"Everyone is a broken heart": l'incipit di "Poetry", affidato a "Dog Day", sembra pronosticare un opus strappalacrime, ma la poetica dei Dehd, in realtà, è al più agrodolce; nei momenti di down sarebbe, al massimo, l'equivalente sonico dell'emoji che piange sorridendo. Tre minuti di irresistibile power pop che ci consegnano l'ennesimo ritornello catchy ad opera del trio di Chicago, vera e propria macchina sforna-refrain. Si tratta del quinto lavoro in studio per Emily, Eric e Jason che, alle soglie del decimo anno di attività, permangono in un ambito relativamente underground, soprattutto al di qua dell'oceano; ovviamente, nulla di tutto ciò impatta sulla qualità della loro musica, che si conferma più che mai scoppiettante di vita e personalità.
Lo charme di "Poetry" non si limita certo all'opener, cui infatti fanno seguito una serie di anthem irresistibili, in pieno Dehd-style. A questo giro il sound dei nostri si arricchisce di ulteriori sfumature, proseguendo l'opera di "levigazione" iniziata con i precedenti "Flower Of Devotion" (2020) e "Blue Skyes" (2022). Ecco, quindi, che emergono echi dei Beach Boys, i Jesus And Mary Chain più melodici, il garage-pop-punk del Wavves più solare.
Il contrappunto nei vocalizzi della Kempf e di Jason è ancora una volta una cifra stilistica per i Dehd ("Alien", "Pure Gold"), mentre Eric McGrady accompagna l'esuberanza dei due frontperson con il suo drumset minimale (less is more!) e una carismatica e misteriosa personalità alla Silent Bob. Insieme, i tre confezionano un wall of sound magnetico e gentile, un delizioso paradosso che rinnova senza tradire gli esordi lo-fi del gruppo.
Frutto di un rocambolesco road trip tra New Mexico e Montana, per poi tornare a registrare nella loro base, "Poetry" è ancora una volta una perfetta sintesi tra punk e pop, tra surf e noise, tra grinta e melodia. Un gioco di opposti e di specchi, per un amalgama dai tratti magici.
14/09/2024