarra che rimandano subito a “In Rainbows”. “Let’s Leave” si contraddistingue grazie a un synth incorporeo rubato a Moby che incornicia accordi di chitarre dilatate e una specie di piccolo mantra ripetuto con la mesta grandiosità di un gospel: “You keep yourself from going off, you keep yourself down”.
"As We Pass" si chiude con la maestosità di “The Gift”, pezzo che compare nella colonna sonora della serie “The Queen’s Gambit” e che rimanda per le sue orchestrazioni a una versione oscura di “Pet Sounds”.
La sensazione cinematografica che permea l’ascolto fa in modo che ci si trovi a osservare la scena della suggestiva cover sia dall’esterno dell'autobus che dal suo interno contemporaneamente, senza essere sfiorati dalle fiamme ma toccati profondamente dai sentimenti, in una lunga sequenza di slow motion riflessivo. Quella che Storefront Church ci offre in questo sorprendente esordio è una malinconia che sa di grandeur.
10/11/2021