Eric Woolfson

The other side of Alan Parsons Project

intervista di Luigi Milani

Se la sigla Alan Parsons Project è universalmente conosciuta fin dalla metà degli anni 70, non altrettanto si può dire per Eric Woolfson, il cui ruolo, come rivendica con orgoglio egli stesso in questa corposa intervista, è stato più che determinante per il successo planetario della band. Autore dei testi, delle musiche, tastierista e vocalist per APP, oggi Eric si dedica con rinnovato successo al musical teatrale, genere nel quale riprende e approfondisce molti dei temi affrontati nei mitici concept-album realizzati con Parsons.

Sei sulla scena musicale fin dagli anni 60. Quanto è cambiato il mondo della musica da allora?
Il mondo della musica è completamente differente ora. Tralasciando i problemi connessi con i download illegali su internet, ci sono almeno due differenze significative per me, come autore.
Negli anni 60, difficilmente un artista nei Top 20 scriveva il proprio materiale, e così come scrittore c'erano molte opportunità per collocare i tuoi brani, mentre oggigiorno c'è forse un solo artista nella Top 20 che non componga o controlli direttamente il proprio materiale, così le opportunità sono una frazione di quello che erano un tempo.
L'altra differenza è che negli anni 60 le case discografiche avrebbero scommesso volentieri su un nuovo lavoro per trarne un singolo che sarebbe costato due-trecento sterline in tutto. Dall'avvento di Mtv, ogni release di un artista costa una fortuna, e le società discografiche non sono affatto disposte a rischiare, né francamente possono permetterselo. Tutto sommato, il business musicale si sta muovendo in circoli sempre più piccoli per quanto riguarda i nuovi artisti.

È convinzione comune che l'industria musicale stia attraversando una crisi irreversibile. Condividi questo punto di vista?
Certo, per le ragioni di cui abbiamo parlato, e per il fatto che oggi sembra che l'unico modo per un artista per guadagnare quantità ragionevoli di denaro sia costituito dalle apparizioni dal vivo, dalle quali nella maggior parte dei casi le società discografiche non traggono diretto beneficio. L'aspetto buono per i nuovi artisti è che, grazie a internet, ora è ovviamente possibile bypassare completamente le società e diffondere il tuo prodotto direttamente ai consumatori. Tuttavia questo peggiora solo la situazione. Ciò che servirebbe a tutti è un business musicale sano, con denaro disponibile per lo sviluppo di nuovi artisti. E questo, molto semplicemente, non sta accadendo.

Qual è la tua opinione riguardo i negozi di musica on line, come iTune Music Store?
Credo che la più grave sciagura dell'industria del disco possa essere ravvisata proprio nello sviluppo dei negozi di musica on line. È difficile immaginare qualsiasi altro business dotato del potenziale di vendere il proprio prodotto senza la necessità di fabbricare e spedire i pezzi fisici, semplicemente schiacciando un pulsante per venderlo agli acquirenti e guadagnare soldi.
Avrebbe dovuto essere il più grande risparmio di denaro, con il più grande incremento di fatturato che un'industria avrebbe mai potuto vedere. Ma il mondo della musica ha trascurato la protezione dei suoi copyright, e i manager che hanno consentito l'accesso illimitato a internet hanno molte domande a cui rispondere. È ironico che l'industria, che ora è in ginocchio, debba rallegrarsi per il suo maggior periodo di prosperità.

Non provi un po' di nostalgia per l'era del vinile, con le sue magnifiche copertine ad esempio, e, in generale, un'attenzione maggiore per gli aspetti artistici?
A parte il fatto evidente che la copertina di un disco in vinile dia un senso di gran lunga maggiore alla creatività della parte grafica e alla promozione nei punti di vendita, non sono uno di quello che considera il vinile superiore. La recente rimasterizzazione e re-release del catalogo di Alan Parsons Project mi ha convinto definitivamente che il medium digitale è superiore e che la magia dell'ascolto del mix finale in studio andava persa il minuto stesso in cui il prodotto era masterizzato su vinile. Per fortuna può essere riscoperta nei formati digitali. Incidentalmente, per gli entusiasti del vinile, Sony/BMG realizzerà l'album originale "Eye in the Sky" su vinile, come parte di una nuova serie.

Possiedi un iPod?
Ho un iPod Classic, ma non ho ancora letto il manuale d'istruzioni! Tuttavia, non l'ho preso per ascoltare propriamente musica. Spero di potervi archiviare i miei taccuini di composizione musicale, a scopo di consultazione.

Puoi raccontarci come iniziò la tua collaborazione con Alan Parsons?
Alan e io stavamo lavorando in studi differenti ad Abbey Road, nei primi anni 70, ed essendo di altezze simili (io sono alto 6,6 piedi, mentre lui 6,5), le nostre teste e spalle superavano quasi chiunque altro lì. Iniziammo a parlare mentre eravamo in fila per la mensa, e le cose si svilupparono in fretta da lì.

Temo che non molti conoscano esattamente qual era il tuo ruolo all'interno di Alan Parsons Project. Vorresti descriverlo ai nostri lettori?
Per cominciare, sono stato manager di Alan Parsons nel suo ruolo di ingegnere del suono-produttore. Intravidi una possibilità di combinare le mie capacità di manager-songwriter-autore di testi con le sue, di ingegnere del suono-produttore, permettendoci di fare dischi alla maniera in cui Stanley Kubrick o Alfred Hitchcock realizzavano i loro film, nei quali i registi, piuttosto che gli attori, costituivano il punto focale.
Mentre immaginavo questa entità, pensai che sarebbe stato sbagliato presentare il mio nome, poiché Alan era conosciuto grazie al suo lavoro con i Pink Floyd. Sui loro dischi il suo nome era menzionato. Tuttavia, il mio personale contributo è consistito nello scrivere tutti i testi e più del 95% delle musiche, come pure suonare le tastiere e cantare (voce solita su "Time", "Eye in the Sky", "Don't Answer Me" etc.).

Hai creato spesso album con geniali contaminazioni tra musica, letteratura, pittura: da Edgar Allan Poe e Isaac Asimov a Gaudi, perfino la psicanalisi di Freud. Personalmente, ho sempre considerato questi album come la classica punta dell'iceberg...
Mi piace la tua immagine, e hai abbastanza ragione. C'è molta profondità in tutti i temi che ho affrontato, e un esempio di questo è il mio nuovo musical "POE", che approfondisce la vita e il lavoro di questo genio straordinario, ma senza usare nessuna musica dal primo album di APP, "Tales of Mystery and Imagination". Avrei potuto creare più lavori ispirati ai miei eroi, ma, specialmente agli inizi, eravamo limitati dal fatto che un album era definito nei nostri contratti come qualcosa della durata di circa 40 minuti, il che ovviamente era abbastanza frustrante. Il passaggio al musical teatrale mi ha dato uno scopo più grande, se non altro perché un musical teatrale di solito dura almeno due ore.

Ti consideri più scrittore o musicista?
Scrittore, non c'è dubbio.

Dalla fine di APP hai lavorato – con grande successo – al musical. In che modo differisce scrivere per un musical piuttosto che comporre canzoni per un album?
Dal lato creativo non c'è molta differenza tra scrivere un concept-album e un musical. Come accennavo sopra, c'è una differenza temporale, ma concettualmente non trovo grandi differenze. Così per me è stata una transizione molto naturale.
Quando lavoravo negli anni 60 come scrittore di squadra alla Southern Music, Andrew Lloyd Webber e Tim Rice operavano anch'essi in un ruolo simile, e avevamo problemi simili a ottenere visibilità per il nostro lavoro. La richiesta prevalente da parte degli artisti da classifica era per “un'opera da tre minuti”, a intendere qualcosa che raccontasse tutta la storia e fosse completamente autoconclusivo, laddove io, Andrew e Tim tendevamo a scrivere canzoni che ruotavano attorno a un tema centrale esterno. Andrew e Tim capirono molto presto che avevano bisogno di creare un veicolo per la loro scrittura, e saggiamente svilupparono il musical scenico. Io creai il mio peculiare veicolo alcuni anni più tardi, con The Alan Parsons Project, ma poi ho realizzato che avevano ragione loro: il loro musical teatrale era un ambiente molto più adatto al mio talento.
Va anche detto che alla fine della giornata, quando hai realizzato un album in studio, ti ritrovi con una registrazione stereo bi-dimensionale, mentre il prodotto finale nel musical teatrale è un'esperienza multidimensionale, molto più appagante e gratificante per il compositore, il cui lavoro è alla base del pezzo.

Guardandoti indietro, hai rimpianti? Sei ancora in contatto con Alan?
Certamente ho commesso molti errori che col senno del poi avrei potuto evitare. Ho detto spesso che la mia decisione di usare il nome "The Alan Parsons Project" è stata allo stesso tempo la peggiore, ma anche la migliore decisione della mia vita. Ho capito che il mio istinto originale era giusto, e mi sono abituato a godere i vantaggi del successo senza l'intrusione della fama o della celebrità, aspetti che sono di particolare beneficio per la mia famiglia, che ride quando tento di descrivermi come "una leggenda del rock"!
Alan ora vive negli Stati Uniti e le nostre strade hanno preso direzioni molto differenti. Abbiamo però contribuito entrambi alle nuove edizioni rimasterizzate ed espanse del catalogo di APP.

Oggi sembra che il rock degli anni 70 stia vivendo una nuova, interessante, stagione. Più in generale, assistiamo al ritorno in scena di vecchie band, con una risposta incredibile da parte dei fan. Alcuni esempi: i Genesis, i Led Zeppelin, i Police, gli Asia, gli Eagles, tra poco anche gli Ultravox. Come spieghi questo fenomeno?
La semplice verità è che questi artisti sono emersi in un'età dell'oro per la musica, e, con alcune eccezioni, niente di meglio è stato prodotto, così non mi sorprende che il pubblico possa ancora apprezzare il loro talento.

A proposito, è vero che avresti potuto essere un membro dei Led Zeppelin?
No! Tuttavia è vero che in quei primi anni 60, quando ero un pianista da studio e un produttore indipendente, ero solito cercare lavoro in un locale in Denmark Street, a fianco di  Jimmy Page e John Paul Jones, con i quali feci occasionalmente delle session. Il gruppo del quale entrai quasi a far parte divenne i 10CC, e a un certo punto ebbi grandi speranze di lavorare con loro, ma il loro management non era in grado di garantirmi un salario settimanale. Così fui costretto a spostarmi da Manchester a Londra, per portare avanti la mia carriera.

C'è la possibilità di ascoltare un giorno un nuovo album scritto dal leggendario duo Woolfson-Parsons?
Prima di tutto, come ho già spiegato, la scrittura non è qualcosa che abbiamo mai fatto assieme, e, benché Alan sia accreditato come co-scrittore, ciò è avvenuto solo per ragioni contrattuali, e non riflette esattamente la realtà creativa. La nostra relazione creativa giunse a un naturale epilogo attorno al 1990. Tuttavia, è stata un'esperienza interessante per me rivisitare il lavoro che abbiamo fatto assieme, ricercando negli archivi materiale extra per le release ampliate, e abbiamo trovato alcune gemme mai ascoltate prima che all'epoca erano state escluse, come ad esempio "No Answers Only Questions" (in "Vulture Culture" e in "Essential Compilation"). Questi album rappresentano i nostri migliori lavori assieme, credo riescano a sostenere bene la prova del tempo e sono opere complete da ogni punto di vista.

Discografia

THE ALAN PARSONS PROJECT
Tales Of Mistery And Imagination Edgar Allan Poe (Mercury, 1976)
I Robot (Arista, 1977)
Pyramid (Arista, 1978)
Eve (Arista, 1979)
The Turn Of A Friendly Card (Arista, 1980)
Eye In The Sky (Arista, 1982)
Ammonia Avenue (Arista, 1984)
Vulture Culture (Arista, 1984)
Stereotomy (Arista, 1985)
Gaudì (Arista, 1987)
ERIC WOOLFSON
Freudiana (1990)
Black Freudiana (in lingua tedesca, 1991)
Gaudì (1996)
Gambler (1997)
Poe: More Tales of Mystery and Imagination (2003)
Dancing With Shadows (2007)
Eric Woolfson sings The Alan Parsons Project That Never Was (2009)
Pietra miliare
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