Alva Noto & Ryuichi Sakamoto

Summvs

2011 (Raster Noton)
ambient

E siamo al quinto. Il quinto album dopo una collaborazione durata quasi dieci anni, in una chiaroscura, dolceamara fusione di generi e generazioni, formazioni classiche e avanguardie elettroniche.
Pur mescendo arti formalmente parallele, il tempo ha concesso al duo il raggiungimento di un perfetto stadio di comunicazione, anche se "comunicazione" non è il termine esatto per descrivere l'intesa fra questi due artisti affermati e applauditi in ogni parte del mondo. Addirittura si fatica a concepire l'idea che Ryuichi Sakamoto e Alva Noto persino si guardino, soprattutto dopo averli osservati dal vivo, ognuno alla rispettiva postazione, separati dal buio fisico e da quello astratto degli anni e della formazione. Entrambi sembrano accostarsi all'opera con un distacco impressionante, come se non ci fosse bisogno di sguardi, parole, approvazioni, al di là del significante, del rumore, della futilità e dell'interesse. Una corrispondenza mentale che segue frequenze aliene, impalpabili ma incomprensibilmente manifeste. Un sentimento glaciale, cristallino, là, in un'orbita distante anni luce, che si avvicina ogni tanto, giusto per concedere quel poco di sé in vista di una riposta stupita, ma sempre contenuta.

"Summvs" non è solo "il quinto album", ma rappresenta ciò che non è mai stato detto prima, fingendosi sintesi, ma impregnando l'ambiente di una familiarità rinnovata, epifania del tutto e dei singoli, uniti ancora una volta nella loro instancabile tendenza. E che gioia rileggere quei titoli così ermeticamente informatici.
"Microon I" è l'apertura ariosa dell'opera, con un ronzio vagamente orientale, sinuoso come le poche e meditate note che lo puntellano, oscure, quasi mistiche, sensuali e inebrianti. Una traccia che pecca per la scarsa durata, combattuta inoltre dalla linearità interrotta da "Reverso": un ticchettio scandisce il suono metropolitano e disperato, al cui interno abbagli noise e stridule campane metalliche danzano con il minimalismo armonico crescente di Sakamoto. Tutto pare calcolato al dettaglio, studiato con complicità matematica, ma, nonostante ciò, non si riesce a scacciare l'impressione di fondo: Noto e Sakamoto suonano in stanze separate e delle rispettive musiche percepiscono solo echi filtrati dal cartongesso. Hanno gli occhi chiusi, ma sembrano vedersi comunque.

È finito il ticchettio e cala la tensione, soffocata da "Halo", senza dubbio uno dei passaggi migliori dell'album. Il piano acquista presenza, energia nel tocco e l'elettronica si fa più ambientale e languida, mentre la melodia appare ambigua, triste come la luce del mattino in un giorno che non si vuole vivere. E l'ascolto sembra un tuffo nel vuoto, ci si illude che ci sia una fine quando le voci robotiche sembrano aumentare, quando il fraseggio si fa più complesso, ma è tutta impressione. Si continua a cadere in un baratro di assenza, con i suoni che non sono altro che il pianto asciutto di un'indescrivibile condizione mentale.

"Micrron II" è solo il prolungamento di quanto già detto, in cui ciò che cambia è solo l'ascesa del piano: c'è aria di incombenza, ma è tutto finito prima che qualcosa possa accadere. Eccolo il brusco risveglio. "Pioneer IOO" nasce come uno sterile rumore bianco, con spruzzi di metallo incandescente che si raffredda in una virata inaspettata: la sezione ritmica multiforme e industriale pare uscire da una catena di montaggio, il cui scandire è armoniosamente contrapposto da classiche e luminose armonie, arricchite da pizzichi di corde ora tentennanti, ora seriali. Le ritmiche si fanno più serrate e il piano esplora le ottave più basse in "Ionoscan" in un crescendo di apprensione emotiva, fino al culmine inaspettato: "By This River". Le prime famosissime note del pezzo storico firmato Eno-Roedelius-Moebius vengono sezionate in un fitto susseguirsi di battiti, in dialogo con brevi glitch e fraseggi di piano semplici, parte di un accompagnamento rigorosamente intervallato, ma dirompente.

Le pulsazioni suonano più liquide e un'elettronica granulare fa da sfondo alle note seducenti e minimali di "Naono", monotona ripetizione della stessa formula finché, verso la metà del brano, cambia immagine in un composto di noise dalle onde basse e di melodie acute ed estremamente solari, ingentilite dalla maestosità di archi che richiamano i "Monphaser" di "Xerrox Vol. 2". Il cerchio si chiude con una lenta caduta verso la dissonanza cupa e rumorosa, verso la rete glaciale del puro rumore, filo conduttore che anticipa le comparse improvvise dei medesimi suoni roboanti in "Microon III".  L'atmosfera cambia quasi completamente e la musica si presenta sporadica nella tessitura generale: pare di trovarsi davanti a una processione in slow-motion, funerea e solenne nel suo scheletro disadorno, come se in una cattedrale vuota il silenzio venisse rotto solo dal suono grigio e vibrante di un campanile lontano.

Nonostante l'umore discostante e non sempre positivo dell'album, finito il brano regna la calma e ci si sente piacevolmente soddisfatti dell'ascolto. A concludere, "By This River - Phantom", una ripresa ancora più lenta della precedente cover, nella quale risalta il piano di Sakamoto e i battiti elettronici ricordano la gioventù trascorsa in "Chasm", ora maturata e consapevole del passato quanto del presente, tra i mille risvolti già conosciuti e le infinite variazioni ancora da proporre.
Non si conosce il seguito come si ignorano le qualità di possibili svolte, ma se questo fosse davvero l'epilogo, non potrebbe essere che il più giusto.

22/05/2011

Tracklist

  1. Microon I
  2. Reverson
  3. Halo
  4. Microon II
  5. Pionier IOO
  6. Ionoscan
  7. By This River
  8. Naono
  9. Microon III
  10. By This River - Phantom

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