Testors - Rock'n'roll senza fronzoli

Un crudo rock d'alta scuola, con mezzi ridotti al minimo e sorretti soltanto dalla propria forza e capacità: è la ricetta dei Testors del chitarrista e cantante Sonny Vincent, portabandiera del proto-hardcore di New York. Una meteora passata ingiustamente inosservata, ma non tra gli addetti ai lavori...

di Tommaso Franci

I Testors furono il maggior gruppo proto-hardcore di New York; anche se virtualmente e occasionalmente potrebbero dirsi addirittura hardcore, non per i contenuti, ma per le forme estreme del loro suono.
La musica dei Testors non era programmatica e sistematica come quella dei Ramones: ed è per questo che i secondi inventarono un genere e i primi no. I Testors giunsero ai risultati a cui sono giunti più per intuito che per calcolo. Negli stessi anni, mentre i Ramones proponevano una rivisitazione del rock'n'roll scettica e depotenziata ma velocizzata, i Testors si rifacevano alle basi più primitive e dure del rock di fine anni 60, specie di Detroit ma senza ignorare il garage-rock inglese, esasperandole e interpretandole con una sensibilità sfiduciata tipicamente new wave.

I Testors erano retti dal chitarrista e cantante Sonny Vincent, il quale crebbe ascoltando gli Stooges e i gruppi simili che da Detroit convergevano per i loro spettacoli principali proprio a New York.
Una grande conoscenza ed esperienza in campo rock, una chitarra mai tecnica, sempre espressiva, contesa tra le posture classiche e le dissonanze più brutali, figlia di Hendrix come madre della new wave, una voce maschia, vissuta, duttile anche se per lo più spinta sino alla stonatura, con questi mezzi Vincent eresse il suono dei Testors, uno dei primi trio senza basso della storia.

L'unica pubblicazione dei Testors, il singolo "Together/Time Is Mine", dimostra come ancora nel 1976 non fosse facile per un gruppo esprimere la propria natura più estrema; come non fosse stato possibile fare hardcore a chi ne avesse avute le potenzialità: e ciò perché ancora non si sapeva che cosa l'hardcore fosse. Nel volgere di un anno cambieranno radicalmente le cose; nel 1976 però i Testors furono costretti, se non a esibire una pallida copia di sé stessi, a palesare esclusivamente il loro lato rock più tradizionale anche se inseribile, per più conti, nella nascente new wave newyorkese.

Fortunatamente il gruppo lasciò molte registrazioni inedite, dal 2003 raccolte in cd (Complete Recordings 1976-1979, Swami). Oggigiorno queste operazioni di recupero di vecchio materiale, se da una parte sono ammirevoli, dall'altra denunciano non tanto la nostalgia per un tempo che fu, quanto la necessità, a partire dall'odierna carenza di musica rock, di ripescare anche nel più dimenticato passato.
Da questa raccolta di materiali inediti e quindi non passati attraverso il filtro di produttori e simili, emergono un pugno di brani che potremmo, per la loro concisione, velocità e potenza, riportare già all'alveo hardcore. Essi sono: "Primitive" e "You Don't Break My Heart", datati 1976; "Let's Get Zooed Out", "I See", "Remembrance", "Madras Prison", del 1977; "Sick On Yesterday", "Black Book", del 1979. Come si evince dai titoli, le tematiche sono ancora quelle tradizionali del grezzo romanticismo, del qualunquismo, dell'immoralità, del sesso. Anche se poi queste vengono proposte con una coscienziosità propria dell'epoca new wave, siamo ancora lontanissimi dagli interessi sociali ed esistenziali dell'hardcore.
Il resto del materiale mostra un crudo rock d'alta scuola, capace di insegnare a tutti cosa significhi suonare rock dal vivo, con mezzi ridotti al minimo e sorretti soltanto dalla propria forza e capacità. Notevoli, tra le altre, le drammatiche "Motor Drive" e "Purpose", aperta, quest'ultima, con il claustrofobico tintinnio chitarristico che poi diverrà classico nella new wave; "Welcome To The Nation", possente hard-rock capace di asciugare tutti i residui blues degli MC5 e di precedere così i Diamond Head; "It's Only Death", con un patetismo dissonante tra Creedence Clearwater Revival e Stooges; "Aw Maw", introdotta da un minuto di laceranti distorsioni della chitarra e proseguita tra singhiozzi ritmici e fughe chitarristiche al limite della scordatura, capaci di attraversare per intero Hendrix. Pochi possono vantare il coraggio e l'ispirazione per proporre un rock così diretto, senza annacquamenti di sorta eppur mai scontato.

Un interessante confronto può farsi tra Crime e Testors, tra i massimi gruppi punk-rock attivi nel '76. La differenza è che i primi, nel complesso superiori, per merito loro non per demerito dei Testors, facevano blues mentre i secondi rock, mostrando come questo si sia affrancato dal rhythm and blues: a forza di scandire il ritmo, di sostituire al flusso il sali e scendi di un terreno tutto cuspidi e asprezze. È la differenza che intercorre tra il liscio e il ruvido, qualcosa che va oltre la differenza tra le cinque note blues e le sette rock.
Ciò non toglie che Vincent abbia attinto a piene mani dal blues più ritmico e duro, come quello dei Rolling Stones di "Beggars Banquet" o quello dell'Hendrix di "Purple Haze"; né impedisce di annoverare tra i suoi discepoli ideali un Jon Spencer, ad esempio.

Nel disinteresse generale Vincent continuerà, con vari progetti e a vario titolo, una carriera giunta sino ad oggi con album come "Parallax In Wonderland" (1999), "Hell's Kitchen" (2000), "Cocked" (2002) e soprattutto "The Good, The Bad And The Ugly" (2003), con ben 11 chitarristi di supporto, tra cui Thurston Moore, Robert Quine e Greg Ginn, a dimostrazione del rispetto incondizionato di cui Vincent gode almeno tra quegli addetti ai lavori che più gli debbono.

Testors

Discografia

Complete Recordings 1976-79 (Swami, 2003)

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