Per la serie “se non sono strani e un po’ folli, non li vogliamo!”, ecco a voi gli Stagnant Waters, trio franco-norvegese formato dal cantante Svein Egil “Zweizz” Hatlevik (proveniente da formazioni quali Fleurety, Umoral e Dødheimsgard), dal batterista, clarinettista e appassionato di elettronica Aymeric Thomas (avete presente i Pryapisme?) e dal chitarrista/bassista Camillle Giraudeau, che gli appassionati avranno già conosciuto come membro dei Dreams of the Drowned e degli Smohalla.
All’esordio dodici anni fa (!) con un album omonimo, ancora acerbo ma non privo di fascino, i tre sono tornati a declinare uno spaventoso connubio di post black-metal, elettronica ultraterrena, industrial, improvvisazione dadaista e scampoli di classica contemporanea. Così, nella sua versione “doppia” (gli stessi brani dell’Lp sono presentati in alternate version su cd), “Rifts” è il disco con cui gli Stagnant Waters definiscono al meglio il loro sound, portandosi in una zona di confine dove si riconoscono le bandiere dei Ved Buens Ende, degli Arcturus de “La masquerade infernale” e dei Dødheimsgard, tutte sventolanti al vento e sullo sfondo di un manicomio.
Brani anarchici, senza un vero baricentro, questi. A cominciare da “Black Fields (C)” (aperto da quello che sembra un folk-metal della terra dei ghiacci), dove appare subito chiaro che il suono degli Stagnant Waters è una foresta di simboli stranianti, invero, forse, più uno stato mentale, come chiarisce la sua variante “(A)”, più soffocante, ma anche, per certi versi, ottundente e galattica.
"Split And Spilled (C)" non molla la presa, lasciando dunque spazio a “Gonad Waltz”, un assalto a testa bassa, disorientante, con improvvisi squarci di strambi carillon e assoli al fulmicotone, pronti a innescare scorrazzate a velocità sempre più folle, interrotte solo da inquietanti rituali per il dopo Bomba. La versione “A” di “Gonad Waltz”, più lunga (siamo intorno ai dodici minuti), si lascia nel complesso preferire, grazie a un sound più elettronicamente trattato e a un’infernale tensione da incubo post-umano, che solo un disorientante excursus orientaleggiante cerca di sopire.
Se “Crackle (C)” è stranamente “pulita”, sia nel suono delle chitarre, che nell’atmosfera dilatata e risuonante, “Crackle (A)” è scandita da un meccanismo ad orologeria, con sax free-jazz, colpi di tosse e un finale allucinato. Una barocca scarica di digitalismo impazzito costituisce, invece, l’ossatura di “Forced To Go”, mentre “Battle Tactics Of General Nonsense (C)” alterna momenti più distesi a violente discese nel turbine della violenza dissonante, lasciando spazio, all’occorrenza, a defaticamenti atmosferici in cui sembra di intravedere dei Mamaleek intossicati e sfiancati da potenti radiazioni. Nella sua seconda versione, questo brano presenta inserti acustici e un mix di cybergrind e breakcore.
Il brano eponimo si accende, infine, con vampate nucleari e costruisce una partitura altamente drammatica, con la voce di Hatlevik a coprire lo spettro sonoro che intercorre tra il sussurro agonizzante e l’urlo bestiale.
Nel complesso, "Rifts" è uno dei dischi più stranianti di questo 2024.
24/11/2024