Khonnor

Il primo amore, è inutile negarlo, non si scorda mai. È un qualcosa che rimane sempre sottopelle, che fa luccicare gli occhi al solo suo pensiero, che emoziona. E riesce ad essere talmente speciale e unico che anche quando non c'è più, non si può far altro che ricordarlo con velata tristezza.

Khonnor, nonostante la sua giovane età, tirò i remi in barca dopo l'abbagliante "Handwriting", pubblicato nel 2004 dalla lungimirante Type. I tratti velati di una placida malinconia, accompagnati da un vocoder cristallino e da archi melliflui, rendevano l'opera prima un gioiello di pop ed elettronica.
Forse un successo inaspettato, forse solo la voglia di dedicarsi ad altro, chissà. Certo è che la fine del 2008 ci ha riservato da parte del giovane ventiduenne una piacevolissima sorpresa. A quattro anni di distanza, "Softbo Ep" è il risultato di alcune session che paiono seguire il motto del do it yourself. Un Ep tanto breve e minimale, quanto denso e gioioso.

Sette tracce e meno di venti minuti di intrecci sonori finemente cesellati, vagamente retrò, questo è "Softbo Ep". Il beat incalzante unito a fascinazioni psichedeliche seventies di "Nibble-O" e le trame indietroniche che costruiscono "Pea Mag Gourmet" sono curate nel dettaglio e paiono spontanee nel loro fluire. Ma la bontà dell'opera viene evidenziata sia da cambi improvvisi di registro ("Kite Tits" e "Infirmary 2") sia dai voli spaziali di "Calico Dong Veil". E chi non crede all'accostamento tra shoegaze, songwriting, elettronica e psichedelia, ascolti il mantra di "An Ode To Gary Giggles".

L'indie-pop à-la Morr, dopo anni di continui salti di qualità, sta vivendo un momento di bassa marea. "Softbo Ep", nella sua immediatezza, indica la via da seguire. Una mini-opera preziosa e soprattutto soddisfacente. Una sola cortesia, Khonnor: non perdiamoci di vista.

21/12/2008