Kelela

In The Blue Light

2025 (Warp)
jazz, songwriter

Sappiamo bene quanto Kelela tenga d’occhio i mutamenti della materia elettronica – giusto due anni fa, l’oscuro “Raven” ce ne aveva offerto un ennesimo saggio. Ma se dovesse saltare la luce? Problema che una come lei non deve porsi; studiosa del jazz e del folk, allenata a suon di r&b e neo-soul, invischiata nelle proprie liriche come una mosca nella tela di ragno, quest’affascinante cantautrice di origini etiopi ritrova sempre il bandolo della matassa. La sua passione per l’arte della rielaborazione non era un segreto, vedasi la fermata al Tiny Desk giusto un anno fa, ma questa nuova registrazione, catturata integralmente al Blue Note di New York nel maggio del 2024, offre la visione espansa di un’anima curiosa e acustica, riconducendo tutto a casa con poche gesta e tanta passione nel cuore.
Accompagnata da basso (Daniel Aged), piano (Briley Harris), batteria (Buz Donald), arpa (Ahya Simone) e due coriste (Alayna Rogers, Xenia Manasseh), Kelela rivisita il proprio catalogo con sguardo onnivoro, rivoltando vecchi classici, e qualche rifacimento altrui, in un intimo concerto jazz che espone l’ossatura di un canzoniere sottilmente impeccabile. Oltre ogni beat e strato elettronico, “In The Blue Light” è una raccolta di canzoni scritte e interpretate col cuore.

Che la serata fosse significativa lo si capisce già dal modo in cui “Enemy” viene introdotta, attorcigliata al motivo d’arpa del mixtapeAquaphoria”, un’attenzione al dettaglio che paga omaggio ai maestri: tanti anni addietro, in questo stesso locale, una giovane Kelela registrava di nascosto i set di Amel Larrieux per studiarseli a casa, una pratica certo birichina ma dalla quale ha imparato tutto il necessario. Così, quando l’intenso salmodiare di “Raven” si risolve nel giro d’accordi disco-funk del climax di ”Take Me Apart”, si ha come l’impressione di volare sulle ali della fantasia. Sia “Bankhead” che “Waitin’” si avvalgono dell’amorevole supporto delle coriste con afflato prossimo al gospel, ancor più articolata l’inclusione della rara “All The Way Down”.
Lascia senza fiato “Blue Light”, capace di mantenere alta la tensione anche senza quei cavernosi gorghi digitali della versione originale, mentre la limpida melodia di “Better” non ha alcun bisogno d’innovazione: amara e incazzata, triste e soffice, un saggio di scrittura e interpretazione che ricorda come mai Kelela sia così amata nel circuito underground.
Ma una serata speciale richiede qualche accorgimento in più; ecco un’obliqua e inquisitoria versione di “Furry Sings The Blues” di Joni Mitchell, poi un paio di omaggi alla cantautrice jazz Betty Carter, prima con la sensuale e divertita “30 Years”, accarezzata da piano e hi-hats in bello spolvero, poi con una strascicata “Love Notes” reinventata a piacimento.

Basta poco, insomma; anche in veste acustica, al nudo di orpelli, accanto a un affiatato sestetto di colleghi, Kelela affascina e commuove, canta col cuore in mano, impugnando un canzoniere di rara versatilità. Non a caso, chiude il concerto una devastante versione di “Cherry Coffee”, brano apparso su “Cut 4 Me” ben oltre un decennio fa, ma che ancora aleggia minaccioso come uno dei momenti lirici più intensi in carriera; tra quell’ostinato robotico, un filo di tastiera al vapore, piano e basso in sottofondo, e arpa e coriste a colorarne cautamente il crescendo, il brano respira con tensione magistrale, prima di planare lentamente verso una sottile conclusione. La dimostrazione che la musica di Kelela non è forse materiale per tutti né tantomento per tutti i giorni, ma rimane un faro che brilla di luce propria. Anche nella penombra di un fumoso jazz-club.

26/02/2025

Tracklist

  1. Enemy
  2. Raven
  3. Take Me Apart
  4. Bankhead
  5. Waitin'
  6. 30 Years
  7. All The Way Down
  8. Furry Sings The Blues
  9. Blue Light
  10. Love Notes
  11. Better
  12. Cherry Coffee


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