Autore: Paul A. Woods
Titolo: L'importanza di essere Morrissey
Editore: ISBN
Traduzione: Giuseppe Marano
Pagine: 352
Prezzo: Euro 27,00
Esistono molti modi attraverso i quali è possibile narrare il cammino di un artista: quello di Patrick Steven Morrissey viene ricostruito storico-biograficamente da Paul A. Woods attraverso la riproduzione cronologica delle principali interviste realizzate all’ex-leader degli Smiths dalla stampa inglese dal 1983 ai giorni nostri.
“The Importance Of Being Morrissey” fu il titolo di un noto documentario prodotto dalla rete televisiva inglese Channel 4 nel 2002, che tuttora potete trovare sul Tubo: il più riuscito spaccato in video dell’essere Morrissey, con tanto di testimonianze qualificate (Bono, Noel Gallagher, Nancy Sinatra e numerose altre). Quel titolo è stato scelto dall’editore italiano (ISBN) per la traduzione di “Morrissey In Conversation: The Essential Interviews”, illuminante raccolta di faccia a faccia fra il “Charming Man” ed alcuni fra i migliori giornalisti musicali inglesi.
Un testo vibrante, un viaggio intenso e appagante, che ci fa rivivere gli indispensabili album degli Smiths, l’altalenante carriera solista del loro cantante, la seconda giovinezza rappresentata dai recenti lavori. Un volume non solo per i cultori della new wave, ma per tutti i curiosi che intendano scoprire/approfondire una delle personalità più importanti, intriganti e influenti degli ultimi quarant’anni di british music.
Nel corso dei 28 articoli selezionati, gli intervistatori analizzano gli aspetti prettamente professionali di Morrissey, ma cercano al contempo di indagare le peculiarità più recondite e nascoste dell’uomo. Inevitabili i riferimenti alla sessualità (ricorrente la domanda sulla sua proclamata astinenza), alle scelte estetiche (i gladioli spesso lanciati dal palco), ai miti dell’eterno ragazzo (l’amore incondizionato per James Dean e Oscar Wilde), all’accusa di aver scritto testi con allusioni sull’adescamento di minori (“Handsome Devil”), alla difesa degli animali (“Meat Is Murder”), alla denigrazione da parte di certa stampa per presunti sottintesi razzisti in alcuni brani, agli strascichi legali dovuti alla causa giudiziaria del 1996, nella quale il giudice si pronunciò a sfavore di Morrissey e Johnny Marr in una disputa sulle royalty degli Smiths, intrapresa dall’ex-batterista Mike Joyce.
In queste pagine c’è davvero tutto il mondo di Morrissey: la sua attrazione verso le persone disprezzate, la curiosità nei confronti della transessualità, la sofferenza per essere stato ignorato da tutti in età adolescenziale, il suo essere conservatore (“allargare i confini musicali non mi interessa affatto, mi limito a seguire un istinto particolare”), la lucida consapevolezza per il significato che ha assunto negli anni il proprio personaggio (“una parte di me è diventata un cliché sgradevole”).
Non manca il Morrissey “politico”, con la sua esibita inglesità (“non voglio essere europeo, voglio che l’Inghilterra rimanga un’isola”), le invettive contro personaggi famosi, soprattutto del mondo musicale e politico, senza mai perdere l’occasione per difendere la working class.
Nelle sue parole, così come nelle sue canzoni, si registra sempre un tripudio di inquietudine esistenziale, malinconia, depressione poetica, bellezza disturbata, introversione, insicurezza, ricerca del contatto umano, senso di tragedia, sognante ambiguità, isolazionismo, inadeguatezza, solitudine, il tutto condito da quel miserabilismo inevitabilmente figlio di Manchester, l’archetipo della città cupa, devastata e provinciale.
Morrissey racconta tantissimi aneddoti indispensabili per chi intenda approfondire il personaggio, e rivendica a spada tratta il merito di aver ampliato il vocabolario poetico della canzone pop, introducendo un linguaggio innovativo attraverso l’utilizzo di parole rivoluzionarie, usate spesso per costruire storie ordinarie di quotidiana tristezza.
Con il lavoro svolto assieme agli Smiths, l’artista di Manchester riuscì a cambiare le opinioni di una generazione sull’essenza dei dischi pop, sul loro significato e sul posto che possono occupare nella vita delle persone. E fu così che una nazione intera capitolò ai loro piedi, grazie ad un avanzamento creativo con pochi precedenti nella storia, e la pubblicazione di veri e propri pilastri della moderna musica inglese, cosa che permise a Morrissey di diventare uno dei più popolari portavoce dei disillusi dei nostri tempi.
La prima parte del libro consente di raccogliere le notizie e le curiosità più remote, ma è nella seconda parte che il discorso si fa più interessante, con l’artista inglese che si rivolge agli accadimenti del presente e del passato con uno sguardo più maturo, con quel distacco in grado di valutare meglio la propria storia. Si fa luce su tanti momenti del percorso degli Smiths (diventa chiaro a pagina 155 come lo scioglimento della band venne causato dalle scelte di Johnny Marr), si disserta sulle copertine, sull’amarezza per la disintegrazione della band, e verso il finale si sottolinea l’incredibile popolarità conquistata negli Stati Uniti ed il trasferimento prima a Los Angeles e poi a Roma, fino ai dischi della rinascita (da “You Are The Quarry” in poi), delineando la finalmente raggiunta “felicità”.
Oggi Morrissey resta un’icona acclamata e apprezzata, un poeta dei nostri giorni, un personaggio arrogante ma divertente, brillante e sempre acuto nelle risposte, ed è chiaro quanto la storia della musica “pop” debba a questo straordinario artista, anche perché i germi della sua opera continuano a contaminare tantissime band contemporanee.
Alla fine della lettura emerge in maniera chiara quanto nessuno sappia davvero chi sia Morrissey, cosa fa e con chi, e questo è uno dei motivi del suo fascino duraturo: maestro nel confondere le acque, architetto di un edificio ironico creato per il personaggio, il tutto pilotato da un uomo che dimostra costantemente negli anni una grandiosità nel controllare il gioco ogni qualvolta si accenda il registratore del giornalista di turno.