Costretti dalla pandemia a muoversi entro i confini della natia Glasgow, anziché volare a Los Angeles per le consuete registrazioni, i Belle and Sebastian hanno partorito uno dei dischi più conservatori della loro ormai lunga parabola discografica. Non che nelle precedenti puntate della saga scozzese si riscontrassero particolari sussulti, per carità, ma nei solchi di “A Bit Of Previous” - pubblicato con quattro differenti copertine tra le quali scegliere - si sente forte e chiaro un autocompiacimento che a qualcuno parrà semplice classicità o al limite manierismo, ad altri un tentativo di rinverdire fasti invero forse mai così lontani.
Se a Stuart Murdoch e soci riconosciamo un credito infinito e un affetto incontaminato per ciò che ci hanno dato nel corso dei decenni, è proprio per lo stesso motivo che fatichiamo a entusiasmarci per i dodici brani che compongono il nuovo repertorio glasvegiano. In questa carrellata di brani che un tempo forse avremmo furtivamente scoperto in una raccolta di B-side come “Push Barman To Open Old Wounds”, ci si domanda quale di queste canzoni potrebbe confluire in un ipotetico best of senza sfigurare. Appena un paio, magari, più per generosità che per convinzione: “Young And Stupid”, che si muove a mezz'aria sul consueto tappeto di arrangiamenti ben congegnati, e ancora una “Sea Of Sorrow” che manda di nuovo a scuola interi stuoli di artisti alle prese con i rudimenti della ballad perfetta, qui proposta nella sempreverde versione per valzer.
Il resto del repertorio, cioè la parte preponderante, si barcamena senza grandi infamie né lodi in una aurea mediocritas che mal si addice a gente con il pedigree dei B&S. Ritornano i colori pastello, una certa atmosfera ovattata e rassicurante che non può essere spiegata a parole ma solo cliccando play, tutto un immaginario su cui è stato abilmente creato un mondo parallelo talmente impermeabile alle sventure a cui ci sottopone la vita quotidiana da non volerci più uscire una volta entrati. E tuttavia, in un lavoro che abbandona ogni velleità rock, a scuotere dal torpore è quasi inopinatamente l'occasionale intervento di quel synth-pop che i Nostri utilizzano con velleità pseudo-danzerecce come minimo dai tempi di “Girls In Peacetime Want To Dance”: ecco allora che tentativi come “Talk To Me, Talk To Me” e “Prophets On Hold” movimentano la scaletta senza mai convincere del tutto.
Se il singolo “If They're Shooting At You”, i cui proventi vanno interamente alla Croce Rossa impegnata in Ucraina, assume le sembianze di una di costante autopoiesi, se “Unnecessary Drama” tenta la via di un eclatante uptempo country-folk da festa paesana (con tutto il rispetto, s'intende), se “Come On Home” ripristina una classe cristallina con spirito quasi soul, insomma se bene o male ci si barcamena con mestiere e perizia su formule standard, la noia provocata qua e là da pezzi come “Reclaim The Night”, “A World Without You” o “Working Boy In New York City” non può che essere un piccolo campanello d'allarme per chi ha a cuore l'arte raffinata dei Belle and Sebastian.
12/05/2022