Subhumans

Internal Riot

2007 (Bluurg)
punk

Figli di un punk minore

Autori di un caposaldo di seconda fascia quando correva l'anno 1983 ("The Day The Country Died"), tornano i Subhumans di Dick Lucas, anarcho-punk inglesi del Wiltshire. In realtà non si tratta della solita improvvisata di vecchietti strabordanti ritrovata energia: Lucas e compari, sciolto il gruppo madre, portano avanti sin da allora un altro progetto, i Citizen Fish, mantenendo la stessa line-up originaria. In più la risurrezione dei Subhumans non è avvenuta esattamente in data odierna. Dopo un tour americano nel '98, l'attività live è ripresa stabilmente sin dal 2004 (vedesi il "Live In A Dive"), per coronarsi oggi in un nuovo Lp di inediti, a ben ventidue anni dall'ultimo.

L'idea di nuove canzoni è andata di pari passo con la necessità di comunicare, un'urgenza che si riscontra in più passaggi dei testi e che viene anche esplicitata ("I really need to talk to someone" è il verso che apre "Process"). Tema centrale di "Internal Riot" è il risveglio interiore ("I get deranged when it's all gone quiet, never have guessed the internal riot"), ancor prima degli attacchi classici alla guerra ("This year's war against terror, like the war on crime, is a war against anyone, anytime") e al consumismo di massa ("Streamlined sets the mental tone, now everyone's a shopping clone").
Invito forse semplicistico ma doveroso a un'umanità sempre più impaurita e conformata ("The invisible enemy could be you, now we live in a world of total strangers").

Nel mettere il messaggio in musica i Subhumans escono dall'invadente influenza dei Crass, mostrano una potente carica rock e fanno tesoro delle loro successive esperienze, allungando e contaminando i brani. Vedasi "Too Fat, Too Thin", inatteso divertissement a tinte reggae; o la tirata ballata acustica corale "Process"; o ancora il rap di "Fractured".
Ciò non toglie che a svettare siano inni dal sapore più classico: come "Won't Ask You Again", arrabbiata e pungente; "This Is Not an Advert", dalla melodia collegiale americana; e soprattutto la title track, sublime e trascinante pop-punk.

Non convince invece appieno, pur presentando spunti interessanti, la parte più dura del disco, ossia le due war song ("This Year's War" e "Never-Ending War Song"), che sfoggiano assolo e ritmi dal retrogusto finanche metal. La seconda, in specie, lunga cavalcata di nove minuti, paga dazio alla perizia strumentale non proprio adatta, ai troppi cambi stilistici e a una generica, e ovviamente scarsa, abitudine della band alle suite.

Ad ogni modo, a vincere sono i pregi. La freschezza del lavoro, la carica sonora, un'elevata qualità media di scrittura, la presenza di non pochi brani da ricordare rendono "Internal Riot" un vero e proprio pugno in faccia alle tante "nuovissime" band albioniche degli ultimi anni. Forse non era uno degli obiettivi dei Subhumans rampognare le nuove leve musicali, ma il risultato è anche questo.

P.S. Il disco è dedicato alla memoria di John Loder, storico produttore titolare dei Southern Studios scomparso nel 2005, nelle cui mani sono passati, oltre agli stessi Subhumans, gente del calibro di Crass, Fugazi e Jesus and Mary Chain.

30/12/2007

Tracklist

  1. This Year's War
  2. Internal Riot
  3. Fractured
  4. Point of View
  5. Won't Ask You Again
  6. Supermarket Forces
  7. Process
  8. Culture Addict
  9. Too Fat, Too Thin
  10. Sedated
  11. This Is Not an Advert
  12. Never-Ending War Song
  13. Mosquitoes

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