A quiet rage. A quasi trent'anni suonati di attività, ai quali si sommano innumerevoli side-project esterni, gli Arab Strap non smettono di sperimentare e sorprendere il pubblico: se l'atteso ritorno sulle scene in grande stile nel 2021 con il capitolo electro post-rock "As Days Get Dark" era stato subito annoverato come uno dei migliori album mai realizzati dal duo scozzese, l'ottava fatica "I'm totally fine with it don't give a fuck anymore" mantiene alto il livello della loro proposta, ponendo l'accento sulla componente indietronica. Scritta e suonata solo da Aidan Moffat e Malcolm Middleton, e rifinita insieme al collaboratore di lunga data Paul Savage, l'opera si muove tra synth-pop/rock, vezzi dance, passaggi darkwave, industrial e molto altro ancora, e appare incentrata su continui confronti e scontri tra mondo reale e virtuale, intrisa di un'ossimorica "rabbia tranquilla".
L'incedere di "Allatonceness" sfiora memorie metal, che insieme a elementi industrial e post-hccreano una bellicosa apertura di forza, concentrata sul senso d'inquietudine crescente a ogni giro di batteria e chitarra minacciosa, con un finale sorprendente, tipico delle liriche recitate da Moffat, che qui descrivono in maniera efficace come si possa essere assuefatti dalla follia che si consuma in rete. Il titolo del brano è tratto dal libro "The Medium Is The Message: An Inventory Of Effects" (1967), scritto dal sociologo e studioso delle comunicazioni di massa Marshall McLuhan. Cede il passo a un pop sintetico dal piglio darkwave "Bliss", vetta del disco divisa tra ritmo ossessivo e melodia, che ruotano intorno al tema delle molestie online nei confronti delle donne e della vigliaccheria di chi si nasconde dietro a uno schermo.
Cowards under camouflageLe raffiche di batteria campionata dall'aria vagamente baggy di "Sociometer Blues" sfociano in un incalzante epilogo synth-rock, mentre la riflessiva "Hide Your Fires" abbassa leggermente i toni, con note di piano sullo sfondo ed elettronica preminente, e il pensiero vola subito in direzione di alcune produzioni dei Depeche Mode. Prosegue su un tracciato affine, includendo archi e passaggi noise, la splendida e malinconica "Summer Season", dove l'argomento cardine è quello della mancanza di connessione "reale" tra individui. Le origini slowcore non vengono dimenticate ed è dimostrato da un pezzo come "Molehills", la cui partenza è di carattere elettroacustico (con contaminazioni trip-hop) e vede protagonisti pochi vezzi di chitarra e sample di batteria, cui si aggiungono ombre spettrali di archi nella seconda parte, ingranando verso una coda di loop martellanti.
Lobbing hate-bombs, hurling jeers
Faceless brutes and bigots
Revealing all their boyhood fears
Hostility, fragility
Rejected, vengeful tattletales
We built another world
But history and hate prevail
12/05/2024