Gianni Della Cioppa - Il Grande Libro dell'Heavy Metal

Autore: Gianni Della Cioppa
Titolo: Il Grande Libro dell'Heavy Metal
Editore: Giunti
Pagine: 240
Prezzo: Euro 19,50

 

hmdellacioppacopertina_01Perché amo il metallo? Se lo chiedeva Paolo Zaccagnini, storico critico de Il Messaggero nel lontano 1984. "Mi piace il vigore, la clownerie, la ripetitività da serial di lusso dei riff, la paccottiglia alla Grand Magic Circus, le chitarre roventi, il sanguinaccio, la confusione mentale. E l'autoironia che permea la personalità di quasi tutti i musicisti che lo praticano. Insomma, heavy metal, più ne mandi giù più tira su". Concludeva così il giornalista romano, applaudendo ma tenendo in fondo le distanze, e citando una reclame televisiva allora parecchio in voga. Ma egli apparteneva a quella che sembrava essere una minoranza di appassionati rock, pronta nell'affermare una certa passione verso quella che fu vista come una deviazione malata nelle vicende della musica popolare del 20esimo secolo. A rispondere indirettamente alle parole di Zaccagnini ci aveva pensato Charles Shaar Murray, cronista a libro paga del NME: "L'HM è la forma di musica rock più disonesta esistente. Vive in un mondo di fraudolente potere maschilista, di violenza come metafora di ogni cosa. Ha prodotto solo un musicista interessante in 12 anni di vita, ovvero Eddie Van Halen, costretto ahilui a confrontarsi con quell'assurdo cantante dei Judas Priest che potrebbe salire sul palco dei Frankie Goes To Hollywood e nessuno si accorgerebbe della differenza. Heavy Metal, la trasformazione dell'oro e di preziosi gioielli in rozzo piombo".
Botta e risposta classici che si sono succeduti e poi acuiti nel corso dei decenni, fino a essere inghiottiti nella globalizzazione di gusti e di fruizione che caratterizza la nostra epoca. Eppure, anche oggi che gli antichi animi esacerbati si sono quietati, un moto di disgusto rimane, una punta di sospetto permane nei confronti delle forme rock più fragorose; quello snobismo da sempre sofferto dai metallari orgogliosi e solerti nell'erigere barricate in risposta agli attacchi mossi dalle cosiddette frange più intellettuali. Forse perché l'HM e i suoi seguaci intendono sotto sotto rimanere degli outsider e perché è bello sentirsi parte di una tribù, meglio di un vero e proprio paese che si muove compatto e a testa alta. Gianni Della Cioppa è un giornalista fiero di poter appartenere alla folta schiera di cui sopra; celebra le gesta del metal, ne analizza pregi e difetti da ben 22 anni, è stato protagonista di diverse iniziative editoriali a tema, è tra le firme più apprezzate di due realtà cartacee, quali Classix! e Classic Metal, parecchio riguardose verso il vintage ma non certo cieche di fronte alle news. Sul finire del secolo Della Cioppa fu tra i redattori degli Atlanti della Giunti Editore, collana a cura di Riccardo Bertoncelli, dedicati alle vicende dell'hard and heavy (classici, moderni, contemporanei). Oggi, sempre con l'appoggio della Giunti, arriva nelle librerie il compendio di quell'esperienza pluriennale: Il Grande Libro dell'Heavy Metal. Oltre 240 pagine in grande formato, un viaggio enciclopedico nella storia della musica metal, dalle origini a oggi, come recita la quarta di copertina.

Una vera e propria corsa a perdifiato, in rigoroso ordine alfabetico, ricca di illustrazioni e materiale fotografico, che prova a mettere un punto e a capo su un genere adorato e dileggiato e col tempo segmentatosi in decine di filoni o pseudo tali. Non si tratta di una riedizione fotocopiata in bella delle precedenti esperienze, bensì di una riscrittura e di una revisione, in svariate parti effettuata in toto, un lavoro di aggiornamento frutto dell'esperienza, del trascorrere del tempo che ha fatto maturare ascolti un tempo non parsi così fondamentali o al contrario celebrati troppo frettolosamente come masterpiece. Grazie all'apporto di una folta squadra di collaboratori, Della Cioppa rievoca scenari, epoche, mitologie all'interno delle schede dedicate ai vari gruppi e lo fa in maniera chiara, fresca, priva di esagerata enfasi, adatta a sostenitori di vecchia data come pure ai neofiti. Dai primi vagiti ultra distorti dei Blue Cheer, al blues che si fece hard per le grandi masse con Led Zeppelin e compagnia urlante; dall'immaginario proto satanista dei Black Sabbath ai trionfi della NWOBHM, solcando le strade più robuste dei seventies e addentrandosi lungo i tragitti degli ottanta, i primi a venir ufficialmente illuminati dai riflettori di una popolarità sempre crescente. E quindi l'AOR e il true metal, le commistioni con il punk-hardcore, la rivoluzione del thrash, lo speed, il crossover, l'epic, il power, il doom, il rumore che diventa sempre più disturbante con il grind, il death. Di contro, ecco la fiorente e spesso derisa scena dell'hair metal, gli assoli e l'handbanging che diventano di casa su MTV, l'annunciata e apparente fine di un sogno con l'esplosione del grunge, le fila che si riorganizzano in un frazionamento compulsivo di sottogeneri, il prog metal, il nu metal, il black metal e le chiese bruciate in Norvegia, Burzum e affini, il sangue sugli spartiti. E ancora, l'elettricità furibonda che si sposa con il rap, con il folk, con la musica classica, con l'industrial, con l'avanguardia. Dagli Atheist ai The Rods, dai Celtic Frost ai Type O Negative, dagli Emperor agli Opeth.
Un affresco avvincente, fruibile che non contempla certo l'assoluto, per quello occorrerebbe una sorta di Treccani borchiata. Ma qualche sorpresa non manca, come l'apparizione dei tedeschi Mekong Delta, figli estremisti del cosmic sound/kraut rock anni 70 che fu alla base delle avventure di Can e Neu!, o il pulpito giustamente concesso agli svizzeri Samael, partiti da una sorta di thrash doom, passati per il black e approdati all'interno di un universo sperimentale condito da elettronica a tinte dark e stacchi di accecante aggressività. E non mancano anche riletture critiche sorprendenti, o almeno inattese, come la decisa rivalutazione di quel "Technical Extsasy" talmente vituperato da essere quasi cancellato dalle coordinate dei Black Sabbath, e dalla memoria dei tifosi della storia del rock. E certe volte è bello non sentirsi soli a combattere contro i mulini a vento.