L’esuberante collettivo svizzero torna ad agitare i sogni dei cultori dell’avant-jazz contemporaneo, con un progetto dalle forti connotazioni ritmiche. No wave, psichedelia, musica africana e toni modali tipici del jazz plasmano un tessuto sonoro ritmico e melodico, dove funk e afrobeat vanno in loop, mentre suoni di marimba, corni, archi e intrecci vocali ne esaltano le seducenti e originali attitudini alla contaminazione.
Più organico e meno dissonante del precedente album “We're OK. But We're Lost Anyway”, il sesto capitolo discografico dell’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp viaggia su due diversi binari tematici: all’estrosa messa in campo di euforie ritmiche tropicali, afro e calypso (“Smile Like A Flower”), frastornate da uno straniante minimalismo dadaista, a tratti perfino cacofonico (“Speak By The E”), la formazione di ben dodici elementi contrappone tematiche dolenti (il declino dell’Occidente e la crisi climatica), gettando nel caos le tante pulsioni sonore con un briciolo d’insana ingenuità che infetta le pur trascinanti trame ritmiche afro-funk (“Tout Hart”).
Nulla è come sembra, in "Ventre Unique". L'elettrizzante tribal-exotic-jazz di “Color” ha l’energia dei Tom Tom Club, mentre le spigolose schitarrate di “Dehors” sono figlie dell’avant-rock degli Skeleton Crew.
Il continuo gioco di depistaggio - ad esempio, le grazie circensi dell’intreccio tra tromba e marimba di “Tout Cassé” alle quali fa seguito lo scarabocchio jazz-rock di “Breath” - è un fluire di delizie e ingegnose composizioni (“Ils Disent”, “Petit Bouts”) che si nutrono di contrasti e risonanze, come in un gioco di specchi, catturando il disordine in un’estatica e brillante forma sonora.
07/11/2024