Marillion

Rather progressing than progressive

intervista di Piergiorgio Pardo

Steve Hogarth è da sempre un grande amico dell’Italia. A distanza di 8 anni dall’ultimo concerto romano e dopo il pienone del “Marillion Weekend” a Padova della scorsa primavera, si trova dalle nostre parti per un concerto, unica data italiana, il 3 febbraio nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica, insieme alla progressive rock band capitolina RanestRane. Lo abbiamo sentito per carpire qualche anticipazione del live, indagare sul nuovo album dei Marillion, previsto per la primavera del 2025, e fare il punto su una carriera interessante e longeva, che ancora promette di stupire.

Ciao Steve, bentornato in Italia! La prima domanda riguarda ovviamente la scaletta del concerto del 3 febbraio. Ti va di svelarci qualcosa?
Sarà una sorpresa anche per me. I miei spettacoli solisti di solito sono frutto del momento e le canzoni ruotano a seconda di cosa mi va di cantare, o magari delle richieste del pubblico, o delle reazioni che ha l’audience a un certo tipo di pezzo o di esecuzione. La prima metà, credo, dello spettacolo a Roma sarà così. Sarò io e un pianoforte e vediamo come va e dove si va a parare. Poi arriverà la band, i musicisti del gruppo RanestRane, e poi ci saranno anche sorprese che non ti anticipo.

La tua esperienza con i RanestRane ha ormai un suo trascorso documentato anche nel live album “Friends, Romans”, uscito per Poison Apple nel 2017. Com’è collaborare con loro?
C’è una grande intesa. Ci si capisce al volo. Sono ottimi musicisti capaci di ascoltare e creare una energia comune.

Il tutto per la felicità dei fan italiani. Vorrei chiederti della tua relazione con il The Web Italy, il Marillion Fan Club italiano, che vi segue molto ed è molto attivo sui social. L’Italia ha sempre avuto con la band un rapporto speciale. Ti va di raccontarmi un po’?
Sì, ovviamente risale a tanto tempo fa. Parliamo del periodo in cui sono entrato nella band, nel 1989, quando ero “the new kid in the band”. In questi giorni ricorrono i miei 35 anni con i Marillion, che è più della metà della mia vita, anche se ovviamente per i fan sarò sempre “quello nuovo”. Quando sono arrivato c'era già un fan club molto attivo in Italia, gestito da una ragazza di nome Marina Lenti, che poi ha passato il testimone a David Costa, noto a tutti noi come "Dave the Space", il nome se l’è scelto da solo. Abbiamo avuto periodi in cui i promoter dei concerti italiani non erano molto sul pezzo e David si è dato da fare parecchio per darci una mano. I nostri fan sparsi per il mondo ci aiutano attivamente e siamo molto, molto fortunati ad avere un seguito di questo tipo.

Questo aspetto mi sembra molto importante anche dal punto di vista della libertà artistica. Nel senso che alcune importanti scelte nella vostra carriera sono nate dal crowdfunding, che vi ha dato la facoltà di cambiare la vostra musica di album in album, senza sottostare ai diktat dell’industria discografica…
Nonostante la fanbase esistesse da ben prima del mio ingresso nel progetto, non ci siamo davvero resi conto di quanto potessimo contare sul nostro pubblico fino al 1997, quando abbiamo avuto per la prima volta l'idea di finanziare un album con il crowdfunding. I fan americani hanno finanziato un'intera tournée per noi. E all’epoca nessuno aveva ancora mai fatto una cosa del genere, almeno non nel rock'n'roll.

È stato un esperimento?
Sicuro. E non sapevamo se i fan si sarebbero fidati di noi al punto da metterci dei soldi. Come hai sottolineato, è il sostegno dei fan che ci assicura la libertà di fare qualsiasi tipo di musica scegliamo da un album all'altro. Non siamo sotto pressione, non dobbiamo avere un singolo di successo o qualcosa per la radio. Quando scriviamo un album, cominciamo registrando delle improvvisazioni. Le cose che ci interessano di più in queste session sono gli incidenti, degli avvenimenti sonori imprevisti che piano piano si aggregano intorno a una nuova idea di disco. Ovviamente ci lavoriamo sopra e cerchiamo di assicurarci che il tutto sia della massima qualità possibile dal punto di vista della musica e dei testi, ma la scintilla iniziale nasce da piccoli incidenti, non è premeditata, non segue regole, non obbedisce alle mode.

A proposito, quando arriverà il prossimo album?
Quando sarà pronto. Speriamo prima della primavera del prossimo anno, si vedrà…

Avete iniziato a lavorarci?
Abbiamo già iniziato a improvvisare all'inizio di quest'anno, in Germania. Vedremo come si evolvono le cose.

Come sono i rapporti fra voi adesso?
Tra di noi andiamo molto d'accordo al momento. Abbiamo avuto alti e bassi. È un matrimonio di cinque persone, quindi c'è molto potenziale per farlo crescere e cambiare, sia in meglio sia in peggio. Ma attraversiamo un buon momento, sarà che siamo invecchiati e ci rispettiamo l'un l'altro. Sappiamo che tutti e cinque siamo fondamentalmente brave persone con una bussola morale solida e il desiderio di creare qualcosa di bello.

Che ricordo hai del "Marillion Weekend" a Padova della scorsa primavera?
Meraviglioso. Tantissima gente, sala splendida e pubblico meraviglioso. Decisamente una esperienza da ripetere!

Pensando a quello che a tutt’oggi è il vostro ultimo disco, “An Hour Before It's Dark”, mi viene in mente un pezzo in particolare, “Sierra Leone”, che è uno dei miei preferiti e che mi sembra in sé uno di quegli “incidenti” di cui parlavi prima…
Quando abbiamo finito “An Hour Before It's Dark”, l'unica canzone che non mi convinceva del tutto era “Sierra Leone”. Mi sembrava un po' la “cenerentola” dell'album, dunque, davvero, è incredibile la reazione che ha ricevuto. Sono in tanti a pensarla come te. Meglio così, direi. È una canzone piuttosto strana, sai, su un uomo che trova un diamante in una discarica. Un uomo povero che poi rifiuta di venderlo per principio, perché per la prima volta nella sua vita ha il controllo sul suo destino. Significava molto per me quando l'ho scritta, quindi è bello che sia stata così ben accolta.

C’è un momento che per te rappresenta un punto di svolta per quanto riguarda songwriting e vocalità? Quando hai realizzato che non eri più lo Steve Hogarth di “Holidays In Eden”, ma un cantante di ricerca interessato a esplorare le possibilità della voce come strumento?
Domanda interessante, grazie. Credo di avere una voce più spessa e più ampia rispetto a quella che avevo da giovane. Suppongo che a 67 anni la voce dovrebbe peggiorare, ma per fortuna, non mi sembra proprio sia così. Anzi, continua a migliorare. Se dovessi indicare un punto di svolta nella mia ricerca vocale, ti direi il mio primo album solista, “Ice Cream Genius”. Nel disco pezzi come “Cage” o “The Deep Water” necessitavano di una indagine personale sulla voce-strumento.

In “Ice Cream Genius eri affiancato da vari nomi dell’art-rock inglese, Steve Jansen e Richard Barbieri dei Japan, Dave Gregory degli Xtc, un disco ancora oggi attualissimo. Come è confluito quel percorso negli album in duo con Barbieri che si sono succeduti di lì a poco?
Ricordo che Richard mi inviò “Red Kite", che apriva il primo album in duo, come un brano strumentale. Cercai delle parole da cantare, ma nello stesso tempo anche qualcosa di più intimo, dei suoni che materializzassero visioni, un quadro, non solo un vocalist che cantava una canzone. Più Richard e io lavoravamo insieme, più esploravo la mia voce, cercando suoni nuovi e l’anima stessa di quei suoni.

E con i Marillion?
Direi “This Strange Engine”: è una canzone che devi quasi vivere. Non puoi semplicemente cantarla.

Come è stata l’esperienza con Trevor Horn?
Per tutta la mia vita ho ammirato le sue produzioni e i dischi che ha realizzato. Quindi, improvvisamente, avere qualcuno di quella statura al telefono, entusiasta di ciò che fai e desideroso di lavorare con te, è stata davvero una grande iniezione di fiducia.

Trentacinque anni dopo, ti riconosci nella definizione di progressive quando pensi alla musica dei Marillion?
La chiamerei “musica in progressione” piuttosto che musica progressiva. In progressione verso cosa non saprei dirtelo, ma questo è proprio il punto. Se sai dove stai andando, allora non stai davvero creando, stai fabbricando. Se non sai dove stai andando, allora stai creando.

(31/01/2024)

***

Una reincarnazione prog - Intervista a Steve Rothery

di Michele Bordi

In occasione dell'annuncio del suo primo disco solista e all'avvicinarsi delle date italiane con la band romana RanestRane, abbiamo contattato Steve Rothery, fondatore della storica band neo-progressive Marillion.
Ne è nata un'interessante chiacchierata tra maggiori dettagli sul suo prossimo lavoro e qualche sorprendente retroscena del passato.

Il tuo primo album solista, "The Ghosts Of Pripyat", uscirà il prossimo settembre. Sei sempre stato un chitarrista molto apprezzato, come mai abbiamo dovuto attendere così tanto tempo per averne uno?
L’idea di un album solista c’era intorno al 1985. Nel 1984 ebbi un’idea per un progetto rock che chiamai “Ravenscar”, come il luogo nella costa dello Yorkshire del Nord, fra Whitby (città natale di Steve Rothery, ndr) e Scarborough. Immagino che suoni molto metal, detta così.
Sia io che Fish incontrammo Hugh Stanley-Clarke, il nostro uomo alla A&R dell’epoca, riguardo alla possibilità di realizzare dei progetti solisti. Fish aveva un’idea per un’album chiamato “Ghost Rider” su di un uomo che provava a suicidarsi guidando contromano in un’autostrada.
Hugh mi diede il via libera e scartò l’idea di Fish. Dopo l’incontro Fish mi mise al muro e mi accusò di aver tenuto tutte le mie migliori idee per il mio progetto solista, il che era ridicolo, visto che scrissi la maggior parte delle idee musicali dietro Misplaced Childhood. Quella fu davvero la fine del mio rapporto personale con Fish e mi portò ad accantonare l’idea dell’album solista per molto tempo.
L’idea tornò durante le registrazioni di Brave al castello di Miles Copeland in Francia. Venni avvicinato dal tizio della A&R della nostra etichetta americana, IRS, il quale era davvero ansioso di farmi incidere un disco strumentale per la No Speak. Mi offrirono 20.000 sterline per realizzare l’album ma quello che avrei davvero voluto era scrivere ed incidere canzoni con una voce femminile. Questo mi portò ad investire il mio proprio denaro per registrare il primo album dei Wishing Tree.
Il primo passo verso la strada che ha portato a “Ghosts Of Pripyat” saltò fuori quando Ivan Linkv mi chiese di suonare in un festival chitarristico a Plovdiv, in Bulgaria. Quando ho riascoltato la registrazione del concerto mi resi conto che quella musica funzionava e sebbene inizialmente pensai di sviluppare le idee in canzoni, capii in seguito che ciò non era necessario.
Ho anche visto di recente i Camel eseguire “The Snow Goose” al Barbican di Londra, il che ha rafforzato ulteriormente la mia idea di realizzare un disco strumentale.

Sembra che esser stato invitato al festival di Plovdiv, lo scorso Ottobre, sia stata la scintilla decisiva per iniziare a lavorare a questo nuovo progetto. Cosa dovremmo aspettarci dal tuo album mentre ascoltiamo la registrazione del live di Plovdiv, in vendita nel tuo sito?
Le tracce dal vivo rappresentano le idee nel loro stato embrionale. Le ho sviluppate dopo il live aggiungendo sezioni e varie parti agli arrangiamenti. Sto anche arruolando altri musicisti per suonare i brani.

Confrontando il tuo modo abituale di scrivere musica con i Marillion a quello che segui autonomamente, che differenze rilevi? Ci sono vantaggi o cose che puoi dare alla tua musica solo nell’ultimo modo?
Il modo in cui queste composizioni nascono ha molto in comune a quello in cui i Marillion si approcciano quando ho una mia idea e loro cominciano a suonarla e farla crescere come canzone. In questi ultimi tempi i Marillion tendono a scrivere musica facendo delle jam-session, anche se hai comunque bisogno che qualcuno parta con un’idea per poter innescare il tutto.

Stai finanziando il tuo album grazie alla piattaforma di crowdfunding Kickstarter. Tra l’altro, sembra stia andando alla grande, visto che hai più che triplicato il budget minimo da raggiungere per realizzare il progetto. Ti aspettavi così tanto entusiasmo al riguardo?
Speravo che ci sarebbe stato dell’interessamento, ma tutto questo entusiasmo mi ha in effetti colto di sorpresa. Sembra abbia attratto tutti, anche al di fuori dei fan dei Marillion.

Riguardo al disco solista che ti propose la Emi, nel 1985, con il quale decidesti di non andare avanti, come pensi di essere cambiato come musicista dopo quasi trent’anni? Puoi immaginare le ipotetiche differenze tra ciò che stai realizzando ora e ciò che sarebbe potuto essere allora?
Penso di aver imparato molto negli ultimi trent’anni. I due dischi che ho fatto con i Wishing Tree hanno contribuito molto in ciò. Ottieni una consapevolezza tanto più profonda delle tue opere tanto più a lungo continui a crearne.

Penso che il crowdfunding sia una grande e rivoluzionaria idea, perché ti dà la possibilità di intraprendere qualunque progetto con il minimo rischio. Perché pensi ci sia ancora così poca diffusione tra gli artisti, anche tra coloro che non hanno molta visibilità con i media tradizionali?
Per far sì che il crowdfunding funzioni hai bisogno di una base di fan sufficientemente grande e di essere libero da vincoli contrattuali. Hai anche bisogno di lavorare duro e metterci del tuo per renderlo un vero successo. Forse in futuro prenderà più piede...

Tra l’altro, il crowdfunding sembra molto simile a ciò che i Marilion fecero nell’ormai lontano 2001 con il preordine di “AnorakNoPhobia”, per il quale voi chiedeste ai vostri fan di finanziare il vostro progetto ben un anno prima che fosse realizzato. Vi sentite dei pionieri di queste nuove evoluzioni del mercato?
I Marillion hanno una lunga esperienza al riguardo e sono riconosciuti a tutti gli effetti tra i suoi pionieri. Ad esempio, se vai nella versione inglese di Wikipedia ci troverai citati nella pagina sul crowdfunding - con tanto di fonte - su quando già nel 1997 i nostri fan americani pre-finanziarono il nostro tour nella loro nazione.
Ho pensato quindi che Kickstarter fosse per me la strada più logica da seguire per intraprendere questo progetto.

Qualche mese fa gli italiani RanestRane hanno pubblicato l’ottimo album “A Space Odissey: Monolith” nel quale c’è un cameo tuo e del tuo compagno di band, Steve Hogarth. E’ la prima volta che lavorate insieme per degli artisti del nostro Paese. Ci racconti di come è successo?
Tutto è cominciato quando venni invitato un paio di anni fa alla convention annuale del nostro fan club italiano, “The Web Italy”, dove suonai proprio insieme a loro. Davide Costa, il responsabile del fan club, mi chiese da parte loro se avessi voluto dare un contributo suonando qualcosa nel loro disco. E’ stato molto divertente e ha richiesto anche molto tempo per ottenere qualcosa che mi soddisfacesse in pieno.

Penso che il tuo contributo al loro progetto sia stato a dir poco superbo, seppur limitato a un paio di assoli. Ho come avuto l’impressione che ti abbia coinvolto in modo particolare e che ti abbia permesso di donarci qualcosa di diverso da ciò che hai realizzato negli ultimi tempi… sei d’accordo?
Lavorare su immagini e musica già scritta è una vera sfida. Ho dovuto immergermi completamente nella musica per trovare la chiave di ciò che volevo esprimere.

La “Steve Rothery Band” condividerà il palco con RanestRane nelle prossime date italiane (ed europee, come da pochi giorni è stato confermato, n.d.a.). Ci puoi svelare qualcosa su questi spettacoli? Possiamo aspettarci qualche sorpresa?
Saranno delle grandi serate di musica con due gruppi di musicisti eccezionali. Per il resto, posso dirti che suonerò qualche brano dei Marillion con dei cantanti ospiti nei bis.

Un’ultima domanda, sui Marillion: dopo il successo di “Sounds That Can’t Be Made” e del relativo tour, quali sono i vostri piani per il 2014? Ci sono speranze di vedervi in Italia quest’estate?
Temo di no, non quest’anno. Mi piacerebbe tornare per qualche data in Italia ma non è logisticamente possibile per il 2014.

Steve Rothery si esibirà con la sua band personale in Italia il 21 febbraio all'Xroads di Roma, il 22 febbraio al Forum 19 di Veruno (No) e il 23 febbraio al Cinema Teatro Virtus di Sommacampagna (Vr).
Ogni atto verrà aperto dal concerto dei RanestRane.

(Febbraio 2014)


Discografia

MARILLION
CD & LP
Script For A Jester's Tear (Emi, 1983)
Fugazi (Emi, 1984)
Misplaced Childhood (Emi, 1985)
Clutching At Straws (Emi, 1987)
Season's End (Emi, 1988)
Holidays In Eden (Emi, 1991)
Brave (Emi, 1994)
Afraid Of Sunlight (Emi, 1995)
This Strange Engine (Castle, 1997)
Radiation (Sanctuary, 1998)
Marillion.Com (Sanctuary, 1999)
Anoraknophobia (Intact, 2001)
Marbles (Intact, 2004)
Somewhere Else (Intact, 2007)
Happiness Is The Road (Intact, 2008)
Less Is More (Intact, 2008)
Sounds That Can't Be Made (EarMusic, 2012)
F.E.A.R. (Fuck Everyone And Run) (EarMusic, 2016)
With Friends from the Orchestra (EarMusic, 2019)
An Hour Before It's Dark (EarMusic, 2022)
EP
Marquet Square Heroes (Emi, 1982)
LIVE
The Thieving Magpie (Emi, 1988)
Made Again (Emi, 1996)
Anorak In The Uk(Emi, 2002)
All One Tonight - Live at the Royal Albert Hall (EarMusic, 2018)
VIDEO
Recital Of The Script (Emi, 1983)
Live From Loreley (Emi, 1987)
From Stoke Row To Ipanema(Emi, 1990)
Brave, The Movie(Emi, 1995)
The Emi Singles Collection(Emi, 2002)
Live From Cadogan Hall(Edel, 2011)
Brave Live 2013 (Racket Records, 2013)
ANTOLOGIE
Real To Reel (Emi, 1984)
Brief Encounter (Capitol, 1986)
B-Sides Themselves (Emi, 1988)
The Best Of Both Worlds (Emi, 1997)
STEVE HOGARTH
Live Spirit: Live Body (live, 2002)
Ice Cream Genius (1997)
Natural Selection (live, 2010)
Not The Weapon But The Hand (con Richard Barbieri, 2012)
Arc Light (Ep, con Richard Barbieri, 2013)
Live at the 100th Club (live, 2014)
St John the Evangelist, Oxford 18 October 2014 (live, 2014)
Colours Not Found in Nature (con gli Isildurs Bane, 2017)
Friends, Romans (live, con i RanestRane, 2017)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Script For A Jester's Tear
(live nel Recital Of The Script, da Script For A Jester's Tear, 1983)

Jigsaw
(live a Zurigo, Svizzera, da Fugazi, 1984)

Kayleigh
(videoclip, da Misplaced Childhood, 1985)

 

Lavender
(videoclip, da Misplaced Childhood, 1985)

Sugar Mice
(videoclip, da Clutching At Straws, 1987)

The Space
(gig live, da Season's End, 1988)

No One Can
(videoclip, da Holidays In Eden, 1990)

Brave
(l
ive al Marillion Weekend, Minehead, Inghilterra, 13 marzo 2005, da Brave, 1994)

Afraid Of Sunlight
(live al MCM Cafe, 1999, da Afraid Of Sunlight, 1995)

Estonia
(live a Londra, Inghilterra, da This Strange Engine, 1997)

Interior Lulu
(live, da Marillion.com, 1999)

When I Meet God
(live, da AnorakNoPhobia, 2001)

Neverland
(live, da Marbles, 2004)

You're Gone
(videoclip, da Marbles, 2004)

Somewhere Else
(live, da Somewhere Else, 2007)

Happiness Is The Road
(trailer dell'album Happiness Is The Road, 2008)

Sounds That Can't Be Made
(trailer dell'album Sounds That Can't Be Made, 2012)

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