Trent’anni fa usciva un Ep intitolato “Niente insetti su Wilma” di una band destinata a diventare un’istituzione del rock alternativo italiano, i Denovo. Oggi incontriamo uno dei fondatori di quel gruppo, Luca Madonia, che si è dedicato nel frattempo a una proficua attività di cantautore. E che ci parla di un nuovo, inaspettato ritorno della storica ditta, con il disco "Kamikaze bohemien", uscito a maggio del 2014.
Com’è nato questo album?
È successa una cosa strana, che ci ha colpito. Abbiamo ritrovato dopo trent’anni dei nastri con le nostre prime registrazioni risalenti al periodo 198-’83, per un disco che sarebbe dovuto uscire all’epoca e poi, non so bene perché, non è mai stato pubblicato. Il nostro storico manager, Francesco Fracassi, ha ritrovato questi nastri – all’epoca si lavorava in analogico – in una cantina veneziana. Una storia molto rock, insomma, e puoi immaginare fra umido e pantegane là dentro cosa poteva accadere... Invece i nastri erano perfetti, niente era stato cancellato, abbiamo trovato le macchine con le quali avevamo lavorato in quegli anni, perché era l’unico modo per capire cosa era rimasto impresso sui nastri, e poi abbiamo riversato tutto in digitale, senza aggiungere o cambiare nulla. Sono dodici brani, tre già pubblicati, anche in altre versioni, e nove del tutto inediti. C’è dentro tutto lo spirito dei primi Denovo: l’anima delle cantine, l’anima dei vent’anni, la voglia di fare qualcosa di nuovo...
Questo progetto resterà isolato o è l’antipasto di una vera reunion dei Denovo?
Siamo entrati piano piano in questo progetto, il decennio Denovo è stato magico e nessuno di noi vuole rovinarlo, ogni volta che si parla di far rinascere la band siamo sempre intimoriti, abbiamo paura dell’effetto-nostalgia. Però devo dire che ci stiamo entrando sempre di più, abbiamo fatto delle presentazioni e continueremo a farne. Ma stiamo suonando sempre in acustico. Non abbiamo deciso di partire per un tour elettrico, forse per una sorta di pudore e di rispetto per una bella storia. Però io spero che qualcosa di interessante possa accadere, perché siamo sempre più coinvolti e, anche se non ce lo diciamo apertamente, qualcosa cova...
In queste esibizioni acustiche proponete anche i brani del nuovo disco?
No, perché andrebbero fatti in maniera elettrica, in quei pezzi c’è dentro l’energia di una band totalmente rock di quegli anni. Adesso presentiamo i nostri cavalli di battaglia, i pezzi più conosciuti che possono essere suonati anche solo con chitarre e percussioni varie.
Nel 1984, quando siete apparsi sulle scene, eravate degli alieni, forse perché il grande pubblico italiano non era molto abituato a vedere mescolare suoni anglossassoni – il post-punk, la new wave – con la tradizione mediterranea che pure portavate nel vostro sound...
Erano gli anni del post-punk e del dark all’italiana, erano tutti scuri, neri o con le creste... noi eravamo sicuramente più solari, i nostri modelli erano gli Xtc, i Talking Heads, Elvis Costello, i Police e ovviamente i Beatles, i papà di tutti. Quindi eravamo forse un po’ fuori dalla moda del momento, però questo ci ha premiato nel tempo perché non ci siamo mai fatti condizionare dalle tendenze, ma facevamo sempre quello che ci interessava.
In quegli anni comunque la musica italiana viveva un momento di grazia, con tanti gruppi importanti (Litfiba, Diaframma, Cccp/Csi, Gaznevada etc.), secondo te qual era il segreto di quel periodo ricchissimo e perché invece oggi la scena italiana fa così fatica?
È stato un momento di ricambio generazionale, sotto l’effetto del punk inglese: è servito a svecchiare un po’ la situazione. Allora eravamo dei pionieri, era tutto più difficile, anche se si suonava tantissimo, perché – a differenza di oggi - c’erano tantissimi circuiti, c’era un interesse maggiore a scoprire le novità. Noi siamo partiti con il vinile, e per di più da Catania, che allora era estrema periferia del mondo. Per registrare i dischi bisognava spostarsi, era complicato. Però incontrando gli altri gruppi e facendo il secondo Festival Rock di Bologna nel 1982, ci siamo resi conto che a soffrire di questa insicurezza erano un po’ tutte queste realtà provinciali. Noi eravamo convinti che al Nord tutto andasse meglio, i Litfiba pensavano che noi fossimo molto più bravi di loro, e questo ci ha riportato alla dimensione vera e bella della musica. Si facevano parecchi tour insieme, c’era una grande voglia di ricambio e di ricerca, eravamo veramente dei pionieri, oggi si mira più alla televisione e al successo immediato.
A proposito di televisione, vi ricordo ospiti fissi a Doc di Renzo Arbore, un altro progetto pionieristico di quegli anni: come vi scoprì?
Arbore ci vide a Catania in una situazione stranissima, ci raccontò del nuovo programma che stava preparando e ci invitò a venire. Noi eravamo convinti che non sarebbe mai successo, invece ci ha chiamato davvero, è stato di parola, e da lì è partita la nostra esperienza a Doc.
Un programma riproponibile oggi, secondo te, nella tv italiana?
Era un ottimo programma, suonavi in televisione dal vivo in uno studio vero. Era bellissimo perché gli artisti potevano esprimere la loro creatività in modo autentico, con il sudore in scena. Ma non so se oggi ci sono persone adatte a fare dei programmi così. Oggi è tutto un po’ più di plastica. Arbore aveva la particolarità di essere un grande talent scout, aveva grandi intuizioni in tutti i campi – musica, cinema, teatro – e riusciva prima degli altri a capire se c’era qualcosa nell’aria.
A proposito di un altro grande artista e talent-scout vostro concittadino, Franco Battiato, hai partecipato insieme ad altri amici e colleghi al progetto-tributo “Battiato non Battiato”, interpretando la sua “Summer On A Solitary Beach”, e poi sei stato con lui a Sanremo nel 2011 con “L’alieno”. Eravate degli alieni tutti e due su quel palco... (ridiamo)
Sì, sicuramente! Lui è venuto a fare il corista, come ha dichiarato... Franco è un enorme artista, tra i più grandi in assoluto. Lui ha tutto il suo mondo, una realtà a parte, la sua vera forza è quella. L’abbiamo conosciuto nel 1989 e ha prodotto il nostro ultimo disco, “Venuti dalle Madonie a cercar carbone”, a Catania. Per noi è stato un ritorno a casa e anche lui, dopo vent’anni di Milano, tornava vivere a Catania. È servito a tutti per ricrearsi una nuova linfa. E da allora c’è una frequentazione assidua, siamo diventati veramente amici. E così quando Morandi mi ha invitato a partecipare a Sanremo mi ha anche accennato alla possibilità di coinvolgere Battiato. Io ero molto scettico, e invece Franco, che è sempre imprevedibile e trasversale nelle sue scelte, ha subito accettato. “Perché no, può essere divertente, il pezzo mi piace”, mi disse. E per me sapere di andare lì su quel palco con Battiato era il massimo. Così è nata quella strana partecipazione al Festival.
Allora in bocca al lupo per il nuovo disco, e chissà di non rivedervi ancora insieme, tu, Mario Venuti e gli altri...
Grazie, e chissà, vedremo come va a finire con i Denovo.
(20/07/2014 - Versione estesa di un'intervista pubblicata su "Leggo")
Niente insetti su Wilma (Ep, Suono, 1984) | |
Unicanisai(KinderGarten, 1985) | |
Persuasione (KinderGarten, 1987) | |
Così fan tutti(Philips, 1988) | |
Venuti dalle Madonie a cercar carbone (Philips, 1989) | |
Live (live, Arcana, 2004) | |
Denovo (Sni, 2005) | |
Kamikaze Bohemien (2014) |
VIDEO | |
Niente insetti su Wilma |