Donna Regina

Slow Killer

2005 (Karaoke Kalk)
pop, elettronica

Proseguono senza sussulti le vicende dei Donna Regina. Il terzetto di Colonia (il duo originario, Regina e Günter Janssen, accompagnati dal dj Steffen Irlinger) vanta ormai una carriera più che decennale, tutta spesa a esplorare gli affollati luoghi che disegnano i confini fra pop e manipolazione elettronica. Inseriti a buon diritto nel fortunato movimento che dall'etichetta berlinese Morr ha messo radici in tutta la Germania, e con il corredo di una serie di lavori spesso dignitosi, i Donna Regina non sono mai riusciti a guadagnare la ribalta forse a causa di un'eccessiva inclinazione ad assecondare di volta in volta le tendenze, a discapito di una personalità poco delineata.

"Slow Killer" conferma le impressioni sin qui suscitate: l'abituale variazione sul tema, che stavolta prende le forme del sax suadente di Pascal Schäfer, una manciata di buone canzoni dalle sempre più marcate connotazioni pop, ma anche gli abituali, acritici riferimenti a band quali Stereolab e Lali Puna. Doverose premesse a parte, quel che ne esce è un album garbato, dalle atmosfere pertinenti, stilisticamente inappuntabile, ma carente quanto a riconoscibilità. Per carità, Regina Janssen è chanteuse di tutto rispetto, e non possiamo farle una colpa se al mondo esiste già una Laetitia Sadier e se la sua epigona teutonica ha già il nome di Valerie Trebeljahr.

Regina non difetta certo di appeal, né dei sussurri indipensabili per ogni sottofondo che si rispetti, ma se questi bastano a svolgere perbenino il compito assegnatole, non sono sufficienti per coprire la distanza che la separa dalla lode incondizionata. "Slow Killer" non manca di buone soluzioni da cui traspare la volontà di uscire dall'ordinario, vedi l'armonica di Theo Roos che accompagna l'ipnotico trip-hop cantato in spagnolo di "Mirame, Miraba": anche per questo motivo sarebbe ingeneroso relegarlo nel novero dei dischi senz'anima.

Se è vero che sono le canzoni a decidere le sorti di un pop-album, il raffinatissimo synth-pop a luci al neon "Enemy-No Enemy" sta lì a raccontarci che, in fin dei conti, basterebbe che un qualsiasi creativo pubblicitario con attitudini alternative si accorga di loro, per far schizzare in alto un indice di popolarità altrimenti riservato alla solita nicchia. Vellutata nel suo refrain trasognato, patinata quanto basta per fantasticare senza troppe implicazioni, "Lazy Heart" mostra tutti i tratti del suo arrangiatore, quel Bertrand Burgalat che giusto quest'anno ci regala, con "Portrait Robot", l'ennesimo gioiello di "nouvelle vague" delle sette note; "My Melancholy Man", con la sua forma chill-out fornita dall'accoppiata sax- parlato, dà la voce a una notte quieta e affatto solitaria, mentre "End Of September" è un tiepido swing il cui mood mantiene appieno le promesse del titolo, e più in generale espande la lieve, rarefatta malinconia che permea tutti i passaggi del disco.

Anche il resto si lascia ascoltare, fra romanticismi lounge anni 60 ("How Beautiful"), scintillanti blues digitali spogliati da qualsivoglia pretenziosità (l'iniziale "Little Baby"), e divertissment tastieristici incollati a melodie volutamente infantili ("Fast As A Shark"). Consigliato per forme di relax serale, in cui la piacevole compagnia è un elemento indispensabile.

20/05/2012

Tracklist

  1. Little Baby
  2. End Of September
  3. Lazy Heart
  4. Secrets
  5. My Melancholy Man
  6. Fast As A Shark
  7. Enemy - No Enemy
  8. Mirame, Miraba
  9. How Beautiful
  10. Slow Killer

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