Dire addio a tutto quello che non ci serve più, come forma di terapia e guarigione. Si apre al nuovo, con coraggio e determinazione, il primo album della giovane compositrice e sound-artist estone Hanakiv, ultima arrivata nel roster sempre più dinamico e polivalente della Gondwana di Matthew Halsall. Saluti e nuovi incontri, abbandoni e ripartenze. Dalle foreste della nativa Estonia passando per gli studi a Malmö e Reykjavik e infine a Londra, la sua città d'adozione, con “Goodbyes” la musicista realizza un lavoro di ampie vedute, giocato sì su ispirazioni contrastanti ma capace di colmarne le distanze attraverso una rigorosa opera di sintesi e un approccio suggestivo. Gli ampi spazi boschivi e il brulicante contesto metropolitano, i pieni e i vuoti che si avvicendano con fare costante, spronando la mente a nuove riflessioni: nel vasto parco di esperienze e suggestioni, il pianoforte preparato dell'artista si esprime con tutta l'intenzione e il carattere del caso, mostrandosi da solo creatore di un perturbante universo di mezzo.
Strategicamente posta in apertura alla collezione, “Goodbye” è quanto di più sintomatico dell'approccio di Hanakiv alla composizione, una terra franca che presenta caratteristiche “classiche”, filtrate però da una pletora di spunti e diramazioni che rendono il risultato a tratti prossimo a diffratte soluzioni elettroacustiche (gli studi a Malmö vengono opportunamente integrati nella visione d'insieme), a tratti vicino alle sofisticatissime impalcature folktroniche del migliore Hauschka. E, seguendo i dettami di casa Gondwana, al jazz. Non è solo la partecipazione di Alabaster DePlume e del suo caloroso sassofono a giustificare una simile inclinazione stilistica, anzi, “No Words Left”, con i suoi svelti giri pianistici e la svagata attitudine impressionista, è tra i momenti che meno guardano alle attitudini spiritual del collaboratore. Difficile, però, non rinvenire nelle braccia protese di “And It Felt So Nice” il conforto dei Mammal Hands più immersivi (splendido il trattamento diffratto del sax).
La curiosità, l'appetito espressivo, consentono alla compositrice di spingersi oltre: gli addii di Hanakiv si fanno onomatopea, pioggia radente che si affanna attorno a vorticosi passi di danza (“Meditation III”), mentre altrove puntellano con fare glitch, in contrappunti capaci di distillare sentimenti più profondi. Sta in fondo qui il reale successo di “Goodbyes”, un cuore pulsante che ha scoperto il suo linguaggio e l'ideale raggio d'azione, senza mai nascondersi, anzi manifestandosi nella pienezza del suo essere. E chi lo ha stabilito che un commiato non possa rivelarsi un'intensa forma di amore?
02/04/2023