Marina Herlop

Nekkuja

2023 (PAN)
experimental songwriting, elettronica, art-pop

Break out, break out
And the music was the wire
(Da “lyssof”, 2022)

Un anno fa Marina Herlop cantava e celebrava quella visione mistica che le aveva spalancato le porte di un mondo nuovo. Trainata dalla musica stessa e dalle potenzialità infinite offertele dalla strumentazione elettronica e dalla manipolazione con il computer, l’artista catalana abbandonava la sua precedente incarnazione di pianista e cantante con formazione classica e accademica per librarsi libera in una dimensione per lei inedita e tutta da scoprire. L’intuizione? Un suono esteticamente bellissimo, ma ancora da foggiare, un suono che potesse unire pianoforte e voce a una materia digitale fluidamente modellabile. Dopo una genesi complessa e una pubblicazione ancora più difficoltosa, “Pripyat” concretizzava questa visione e veniva ufficialmente distribuito a partire dal 20 maggio 2022 grazie all’appoggio della label berlinese PAN.

“Nekkuja” prosegue e sviluppa proprio il discorso artistico avviato dalla Herlop con la sua precedente pubblicazione. Infatti, le composizioni si incardinano ancora sull’utilizzo della voce come puro strumento musicale, che grazie alla recitazione di sillabe giustapposte si orienta verso una comunicazione esclusivamente sensoriale e priva, salvo rare eccezioni, di elementi semantici. La combinazione di particelle non costituenti parole di senso compiuto esalta così non solo le possibilità fonetiche offerte dai suoni prodotti dalla voce umana, ma anche e soprattutto l’aspetto ritmico del canto. E anche quando fanno capolino degli scorci testuali in catalano (“La Alhambra”), Herlop è ben consapevole che la sua nuova audience internazionale difficilmente riuscirà a seguirne le parole. Sonorità, cadenza, intonazione, registri e stili recitativi differenti sono il canale comunicativo utilizzato dalla musicista catalana per veicolare emozioni e sensazioni sfumate e difficilmente circoscrivibili.

In questo senso la manipolazione elettronica svolge un ruolo cruciale, poiché permette a Marina di colorare la propria voce con tinte nuove e variegate, arricchirla di trame digitalizzate che trasportano la “naturalezza” del canto in un contesto post-umano. Ma anche gli arrangiamenti strumentali, come già in “Pripyat”, sono completamente filtrati da questa dimensione digitale che divora le vestigia dell’analogico. Con vedute pastorali e con il borbottio sotterraneo della vita animale e vegetale di un bosco (“Karada”, “Interlude”) conflagrano celestiali aperture glitch-pop (“Cosset”) e i potenti battiti percussivi del futuro in una danza imprevedibile e apparentemente senza confini (“La Alhambra”, “Reina Mora”).

La forma canzone viene stracciata, dissezionata, destrutturata. Nella pluri-stratificazione dei suoni e degli strumenti, negli improvvisi cambi di ritmo, Herlop cerca un modo di dare ordine strutturale al caos. Ma in questo processo compositivo subentra anche un elemento di piacere. In “Reina Mora” la musicista sembra giocare con i suoni vocalici, alternando i foni tra loro e modificando di volta in volta l’intonazione. E mentre Marina sembra tastare per divertimento le infinite potenzialità del linguaggio, al cantato fanno da contraltare un basso elettrico trascinante, esplosioni ritmiche, e una disarmante, ma davvero straordinaria, fuga pianistica. Gli stessi guizzi vocalici ritornano anche nel brano conclusivo, “Babel”, ma in un contesto completamente ribaltato. Sopra il ricordo lontano di un tremolo di chitarra classica, la recitazione s’inscrive ora in una scenografia sacrale e in una performatività ascetica.

All’interno di “Nekkuja” la figura della Herlop è sfuggente e la cantante si trasforma in un coro. Alla monodia subentra dunque il canto polifonico, ma si tratta sempre solo della sua voce. Inafferrabili sono però anche le altre linee melodiche e il telaio armonico delle sei composizioni che, insieme al breve interludio posto prima di “Babel”, costituiscono un unico flusso sonoro dove convivono e riaffiorano, per allusioni e rimandi trasversali, molteplici tradizioni musicali.
D’altronde, già in “Pripyat” coesistevano musica carnatica indiana e impostazioni canore mutuate dalla musica balcanica. Questo eclettismo non è però mai artificioso o fine a se stesso, bensì il risultato di uno stile compositivo fluido e privo di vincoli, sempre attento a un possibile aggancio pop. In “Nekkuja” e in “Pripyat” accessibilità e libera sperimentazione procedono infatti sullo stesso sentiero inseguendo la visione di una musica che al momento solo Marina Herlop sembra aver scorto in lontananza. Spinta dal desiderio di voler rendere sensibile tale visione, la musicista catalana sta costruendo una delle discografie più interessanti degli ultimi anni.

01/11/2023

Tracklist

  1. Busa
  2. Cosset
  3. Karada
  4. La Alhambra
  5. Reina Mora
  6. Interlude
  7. Babel

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