Kelela

Raven

2023 (Warp)
elettronica

Notte fonda, buio inquieto, nella stanza vige un silenzio di tomba e dalle cuffie si diffonde lentamente un suono in grado di dare corpo e sapore al proprio rimuginare interiore. Arrivati in fondo tutto d'un fiato, come in preda a un raptus, non si ha altra possibilità se non premere nuovamente avvio, travolti da quello che potremmo definire il "trascendentale piacere dell'ascolto". Sarà anche solo suggestione, ma i solchi di "Raven" emettono le stesse frequenze di quel volto alieno che affiora appena sopra il pelo dell'acqua nera in copertina: cupo ma catartico e redentorio, soffice eppure vischioso come petrolio, una serie di mondi subacquei appena turbati dal trapelare dei raggi di un'eclisse solare.
Si può rimanere momentaneamente senza parole di fronte a tale bagno sensoriale, sentire magari il bisogno di riordinare un attimo le idee, ma con Kelela Mizanekristos ormai siamo abituati a questo e altro. A sei anni di quasi totale silenzio dal già formidabile "Take Me Apart", l'autrice etiope ha messo a punto un nuovo macigno elettronico col quale poter fare i conti da qui a chissà quanto altro tempo ancora. E va bene così, perché nella sua interezza il lavoro nasconde una notevole ricchezza cantautoriale: rabbia e tenerezza, amore a perdifiato e profonde delusioni, slanci cibernetici di titanio lucente e una sensualità intrinsecamente femminile, morbida e umida ma mai volgare. Un'esperienza da assimilare con calma, esattamente come è stata concepita.

La cura produttiva lascia comunque basiti. Aiutata da un esiguo pugno di collaboratori, Kelela ha modellato il suono in totale libertà, scolpendo sessantadue minuti di ingegneria elettronica, impacchettati con cinematografico piglio jazz tra l'intro di "Washed Away" e l'eco in chiusura di "Far Away". All'interno, un continuo susseguirsi di avvolgenti partiture ambient sature come fogliame cerato, felpate sterzate di dancehall e drum 'n' bass, bordoni cosmici e fluttuanti ricami breakbeat, un nuovo soul cibernetico costruito come imponenti statue di roccia nel deserto di un pianeta inesplorato.
La struttura delle canzoni non segue necessariamente la tipica stesura pop, ma l'impiego di voce e stralci ritmici mantengono il dovuto dinamismo lungo tutto l'ascolto. Ecco le inebrianti decostruzioni post-club dell'irresistibile "Happy Ending" e il tocco outsider house in stile 100% Silk di "Contact", due momenti circolari che animano la pista da ballo della propria immaginazione. Ma la title track fa balzare sulla sedia: quattro brevi strofe redentorie intonate sopra un ostinato da composizione minimalista di metà Novecento, poi il crescendo incessante, lo scoppio ritmico e le voci in dissolvenza, che avvolgono l'ascoltatore come le spire di un serpente. Solo che il beat non cede, anzi va a sfumare con eccitante energia da dj-mix nella successiva "Bruises" con rabbiosi spiragli techno.

Eppure "Raven" non ha nemmeno iniziato a stendere le ali; soffici tessiture di piano elettrico accompagnano "Let It Go", dedicata alle tempeste di coppia, e poi cullano le folate marine di "Sorbet" e l'altro singolo "Enough For Love", che pare avvolto da lunari tenerezze tropicali. Ma l'instabilità dell'umore umano è sempre in agguato; energici intarsi di downtempo e bossa nova digitale animano i dubbi emotivi di una "Missed Call" che tiene l'autrice sulle spine, mentre "On The Run" ne offre l'esatta controparte, mostrandocela totalmente travolta dalla sensualità di una compagna che non lascia nulla all'immaginazione. Semplicemente da lacrime "Divorce", non c'è altro da aggiungere.
A metà scaletta, l'ascolto plana verso la quiete acquatica di "Fooley" e l'ambient di "Holier": con pochi accenni elettronici e tanta amarezza nel cuore, Kelela si immerge tra le onde per lenire i propri graffi, inscenando un battesimo laico che guarda al lavoro fatto assieme alla collega Asmara col più recente mixtape "Aquaphoria". Ovunque si posi l'orecchio, insomma, il flusso sonoro di questo disco procede come un volo d'airone, avvolgendo la sempre splendida voce dell'autrice con pennellate digitali che hanno tutta la gamma di colori e tessiture di un'orchestra.

Viene difficile, semmai, pensare ancora alla musica di Kelela solo in termini di r&b, anzi, per certi versi "Raven" si presenta come una futura permutazione del genere. Nuovi quesiti affiorano con ogni ascolto - riuscite a immaginare Sade attorniata dai paesaggi di Biosphere? La corda di velluto di Janet Jackson ingrippata nei macchinari di Andy Stott? Gli Autechre in studio con Gaelle? Burial che fa il filo ad Amel Larrieux? Congetture un tempo inimmaginabili, frutto di invalicabili muraglie ideologiche e anche razziali, ma che grazie all'inedito percorso artistico di Kelela adesso vacillano sempre di più. Pur a fatica, infatti, l'autrice ha trovato modo di ritagliarsi il proprio spazio all'interno del prestigioso catalogo Warp, un angolo fieramente afroamericano dove esprimere una femminilità soffice ma venata di metallo e disposta a graffiare pur di difendersi.
Per qualcuno "Raven" potrà assumere le sembianze di un'odissea assordante e infinita, ma al netto della propria predisposizione emotiva, non c'è nessuno al momento che suona come Kelela, a dimostrazione di una tecnica produttiva invero eccellente. Sei anni d'attesa che sono stati ampiamente ripagati, forse anche troppo.

17/02/2023

Tracklist

  1. Washed Away
  2. Happy Ending
  3. Let It Go
  4. On The Run
  5. Missed Call
  6. Closure feat. RahRah Gabor
  7. Contact
  8. Fooley
  9. Holier
  10. Raven
  11. Bruises
  12. Sorbet
  13. Divorce
  14. Enough For Love
  15. Far Away






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