Warsaw

Warsaw

Quando i Joy Division erano punk

Prima di dare il via alla leggendaria e tragica parabola dei Joy Division, Ian Curtis e compagni si erano ritrovati sotto un altro nome, che evocava i gelidi scenari del Bowie berlinese di "Low", ma riconduceva nei suoni alla contemporanea epopea punk britannica. Ecco la breve storia dei Warsaw, il nucleo originario dalle cui ceneri nacque la band-cardine del dark-punk

di Guido Gherardi

È il 1994, il mondo ha ormai conosciuto e assorbito l’impetuosa esplosione del grunge, e mentre i Nirvana e il loro album “Nevermind” sono già considerati dei classici, Kurt Cobain si toglie la vita, aggiungendosi alle fila dei grandi artisti del rock votati all’autodistruzione. Proprio in quell’anno esce Warsaw, uno strumento importantissimo per tutti i musicologi e per tutti gli appassionati dei Joy Division, per quanto riguarda la conoscenza delle origini della band, quando questa ancora si chiamava come la celebre composizione di Bowie-Eno dall’album “Low”. Così mentre il grunge si disfaceva con la morte di Cobain, Warsaw consentiva di riscoprire un tassello ancora poco noto delle origini di un suo antenato diretto: il punk. Prima della pubblicazione di questa antologia "non ufficiale" edita dalla Movieplay Gold, erano infatti ben poche le possibilità di ascoltare la musica dei Warsaw, che di tale movimento fecero parte, a meno di imbattersi in rarissimi bootleg difficilmente reperibili.

La raccolta è in realtà composta di due parti, entrambe di notevole importanza. La prima è costituita da quella registrazione che la band fece in studio il 3 e 4 maggio del 1978 e che avrebbe dovuto costituire il primo album dei Joy Division, se il gruppo non avesse poi deciso di far naufragare il progetto per attriti con la Rca. La seconda parte (presentata come bonus track) è invece quella che propriamente contiene le prime tracce in assoluto registrate dalla formazione ancora sotto il nome di Warsaw. Queste incisioni risalgono addirittura al 18 luglio del 1977, e l’anno di produzione la dice lunga sullo stile musicale che le contraddistingue. Vi è infine un brano del 1980 (anch’esso relativamente raro) che apparentemente chiude la prima parte, ma che in realtà è da considerarsi un capitolo a sé stante. Come si vede, l’ascolto di queste tracce consente quindi di avere una panoramica sulla storia dei Joy Division dagli esordi fino alla loro fine secondo una prospettiva inconsueta.
Per tale ragione nella nostra analisi preferiremo quindi seguire un ordine cronologico, partendo piuttosto dal fondo della raccolta che dall’inizio. I cinque brani della bonus track non erano mai stati inseriti in nessun album né in nessuna antologia dei Joy Division (“At A Later Date” venne pubblicato originariamente nel 1977 su una compilation oggi introvabile). Eppure, ascoltate con il senno di poi, queste composizioni si rivelano un eccezionale documento d’epoca: in esse vediamo davvero i Warsaw impegnati a voler essere le “nuova” grande proposta della musica punk.

Reduci, com’è noto, da un concerto dei Sex Pistols, i giovani musicisti - Curtis alla voce, Bernard Sumner alla chitarra, Peter Hook al basso, Terry Mason, poi Tony Tabac, Steve Brotherdale e Stephen Morris ad avvincendarsi alla batteria - hanno già immediatamente colto tutti i trucchi del mestiere: chitarre distorte suonate freneticamente, voci incontenibili e arroganti, urla scomposte impiegate di contrasto su ritornelli accattivanti, “coretti” energici e ritmati, designati a tenere desto il pubblico e a coinvolgerlo. Per questo motivo, queste tracce ci sembrano in parte il frutto di una “ragionata” e “lucida” capacità di individuare gli “stereotipi” dello stile punk. Accosteremmo perciò tale produzione non solamente all’irruenza “rozza” dei Sex Pistols, ma anche alla raffinata e astuta operazione di definizione delle caratteristiche di questa espressione effettuata dai Clash già a partire dall’album omonimo, pubblicato proprio in quell’anno. D’altronde, l’estetica matura dei Joy Division, oltre che alla disperazione emotiva di Curtis, sarà dovuta anche a uno studio distaccato e ragionato delle sonorità da impiegare e dell’originalità stilistica da raggiungere. Oltre alla “pancia”, i Joy Division sono stati anche una “testa”. Bisogna però riconoscere che l’interpretazione vocale del frontman si presenta incommensurabilmente più violenta e dirompente rispetto a quella di Johnny Rotten e di Joe Strummer (si ascolti quel “Warsaw” urlato all’inzio di “Gutz”!).

Questo materiale grezzo registrato dai Warsaw ebbe scarsissima circolazione eppure aveva tutte le carte in regola per colpire nel segno: vi si trova tutta l’immediatezza e tutta la capacità di ammaliare e di trascinare le folle che è richiesta dal punk, i ritornelli sono debitamente avveduti e seducenti, e anche l’interpretazione di Curtis, ancora lontana dai registri bassi e tenebrosi che la renderà inconfondibile, è tenuta costantemente su volumi più acuti tipici del punk. Questo era appena nato, ma a quanto pare era già diventato un genere. Come non apprezzare di conseguenza il ritornello di “The Kill” (“It's another, 'nother, 'nother, 'nother kill!”)? Più punk di così non si può, si potrebbe pensare, e invece no! Parlavamo prima di un possibile confronto coi Clash. Ebbene, tenetevi forte, perché non udirete mai più i futuri Joy Division dilettarci con un delizioso “Na na na na na na na na no good!”, una vera apoteosi dello stile, che ricorda così da vicino il “Dial nine nine nine nine nine” in “London’s Burning” appunto dei Clash.

Ma c’è anche dell’altro, e per di più assai significativo. Dicevamo prima anche del grunge. Ascoltate le chitarre di “Inside The Line”, e parrà già di sentire, in modo semplicemente sorprendente, i Nirvana improvvisare in uno studio di registrazione (anche se non mancano “i soliti coretti” punk a scandire il ritmo). E pure la già menzionata “The Kill” (da non confondere con il brano omonimo contenuto in “Still” col quale non ha nulla da spartire) mostra nelle strumentazioni e nell’interpretazione vocale una cupezza e una tenebrosità per quei tempi inusuale e che invece nuovamente l’avvicina ad alcune tracce rare incise dai Nirvana (si ascolti ad esempio “Help Me”, contenuta nel bootleg “A Season In Hell”,la cui apertura ricorda d’altronde così da vicino “Exercise One” ora in “Still”). In questo brano in modo particolare il malessere lacerato e profondo di Curtis comincia a predominare: c’è sì ancora l’arroganza chiassosa del punk, ma anche uno strazio personale doloroso, che ci porta dalla platealità collettiva del punk verso le intime profondità del suo io interiore. È un urlo disperato che anticipa veramente già quello di Cobain (dal vivo o in demo), figura rispetto alla quale sono sicuramente molti i punti di contatto biografici, e, come rivela questo materiale, anche artistico.

Finita la splendida abbuffata di bonus track, spostiamoci ora alla prima parte. Questa si apre in modo diretto e relativamente “leggero” con “The Drawback”, in una certa analogia con l’incipit di “Unknown Pleasures”. Seguono poi brani in effetti già apparsi in quell’album o usciti come singoli e poi raccolti in “Substance” e “Still”, ma in versioni spesso radicalmente diverse. Quello che qui ascoltiamo sono infatti i Joy Division in piena fase di transizione. A meno di un anno di distanza dalla prima registrazione dei Warsaw, il gruppo già non è più punk, eppure ancora si sente che da esso proviene. Le versioni contenute in Warsaw sono in genere più scarne di quelle pubblicate in “Unknown Pleasures” o nelle altre raccolte sopra menzionate. In alcuni casi suonano molto più punk (“They Walked In Line” o “Living In The Ice Age”), ma altre volte sorprendentemente meno (la title track è basata più sul basso che sulle chitarre, rispetto alla versione contenuta in “Substance”). È interessantissimo ascoltare cosa resta in “They Walked In Line” e “Living In The Ice Age” degli energici “coretti” che abbiamo prima ascoltato ad esempio in “The Kill” o in “At A Later Date”: si sono spenti, sono divenuti quasi un’ombra dei precedenti. Da lì a poco, sarebbero morti del tutto, insieme alla stagione punk della band. A mantenere un più stretto contatto con le demo del 1977 è però l’interpretazione di Curtis, che pur essendo ora maggiormente composta, in direzione della fredda pacatezza che la caratterizzerà nei dischi a venire, ancora permane su note più acute rispetto a quelle basse e tenebrose che diverranno in seguito predominanti (“They Walked In Line”, “Novelty”, “Transmission”).

Tra i gioielli contenuti in questa parte va ricordata la particolare edizione di “Transmission”, caratterizzata dall’impiego di sonorità elettroniche “naif” in perfetta sintonia con l’artigianalità del punk: la loro presenza dimostra in realtà già il suo superamento, eppure la parvenza da mantenere è ancora quella dell’essenzialità e dell’improvvisazione (un effetto simile altrettanto ben riuscito è quello della versione di “Insight” contenuta in “Les Bains Douches”, una delle migliori registrazioni live che ci restino dei Joy Division).
“No Love Lost” ha una prima parte strumentale ricca di effetti sonori sofisticati, con suoni di chitarra rielaborati che ricordano quasi quelli di “Speed Of Life” di Bowie; il linguaggio sonoro utilizzato è talmente differente da tutto il resto del materiale registrato durante la sessione del 1978 da fare pensare a una rielaborazione successiva dell’incisione originale.
Al contrario, l’utilizzo magistrale dell’elettronica sorprende molto meno nell’ultima traccia, “As You Said”, del 1980, se si considera l’enorme crescita che nel giro di un paio di anni aveva portato i Joy Division a registrare classici della più raffinata new wave elettronica come “Love Will Tear Us Apart” e “Decades”. Eppure anche questo brano si distingue particolarmente per la modernità insita in quel martellante ma attutito battito house che ne fa quasi una “Idioteque” dei Radiohead ante-litteram.
E con questo si chiude la nostra lettura cronologica della raccolta.

Seguiranno altre pubblicazioni-bootleg degli stessi materiali del gruppo, oggi praticamente clandestine, come An Ideal For Killing (2002) e Reaction (2011).
Warsaw rimane comunque un documento imprescindibile per la conoscenza della primissima fase della produzione artistica dei Joy Division, ma il suo valore non è unicamente storico, bensì anche artistico: le potenzialità insite nei brani incisi dai Warsaw sono degne di nota, e le versioni originali qui contenute di canzoni divenute in seguito celebri sotto altri arrangiamenti presentano talvolta un fascino estetico del tutto indipendente e di non secondaria importanza.

Warsaw

Discografia

Warsaw (Movieplay Gold, 1994)

7

An Ideal For Killing (Galaor Records, 2002)
Reaction (A Rockville Production, 2011)

Pietra miliare
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