Autore: Gianni Valentino
Titolo: Feeling. Pino Daniele
Editore: Colonnese
Pagine: 156
Prezzo: Euro 14Pino Daniele a Napoli è ovunque: nei vicoli del centro, mentre ti sorride da cento e mille muri, o a pochi passi da una chiesa sconsacrata, fino a riapparire da cartonato a grandezza naturale all’ingresso della centonovantesima pizzeria. Insomma, Pino è sempre lì. Perlopiù allegro e con l’immancabile chitarra. Perché una cosa è certa, anzi due: il 4 gennaio 2015 a Napoli il tempo si è fermato così come tutto ha smesso di “battere” il 25 novembre del 2020. Quest’ultima è però un’altra storia.
Dicevamo dunque di un Lazzaro felice che spunta da ogni angolo della (sua) città. Ma se l’immagine muta in carne e sangue, mentre la musica echeggia come stato d’animo, in un ciclo di vita senza soste, le parole spese per raccontare i fasti di Pino Daniele ormai non si contano proprio più. Tantomeno i concerti per celebrarlo. Addirittura si riscontrano due organizzati nello stesso giorno, il 19 marzo, cioè quello che sarebbe stato sia il 70° compleanno che l’onomastico del musicista, tanto è viscerale quanto a tratti anche "comica" la necessità di rendere omaggio al cantautore blues, un po’ fusion e un po’ magrebino, che ha riscritto i dettami della scena popolare napoletana (e non solo) del Novecento, proiettandola oltre l’universo-mondo, in un amplesso artistico pressocché irripetibile.
Cosa ce ne facciamo quindi dell’ennesimo libro sul cantore dell’appocundria cresciuto nello storico quartiere San Lorenzo? Nelle oltre centocinquanta pagine di “Feeling” (Colonnese Editore, 2025), Gianni Valentino, giornalista, performer, autore, e aggiungerei poeta spoken-word, mette da parte tutto (e il contrario di tutto) quello che è stato già detto, per concentrarsi, in particolare, sull’uomo dietro le note, ovvero sulla sua anima pacifista e sognatrice, ma anche sul produttore meticoloso e a tratti guascone. E per farlo, trova un escamotage da officina meccanica degli anni 90: sceglie dodici canzoni, alcune delle quali tutt’altro che scontate, per associarle ai mesi dell’anno, in una sorta di calendario erotico-sonoro che è cifra del suo pensiero su quello che è stato e sarà sempre Pino Daniele.
Lazzari felici: il mare perduto per immane stanchezza,
perché siamo i martiri metropolitani, pecché nisciuno
ce vò bene e se cura ‘e nuje
(Gianni Valentino)
Si va così dagli aneddoti legati alla genesi di “Ca calore”, canzone nata per un errore di trascrizione, all’"Alleria" che è innanzitutto melanconia e amore inaspettato del bluesman napoletano per Luigi Tenco, intrecciato a sua volta ai ricordi inediti di Gigi De Rienzo. Valentino indossa i panni del giornalista e alterna il suo racconto a quello degli altri, nella fattispecie i protagonisti più intimi dei primi anni della luminosa carriera di Daniele, come ad esempio il batterista Agostino Marangolo, che all’improvviso regala una descrizione astronomica della congiunzione canora di “Nero a metà”. Gli fa eco poco dopo lo stesso Valentino, in apertura del capitolo dedicato ad aprile, riletto nelle vesti di “Chillo è nu buono guaglione”: “Per i platonici figli della Luna, Pino dipinge un putiferio caraibico. Carnascialesco, esplosivo, obliquo, spregiudicato”. E’ il cuore di un testo che viaggia su binari che talvolta esulano dalla mera cronologia, per seguire, appunto, una linea temporale prettamente musicale, come quando viene chiamato in causa il groove e di conseguenza anche polistrumentisti e dj come Gaetano Scognamiglio, leader dei Fitness Forever, in arte Carlos Valderrama, che interviene per spiegare assai bene quanto il musicista fosse in anticipo sui tempi, non solo ritmicamente parlando, ma anche sessualmente, visto che canzoni come “Silvie” raccontano la solitudine di uomini costretti a prostituirsi nella Napoli di fine anni 70. E ancora i legami di Nanni Loy con “Assaje” e la liaison di Daniele con il grande schermo.
Valentino mescola ricordi rarissimi e improvvisi slanci cronistici sulle peripezie di Daniele, e quando si muove da critico lascia le sue riflessioni ai presenti, soprattutto nel momento in cui occorre sottolineare l’importanza di un album speciale e unico nella discografia di Pino Daniele come “Medina”. Su queste montagne russe, spicca senz’altro Tullio De Piscopo che infiamma gli animi nelle pagine di “Stobbajo”, brano che Pino scrisse per l’amico Tullio, uno di quei capolavori di cui è ancora oggi opportuno sottintendere la grandezza, per non dimenticare anche la bontà del Daniele autore per gli altri.
Da rimarcare a dovere l’esegesi che Valentino compie su buona parte dei testi delle dodici canzoni scelte, vista la mole di parole da spiegare opportunamente a chi non può, per ragioni dialettali, comprenderne appieno il senso, pescando così qui e là anche esempi di classici del passato, sciorinati con cura dall'autore per illuminare ancor di più il sentiero.
“Feeling” è una chiave di lettura tanto inedita quanto giocosa e ricca di spunti non solo su cosa possano inscenare dodici canzoni di Pino Daniele ma, tra l'altro, cosa abbia significato la sua oasi di strumentisti, chiamati a raccolta dal giornalista napoletano per restituire un ricordo autentico di uno dei geni assoluti della musica popolare italiana del secolo scorso.
19/03/2025