Tra i tanti gruppi prodotti dalla New York del post-punk, i Liquid Liquid sono stati uno dei segreti meglio custoditi.
Godettero di fama all’epoca, ma la memoria dei loro dischi si perse, rimanendo soprattutto patrimonio di deejay, tra i quali James Lavelle e James Murphy, che ebbero un ruolo importante nella riscoperta del gruppo. Al di là dell’hype goduto specialmente allora nelle sale da ballo, e recentemente nel revival punk-funk, realmente nel pugno di canzoni incise dal gruppo c’è una ricerca sonora degna d’interesse.
Nati nel 1978, dall’incontro del percussionista Scott Hartley e del bassista polistrumentista Richard McGuire, sotto la sigla Liquid Idiot, trovano l’assetto definitivo nel 1980, con l’aggiunta del cantante Salvatore Principato e dell’altro percussionista Dennis Young.
Il gruppo cambia ragione sociale e si fa notare nell’underground cittadino suonando di spalla a Talking Heads, Suicide ed Esg, ma solamente grazie all’amicizia di Glenn Branca riesce a incidere per la 99 Records, un’emergente etichetta cittadina che annovera, oltre allo stesso Branca e alle ESG, anche le Y Pants.
Il disco omonimo Liquid Liquid esce all’inizio del 1981 ed è caratterizzato da un suono incalzante, ossessivo, che rimarrà il marchio di fabbrica del gruppo.
La totale assenza di chitarre e le strutture musicali prettamente africane producono nelle canzoni un predomino del ritmo, accompagnato dalla voce quasi lamentosa di Principato. Sembra di assistere a una colonna sonora dei quadri di Jean Michel Basquiat, la rappresentazione di una giungla urbana quale doveva essere ed è New York.
In "Bell Head" si intravedono ritmi samba, e strutture dub astratte attraversano tutti i pezzi, fino ad arrivare a "Rubbermiro", con la sua ricchezza di varietà timbriche figlie della filosofia quartomondista di Jon Hassell. Ma dovendo fare dei riferimenti più precisi, forse si tratta di qualcosa in bilico Fela Kuti e i 23 Skidoo.
Successive Reflex esce nell’inverno dello stesso anno e prosegue il discorso con l’iniziale "Lock Groove", lungo tour de force ritmico diviso in due parti. L’evoluzione verso un suono normale, più delineato, si riconosce in "Push" e "Zero Leg", due pezzi che potrebbero appartenere agli A Certain Ratio, svelando così l’anima funk della loro musica. Ma ancora una volta il disco si chiude con una suggestiva divagazione strumentale di marimba, congas e clarinetto (suonato da Elliot Sharp), che anticipa il post-rock dei Tortoise.
Inaspettamente, forse, il terzo ed ultimo Ep vira verso una forma canzone definita.
Optimo, che esce nel 1983, è fortemente influenzato dal nascente hip-hop e ancora più di prima il gruppo si immola sull’altare della ritmica, tanto che ognuno dei componenti oltre al proprio suona anche uno strumento a percussione. Non si fatica a immaginare Optimo o Cavern, la cui linea di basso viene rubata da Grandmaster Flash per il suo storico pezzo "White Lines", come sottofondo delle gesta dei Furios Five o della SugarHill Gang. E poi c’è "Out", che è geniale nell’accoppiare marimba con un basso degno dei Gang Of Four e, infine, "Scraper" un branno sulle cui idee gli Ui hanno costruito una carriera.
Ma è anche il canto del cigno. L'esperienza dei Liquid Liquid si conclude qui, forse per la consapevolezza che questa formula - espressa fino a quel momento soltanto su 12" - non avrebbe probabilmente retto la durata di un album.
Inizia così la loro caduta nell’oblio fino all’improvvisa riscoperta grazie alla ristampa, su un unico cd, da parte della Mo’Wax di tutto il loro materiale, più alcuni pezzi editi in versione live. Ma l'effetto durerà poco: dovranno attendere l’esplosione degli Lcd Soundsystem per tornare ancora alla ribalta, questa volta anche con una reunion live.
Resta comunque una musica, che asciugando il funk e la new wave, rendendoli minimali, quasi astratti, si riporta a una dimensione ancestrale, feroce, tribale.