Milton Mapes

A volte è difficile scrivere di musica, soprattutto quando le ragioni del cuore si scontrano frontalmente con la razionalità critica, con la necessità di raccontare il vissuto di un disco in modo imparziale. Ciò è vero nel caso dei Milton Mapes che si rifanno a uno dei suoni più in voga nei passati 90, quella sorta di alternative roots, per punk in pensione direbbe qualcuno, portato in auge da formazioni importanti quali Jayhawks, Uncle Tupelo, Volebeats. Difficile giudicare, dicevamo, perché i ragazzi ci mettono passione e dedizione e sfornano qualche canzone notevole, ma nulla in termini di evoluzione del modello originario, anzi.

Come non emozionarsi, però, al cospetto di una "Waiting For Love To Fall", classica ballatona country-folk a rinverdire l'immaginario un po' anacronistico di quell'America di provincia, rurale e sempliciotta, tra drammi quotidiani e tormenti d'amore, fede in Dio e tentazioni peccaminose. Ancora una bellissima "Thunderbird", intreccio elettrico e cantato passionale, per un'ipotetica Gretchen; e sfido qualunque ragazza a non commuoversi nel vedersi dedicati versi di questo calibro: "…So high above the trees and mountains streams/ Rivers winding endless through your dreams/ Remember how you made it rain/ When everybody knew your name/ Now your days will always be the same/ But It's never gonna be the same".

Insomma, il disco si lascia ascoltare in definitiva, tra qualche lampo di aggressività e momenti di agre e disillusa riflessione, con una "The Blacklight Trap" che mostra quanto sia grande l'influenza di Robbie Robertson e la Band anche tra le nuove leve di musicisti americani. Non ha senso stare a descrivervi tutti i pezzi, non ha senso stare a raccontarci storie o girarci intorno, ormai avrete capito che i Milton Mapes potrebbero toccare le corde più intime del vostro animo o al contrario annoiarvi a morte; dipende da ciò che cercate nella musica.