Sleep Whale

Un post-rock farcito di psichedelia, folk, avantgarde e kraut-rock si distende nei tredici brani dell’esordio del duo texano Sleep Whale, un album frutto di elaborate architetture sonore che, pur usando colori e suoni consueti, brilla per coerenza e sobrietà.
 
L’abilità dei due polistrumentisti, Joel North e Bruce Blay, si evidenzia per la cura dei particolari, il drumming possente che sorregge le evoluzioni elettroacustiche di “Green Echo” e la cristallina purezza delle morbide “Roof Sailing” e “Icicles” sono frutto di ricerca e talento.
Surreale e amabile, il progetto Sleep Whale non è chiuso alle contaminazioni esoteriche, ciò lo rende adatto a una dimensione sonora che valica i confini e stuzzica le culture orientali: le pulsioni ambient di “Giant Wings” e le originali trasfigurazioni simil-orchestrali dell’incantevole “Summer Sick” superano le ambizioni del post-rock in cerca di lande sonore prive di confini.
Anche se sembrano cedere alla prevedibilità di alcune soluzioni sonore eccessivamente descrittive, le due incursioni nella psichedelia di “We Were Dripping” e “Still Drumming” si dichiarano gradevoli e stimolanti con fare alterno, malcelando alcune trame meno ispirate che invocano maggior coraggio e spirito d’avventura.

Il gruppo si spinge oltre con risultati lodevoli in “Dissolved” e “Sleep Reprise” o nella post-moderna “Light Tunnel”, che alimenta la convinzione che con più ardire e calore gli Sleep Whale sapranno cancellare i labili dubbi che accompagnano l’ascolto si questo album.
Mentre dalle pagine di myspace apprendiamo che la formazione si arrichisce di nuovi elementi (ora sono in quattro) alterando la propria personalità, ci confortiamo nell’ascolto di “Houseboat”, un album che difficilmente si può archiviare come superfluo, un viaggio tra le polverose strade sonore del Texas che avvolge con fare confortevole e leggiadro.

06/05/2010