Stai a vedere che aveva ragione il buon vecchio Wiseman: a volte basta chiedere. Un paio di coordinate: Sonic Belligeranza e Megadue, entità discografico-espositive coabitanti in una vetrina di 6 mq in via Mascarella, hanno messo in piedi una "antologica sonora" dedicata al pioniere (di tante cose che non staremo a elencare) Maurizio Bianchi, gloria nazionale e culto mondiale. Da luglio a settembre, un disco al giorno in orario aperitivo, propagato sotto i portici di un centro nevralgico della movida bolognese, tra la curiosità dei passanti e lo sconcerto del vicinato. "E se a fine retrospettiva lo invitassimo per un talk?". Invitare lui, che non ha mai tenuto un concerto in 45 anni di carriera, che ha concesso pochissime interviste e mai in pubblico, che se ne sta tanto bene per i fatti suoi, portando avanti un tenace quanto elusivo percorso di ricerca? Provarci non costa nulla: d'altronde con il cordiale Maurizio si è da anni in contatto epistolare, i rapporti sono ottimi e nel nostro piccolo tempio ospitiamo un assortimento da guinness della sua sconfinata discografia. Il tempo di architettare i dettagli del caso, e il gioco è fatto. Chiedi e ti sarà dato, predicava l'apostolo. Alla sottoscritta l'arduo compito di moderare un incontro dai contorni messianici, davanti a una folla incredula accorsa da mezza Europa.
Partirei proprio dallo spazio in cui ci troviamo: sull'insegna campeggia un panda perché ci consideriamo un "WWF dei formati in via d'estinzione". Una causa per la quale ti sei prodigato sin dagli albori di una carriera a colpi di edizioni limitate, uscite rilasciate in più versioni e bizzarri cofanetti: cosa rappresenta per te il formato fisico e l'inevitabile feticismo che lo accompagna?
È la base. Ho sempre fruito della musica attraverso formati fisici: prima la radio, poi la televisione, poi cassette e vinili. Un principio che mi è rimasto nel Dna e a cui sono ancora fedele. Spesso mi hanno proposto uscite solo digitali, ma sono casi molto rari se paragonati alla mia vasta discografia. In ogni caso, mi sto adoperando per ristampare in formato fisico anche quelle, con l'aiuto di un giapponese che si è detto interessato.
La prolificità che ti contraddistingue è un tratto saliente di molta musica industriale, vuoi per mimare la progressione degli ingranaggi, vuoi per inceppare un'altra industria, ovvero quella discografica: saturare il mercato per farsi beffe dell'enfasi mercificante posta sulle singole uscite. Cosa ti porta a essere così compulsivo?
Faccio una premessa: è vero che ho tratto spunto da artisti della scena inglese come Throbbing Gristle, Whitehouse e Nocturnal Emissions, ma mi sono serviti solo come input iniziali. La mia musica non si può definire strettamente di genere industriale, perché è molto eclettica e abbraccia vari generi, se prendi anche solo i dischi dal 1980 all''84 puoi notare un certo grado evolutivo. Detto ciò, è proprio un modo per andare controcorrente rispetto all'industria del disco, in cui l'artista firma il contratto, dopo otto-nove mesi fa la sua prima uscita e via dicendo. Per me tutto questo iter è inutile: quando un musicista sente il bisogno di far ascoltare una sua creazione deve farla uscire e basta. In alcuni periodi mi sono sentito più prolifico, in altri meno, e questo è dipeso proprio dall'aver assecondato il mio flusso creativo, senza seguire schemi e cliché.
Sempre riguardo alla tua sterminata discografia, un aspetto che ho sempre rispettato sono queste pause annunciate in maniera ufficiale, quasi solenne. Ci vedo da un lato un prendere sul serio la tua missione artistica, dall'altro un profondo affetto per i tuoi estimatori.
Sì, ci sono stati dei momenti in cui mi sono detto "adesso mi fermo qui e mi dedico alle ristampe o a qualcos'altro", forse perché vedevo in quegli annunci la fine di un determinato ciclo operativo. La fine di un periodo, ma non della mia attività, che sarebbe proceduta evolvendosi. Sono state delle tappe lungo il mio cammino artistico che mi hanno imposto di fare questi annunci, ma in realtà non ho mai smesso di fare musica, anche in quei 13 lunghi anni di assenza mi era chiaro che ci fosse un embrione latente che prima o poi si sarebbe sviluppato, cosa difatti avvenuta nel '97.
Una delle ragioni che ti ha permesso di mantenere dei ritmi creativi così intensi è la dimensione appartata che hai sempre prediletto, al netto delle collaborazioni che di tanto in tanto ti sei concesso. La creazione solitaria è d'altronde un processo determinante nella composizione colta e d'avanguardia: quanto è importante per te?
È molto importante: un discorso intimista ti permette di estrarre da te stesso l'essenza di ciò che cerchi. È vero che puoi tentare una fusione con un altro artista per creare una simbiosi, magari anche valida, ma al di là di questo la tua identità rimane inalterata. Trasporre in musica questo isolazionismo interiore dimostra una certa indipendenza, e allo stesso tempo chi ne fruisce ha modo di capire il tuo lato nascosto, che va oltre le note e le modulazioni. Si arriva a un tutt'uno con l’ascoltatore ed è uno dei motivi per cui non ho mai tenuto concerti: il vero live è quello dell'ascoltatore nella sua stanza con il suo io, facendo sua quell'esperienza e fondendosi con l'artista che sta esprimendo le sue emozioni. "Live" vuol dire "vivere" e ogni volta che ascolti un mio lavoro stai vivendo quel momento con me.
Un altro elemento cardine della tua poetica è il rumore. Senza addentrarci in discorsi oziosi su cosa esso sia (direi di prendere per buona la nozione di "intenzione musicale" formulata da Cage), sposterei l'attenzione su una voce levatasi da più parti: il rumorismo ha fatto il suo tempo ed è ormai incapace di portare avanti un discorso eversivo. Eppure, basta diffonderlo di soppiatto sotto un portico per suscitare reazioni di vario tipo tra gli ignari passanti... Uno dei modi per ridare significato al rumore può essere proprio quello di calarlo nella realtà. Secondo te, ci sono ancora margini per una destabilizzazione rumorosa?
Sì, certo. Viviamo immersi nel rumore, sin da quando veniamo concepiti. Da parte mia, il rumore ho iniziato a percepirlo molto quando sono venuto ad abitare a Milano: per me è stato scioccante passare da un ambiente rurale, in cui il massimo del rumore era quello dei trattori, a un contesto urbano. All'inizio la mia idea era di andare contro al rumore, poi però ho iniziato a riprodurre l'ambiente sonoro che avevo intorno per combatterlo, in una specie di processo omeopatico. Se ci sia riuscito o meno, lo lascio dire agli altri, di sicuro la mia ricerca continua, perché non sono mai soddisfatto dei risultati. Il rumore mi sta aiutando tuttora, anche se lo produco con altre forme rispetto agli esordi, si è evoluto anche quello.
Hai citato Milano: com'era all’epoca e come l'hai vista cambiare?
Vi svelo una cosa che non ho mai detto a nessuno: il mio percorso creativo in realtà non è nato a Milano, bensì sul Lago di Garda. Nell'estate del '79 ero andato per una breve vacanza solitaria a Desenzano, dove avevo preso una stanza sotterranea e senza acqua corrente in una strana pensione. Chiuso nella mia cameretta in quella sera di agosto, feci questa riflessione: "Io sono consapevole della mia esistenza, ma gli alltri lo sanno che esisto?". Quando tornai a Milano decisi di dare una scossa alla mia vita, e lo feci con il mio giradischi, i miei vinili e il mio registratore. Tutto però partì da quella vacanza: a volte le cose nascono nel modo più inaspettato...
Che dire, un aneddoto a 24 carati. All'epoca avevi la consapevolezza di essere un pioniere?
No, assolutamente. La consideravo una cosa a uso personale, da condividere al massimo con qualche estimatore. Non mi vedevo come un iniziatore e non avrei mai immaginato di poter avere così tanta influenza sul cuore e la mente di molte persone. Questa sera davanti a me ce n'è una splendida rapprentanza, vi ringrazio della vostra presenza che dimostra affetto e dedizione al mio percorso artistico e umano: dimostra che il semino piantato ormai 45 anni fa ha fatto fiorire le sue pianticelle... Ve ne sono grato dal profondo del cuore.
Una parola che ricorre nella tua discografia è "technology". Le "macchine", con le loro infinite potenzialità, rivestono un ruolo importante in una musica come la tua: qual è stato e qual è il tuo rapporto con la tecnologia?
Mi sono appassionato alla tecnologia quando ho acquistato il mio primo equipaggiamento, dopo essermi inizialmente dedicato alle composizioni tramite giradischi e cassette. Mi è servita molto soprattutto per quanto riguarda le sovraincisioni, essendo un solista...
Questo carattere stratificato e "denso" è proprio uno dei perni del tuo stile...
Hai detto bene: non volevo lasciare spazio al silenzio, riempiendo ogni minima traccia di suono. La "densità" di cui parli è rimasta anche nei lavori più rarefatti e dilatati.
Che effetto ti ha fatto vedere un tuo lavoro in quella classifica?… (ifamigerati "100 migliori album italiani secondo Rolling Stone", ndr).
Al novantanovesimo posto... prima di Venditti! Pensa che proprio Venditti era un mio cliente abituale quando lavoravo in albergo, anche se non sapeva che componevo... Sinceramente, ancora oggi non so cosa dire, pensavo fosse uno scherzo...
Concordi con la scelta o avresti optato per un altro titolo?
Per me uno o l'altro non fa differenza: considero tutti i miei lavori sullo stesso piano, anche quelli meno famosi. Sono tutti frutto della mia interiorità e spiritualità. Poteva esserci qualsiasi titolo, per quanto mi riguarda anche "Triumph Of The Will"...
Ecco, questa non me l'aspettavo.
Così mettiamo a tacere certe polemiche… (la questione a cui si fa riferimento è ben nota agli addetti ai lavori, rimandiamo chi ne fosse all'oscuro ad approfondirla altrove, ndr).
A proposito di riviste, l'aver scritto per diverso tempo sulla musica degli altri ti ha aiutato a capire meglio cosa volessi fare tu?
Vero, è stato uno spunto creativo anche quello. Scrivendo sugli altri mi sono messo nei loro panni e ho sviluppato il desiderio che un giorno qualcuno scrivesse su di me... Una volta feci uno scherzo a Il Mucchio Selvaggio: inviai la recensione di un mio disco per vedere se me l'avrebbero pubblicata... cosa che ovviamente non fecero!
C'è una dimensione molto artigianale in quello che fai, penso alle copie personalizzate o alla cura per gli artwork. Ogni passaggio della tua discografia è parte di un corpus-organismo da cui non può essere estrapolato, ma ognuno è cesellato per essere unico...
Sì, come se fosse una galleria con tanti quadri esposti, ognuno con la sua storia e in copia unica.
E certo non lo fai per ragioni commerciali, creando tante piccole reliquie da rivendere...
No, assolutamente. Avrei scelto un'altra carriera se avessi voluto fare qualcosa di commerciale... D'altronde, se ci pensi, l'artigianato è anche una forma di dilettantismo. L'unica spinta che mi ha sempre mosso è stato il desidero di condividere qualcosa con gli altri, lasciando una traccia edificante in chi ne fruisce.
Dirò di più: molti tuoi colleghi amano trincerarsi nell'oscurità, schivando accuratamente i riflettori. La differenza, mi sembra, è che per te sia uno stato di cose ineludibile, laddove per altri sia una strategia finalizzata a vendere il proprio personaggio...
È vero, molti lo fanno solo per creare un circuito di adepti per il proprio tornaconto: più sono oscuri, occulti e nell'ombra più creano aspettative in chi vuole carpire i loro segreti. Nel mio caso vale l'esatto opposto: non mi isolo per creare un culto e incrementare le vendite, rispecchia solo la mia indole intimista e "lunare"... Se qualcuno vuole leggerci la volontà di creare un alone mitico, è libero di pensarlo, né voglio criticare gli artisti che scelgono quella via, ma il mio scopo non è mai stato questo. Dietro tutte le sette si nasconde uno scopo lucrativo...
Difatti non hai indugiato in un immaginario morboso che ha mostrato presto la corda, che molti si ostinano a riproporre mentre tu te ne sei distaccato del tutto. E anche quando te ne sei nutrito, certo non l'hai fatto con compiacimento.
Sì, infatti ho preferito abbandonare le scene e tornare rinnovato piuttosto che andar giù lungo quella china abbastanza pericolosa, specie intorno al 1983/'84. Se non fosse intervenuta la fede, forse non sarei qui a parlare con voi. Amplificare certe caratteristiche che ti porti dietro può trascinarti nel baratro e ci vuole un intervento radicale per salvarsi prima che sia troppo tardi.
(Foto di Walter Rovere)
DISCOGRAFIA SELEZIONATA | ||
SACHER-PELZ | ||
Cainus (MC, 1979) | ||
LEIBSTANDARTE SS MB | ||
Triumph Of The Will (Come Org, 1981) | ||
MAURIZIO BIANCHI/MB | ||
Symphony For A Genocide (Sterile, 1981) | ||
Mectpyo Bakterium (DYS, 1982) | ||
The Plain Truth (Broken Flag, 1983) | ||
Colori (EEs'T Records, 1998) | ||