Facile confondere il minimalismo con una mancanza di profondità espressiva, il ridimensionamento del lessico sonoro che passa attraverso il concetto dell'essenzialità della parola e del suono non è necessariamente limitativo.
Ne è encomiabile dimostrazione il nuovo album del bassista canadese Dan Fortin, "Cannon", un consistente elaborato di quello che il minimalismo può ancora ottenere attraverso la contaminazione con linguaggi sonori inesplorati e plasmati su scarne ma edotte variazioni sul tema, in questo caso legate alla cultura e alla tradizione jazz più pura.
Con "Cannon" il musicista canadese mette finalmente a frutto anni di ricerca e di collaborazioni con band di pop sperimentale (Bernice) ed ensemble avantgarde (Toronto Queer Songbook Orchestra, Aline Hornzy). Anticonformista e policromo, il nuovo progetto di Dan Fortin è frutto di continue elaborazioni e ripensamenti concettuali. In un primo momento l'artista canadese aveva intenzione di dar seguito al precedente album, restando fedele al ruolo del basso come strumento base, se non proprio unico, delle composizioni, ma pian piano la musica si è riempita di colori e sfumature che necessitavano di un più ampio corpo strumentale. Un fruttuoso scambio di opinioni con Joseph Shabason e il successivo coinvolgimento di altri musicisti (David Occhipinti, Karn Ng, Philippe Melanson, Madeleine Ertel, Thom Gill, Fabio Ragnelli, Yunjin Claire Lee, Chris Donnelly e Jos Fortin) ha foggiato le dieci tracce dell'album.
In questa visionaria escursione avant-jazz c'è spazio per il furore dei Nirvana, fonte d'ispirazione di una delle tracce più affascinanti e appassionanti del progetto, "Minty", un potente dialogo tra basso elettrico e il sassofono di Karen Ng, che lascia scorrere in sottofondo riverberi e fugaci apparizioni di suoni non sempre definiti. Presenze oblique e stranianti che sono ancor più evidenti e disturbanti in brani come "Act II", tra strappi noise, suoni farneticanti di synth, graffi di voci e strumenti alieni, ed è straordinario come questo dualismo espressivo trasformi un brano semplice come "Aplomb" in un momento di puro sgomento.
Le più ricche e ariose armonie di "Palms", il velato romanticismo della struggente "Uh Hundred", che ospita la chitarra di David Occhipinti, e il raffinato sussurro della tromba in "Question Song" sono solo alcune delle tante meraviglie che riserva l'ascolto di "Cannon".
Su tutto svetta però l'incursione nell'elettronica della splendida "Eastern Side Of The Ural Mountains", unico brano dove il ruolo centrale non è affidato al basso, ma a stratificazioni ambient sulle quali Dan Fortin adagia un crescendo di note e di improvvisazioni a base di double-bass che creano un groove sinuoso e avvolgente, ennesima espressione dell'insolita sinergia di stili e suggestioni musicali che anima uno degli album jazz più stimolanti degli ultimi tempi.
22/06/2025