EMA

Past Life Martyred Saints

2011 (Souterrain Transmissions)
avant-dark-folk
6.5

La loro esistenza è passata quasi inosservata e del loro scioglimento devono aver pianto in pochi. Eppure i Gowns, duo composto da Ezra Buchla ed Erika Anderson, con il loro “Red State” seppero coniare, nel loro piccolo, un desolato linguaggio no-wave intriso di angoscia e desolazione, un avant-folk dal pathos ipnotico e a tratti orrorifico, la cui incompiutezza era la dote migliore, e la cui rilevanza negli anni a venire è indubbia (o almeno così ci piace credere). Fatale e inesorabile la loro musica, e così la loro fine.

Una metà dei Gowns, Erika M. Anderson (EMA), ha deciso di “consolare” i fan della band, pubblicando il suo esordio solista: “Past Life Martyred Saints”. E in effetti il termine consolazione appare appropriato, dal momento che è proprio da lì (e in particolare dall’Ep “Broken Bones”) che il disco muove le fila.
Le atmosfere del disco racchiudono una claustrofobia forse più distesa e una disperazione meno introversa, allontanandosi da alcune soluzioni presenti nei Gowns (ad esempio l’uso della viola o il ricorso a violenti glitch) e avvicinandosi maggiormente ai canoni di un folk esistenziale e melodrammatico, seguendo un filone, non proprio lineare, che va da Nico a Pj Harvey, passando per Cat Power.

Fortunatamente non si sono invece affievolite quelle anestetiche e gelide cadenze slow, quella catarsi straniante, colma di spleen ansiogeno, in bilico tra frustrazione e desiderio. L’esempio migliore e più suggestivo è senz’altro costituito dal rabbioso e avvolgente incedere di “California”, meraviglioso esempio di songwriting dimesso e tormentato, tra ansie quasi sospese nel nulla e pulsazioni sempre più opprimenti.
“Grey Ship”, altro pezzo forte del disco, è invece caratterizzata da un’epicità graduale, una progressiva e febbricitante ascesa emozionale che esplode in un finale tormentato e furioso, quasi heavy. Le prime due tracce dell’album mantengono intatta quella tensione emotiva lacerante, struggente, che animava “Red State” e, non a caso, risultano gli episodi meglio riusciti. I momenti successivi, da quelli più pacati e folk (seppur decostruiti e sussurrati), come “Marked”, a quelli caratterizzati da una maggiore aggressività (vedi la riottosa “Milkman” o il calderone malato e confusionario di “Butterly Knife”), appaiono meno compiuti e penetranti dal punto di vista delle suggestioni emotive e atmosferiche che riescono a suggerire, impedendo all’album di spiccare il volo in maniera totale, qualitativamente parlando.

EMA però, è allo stesso tempo in grado di emozionare e commuovere, come quando canta sommessamente nella lancinante e dolcissima ballata di “Breakfast”, e di ammaliare nell’incantevole finale di “Red Star”, in cui l'alternanza di toni si fa più serrata, passando dalle tonalità di una ballata delicata a uno stile più corposo e rockeggiante, implorante nella sua fragilità.
"If you won't love me, someone else will". Non la ameremo come abbiamo fatto con i Gowns, ma le possiamo comunque volere bene.

30/05/2011

Tracklist

  1. The Grey Ship 
  2. California 
  3. Anteroom 
  4. Milkman 
  5. Coda 
  6. Marked 
  7. Breakfast 
  8. Butterfly Knife
  9. Red Star

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