Throbbing Gristle

Throbbing Gristle

Trans-Umanesimo industriale

L’indagine sul rumore industriale, la fascinazione post-bellica, la violazione della Natura come modus operandi, l’estetica del clangore urbano, il senso filosofico del trash, la morte di una identità sessuale per la ri-nascita artificiale: la storia dei Throbbing Gristle, dalla cavità più dismessa del post-punk alla celebrazione gloriosa del trentesimo anno di vita con "Part Two - The Endless Not".
Appendice: intervista al critico Vittore Baroni sui Throbbing Gristle

di Mimma Schirosi, Martino Lorusso

All’alba, dopo aver guidato tutta la notte, arrivarono alla periferia dell’Inferno. Le fiammate incerte che venivano dagli impianti petrolchimici illuminavano i ciottoli bagnati. Là nessuno sarebbe venuto loro incontro.
(J.G. Ballard, "La mostra delle atrocità")


In preda a un lancinante dolore psichico, arranchiamo verso un auto-perfezionamento difficilmente realizzabile, sfidando le leggi dell’umanesimo e della natura.
Potremmo essere congegni meccanici, ridotti ad apparati tenuti insieme dall’unità corporea, aggrappati a un’illusoria metamorfosi spazio-temporale del nostro Io. Un Io reduce dal combattere i suoi stessi incubi futuristici, in fuga da ogni costrizione storico-sociale, prostrato dal tramonto di ogni Occidente, sventrato dell’incanto amniotico.
Cosa resta da fare? Potremmo sciorinare i nostri rosari dinanzi a un pontefice austero, confidando nel perdono e nella salvezza eterna in pseudo-paradisi intrisi di buoni propositi, oppure bagnarci nello Stige del cattivo pensiero, ma anche fluttuare, ignavi, su di uno statico Nulla quotidiano, o forse sublimare i nostri egotismi in demagogiche missioni... Le possibilità sono molteplici, l’evoluzione ne rende sempre più denso il ventaglio. E in questo ventaglio, un’altra, folle opzione: penetrare nelle maglie del sistema e lasciarsene attraversare, recandone i segni permanenti, divenendo, così, cavie di se stessi e coraggiosi cultori di un mondo altro, sfuggente, nella sua più pericolosa radioattività individuale e sociale, ai più.

Coum Transmissions o estetica della delusione

1969. Hull. Inghilterra.
Nessuna pretesa di vacua bellezza, nessuna volontà di solcare i limiti di qualsivoglia armonia, nessuna adesione a una setta pre-esistente, solo una fiducia cieca nel potenziale bellico della decadenza post-moderna. Genesis P. Orridge, al secolo studente di nome Neil Andrew Megson, raccoglie, insieme a questa più o meno esplicita dichiarazione di intenti, un collettivo di compagni di studi intorno al progetto Coum Transmissions, inizialmente animato dalla volontà di mettere insieme cocci di distruzione per creare un progetto musicale unito a una consistente tendenza performativa. Una "non musica", capace di attualizzarsi anche nella follia provocatoria di un concerto senza strumenti.
La performance tocca l’apice quando, nel 1971, al Coum Transmissions si avvicina Christine Carol Newby, ribattezzata da Genesis prima Cosmosis e, in seguito, Cosey Fanni Tutti, dalla bellezza oscura e statuaria, segnata da un’introspezione in-umana, capace di leggere tra le righe di un destino collettivo inebriato e imbambolato dalla sua stessa civiltà.
A partire da quella data, le esibizioni del Coum diventano delle performance totalizzanti, fondate sull’idea di un’arte che neghi i suoi stessi dogmi e, al contrario, ne rompa la forza mistificatrice, con uno spirito anti-establishment, con l’idea di fondare una formula bastante a sé, libera da ogni cliché e opportunistica adesione a un qualche manifesto già scritto. Un’arte finalizzata a garantire la più costruttiva delle delusioni, quella per cui il pubblico venga messo dinanzi alla propria, terrestre miseria, per prenderne coscienza e agire di conseguenza.
Una non arte propagandata da Genesis attraverso segnali di improbabile auto-celebrazione, con la fondazione di pseudo-movimenti degeneri come L’école de l’Art Infantile e il Ministero della Antisocial Security. Uno spirito assolutamente fuori dai tempi, legato a una forma di avanguardia apparentemente troppo cerebrale per non esser scambiata per pura pazzia, ma ben colta da, unica voce fuori dal coro, John Peel, che, già nel 1971, riusciva a leggerne il potenziale futuro dichiarando che quella stessa, apparente follia dei Coum Transmissions poteva fungere, paradossalmente, come panacea contro l’invisibile pericolosità di tutto un genere umano incosciente.

Il 1973 segna il giro di boa verso l’affrancamento totale da qualsiasi accostamento indesiderato a un qualche movimento artistico, persino allo stesso Fluxus, sempre più vicino all’Azionismo Viennese, da cui, forzatamente invischiati, Genesis e Cosey decidono di allontanarsi, procedendo, invece, verso una produzione che, da provocatoria, diviene sempre più ambigua, oscura, deflagrante.
I due si trasferiscono a Londra, affittando uno studio a Martello Street , presto ribattezzato Death Factory, per via della vicinanza a una vecchia fabbrica dismessa.
La liberazione dai vincoli dell’arte può, finalmente, condurre alla più spinta forma di sperimentazione, forte della nuova esperienza parallela di Cosey come modella e attrice porno, attività assolutamente complementare alle performance sul palco, perfettamente testimoniata da "Coming Of Age", lavoro del 1974, nato dalla collaborazione con il grafico e fotografo Sleazy, al secolo Peter Christopherson, intrigato dagli aspetti più trash del sesso. Ed effettivamente, da quel momento in poi, le performance iniziano ad assumere una morfologia fortemente sessuata, in cui il corpo diviene terreno fertile di ogni sorta di inconfessabile perversione: rapporti sessuali, automutilazioni, secrezioni di ogni specie, agiti dal e sul corpo degli stessi performer, utilizzando un sottofondo di messaggi subliminali recitati dalla voce di Charles Manson.
Un occhio veloce, miope e indignato bolla tutto come lercia pornografia e depravazione, ma certa critica nota che quei corpi volutamente esibiti, nei propri aspetti più bassamente umani, simulano, al contrario, quello che un’intera civiltà demonizza per l’incapacità di confessarselo, coibentando tale scottante debolezza con l’angustia di una rigida morale, malata di tabù e strozzata da un indicibile senso di morte interiore.
Il percorso dei Coum, superato coscientemente il limite di tollerabilità del vero, circa la natura umana, diviene, in questo modo, propedeutico all’esplorazione futura dei Throbbing Gristle.

Throbbing Gristle o della pulsazione nucleare

Throbbing Gristle - Genesis P. OrridgeNel momento in cui la performance spinta all’esasperazione inizia a essere terreno fertile per una sorta di speculazione pseudo-artistoide, Genesis e Cosey decidono di rimescolare il tutto utilizzando un canale espressivo realmente funzionale all’impossibilità di qualsivoglia etichettamento imposto dall’esterno, arrivando così, a fondare, con Peter "Sleazy" Christopherson e Chris Carter, appassionato di tecnologie e tecniche di registrazione e capace di costruire da solo dei sintetizzatori, i Throbbing Gristle, nati ufficialmente nel settembre 1975.
Il nome, letteralmente traducibile con l’espressione "cartilagine pulsante", ma volgarmente utilizzato per indicare una fulminea erezione, contribuisce a porre l’accento sulla fisicità più fragile e, al contempo, viva.
Il debutto avviene nel luglio successivo, presso l’Air Gallery di Londra, con un concerto che viene annunciato dalla dicitura "Music From Death Factory", descritto come rumore direttamente derivante da uno scenario di imminente apocalisse, segnato dalla distruzione urbana e dalla dispersione umana, alcune delle cifre fondamentali di quello che sarà il meta-suono di marchio Throbbing Gristle. E di lì a poco, con un ultimo atto di empietà, viene calato il sipario anche sull’esperienza Coum Transmissions, testimoniata dalla mostra "Pronstitution", presso l’ICA di Londra, una sorta di abuso e sfruttamento dell’industria pornografica da parte di Cosey, modella e attrice porno per scelta culturale, al fine di indagare dall’interno le maglie di un tessuto nutrito, paradossalmente, dalla morale di facciata con cui coibentare certo timore reverenziale dei più bassi istinti umani.
La mostra chiude dopo una settimana, con grande indignazione del Parlamento inglese, delle femministe, dello stesso circuito porno, e a Cosey, rea d’aver strumentalizzato l’industria del sesso e offeso la dignità femminile, viene definitivamente sbarrato l’accesso al mercato dell’erotismo.

A tal proposito, si potrebbe osservare che un altro tassello della missione destabilizzante sia stato perfettamente inserito: ai Throbbing Gristle non interessa piacere, né ricavar denaro, né creare una nuova tendenza culturale. Il fine è ben lungi da una qualsiasi di queste motivazioni, consistendo, invece, nella liberazione dall’oscurantismo morale e culturale auto-imposto e/o imposto dall’alto, attraverso i parlamenti, le chiese, i mass media, i finti messia, i nuovi guaritori, l’ubriaca civiltà. Il fine è l’estirpare la ridondanza con cui si cela il crollo delle umane società, mostrandone i segni più evidenti: lo squallore dell’urbanizzazione, il rumore assordante e metallico della città con le sue fabbriche, la desolazione che resta dopo il crollo di ogni fantascientifico, paradossalmente fantascientifico, pseudo-fondamento o pilastro di sabbia.
E l’uomo viene interpretato come un essere quanto mai transeunte, soggetto all’instabilità e al costante mutamento, da cui non potersi mai aspettare nulla di certo, essenza fragile e cangiante, come testimonia la stessa carriera del gruppo, caratterizzata anzitutto dalla scelta di variare nella forma l’esecuzione di uno stesso pezzo, durante i vari live e nelle uscite discografiche, e poi la sterminata pletora di registrazioni non ufficiali, realizzate in location e situazioni non sempre rintracciabili o riconoscibili.

Ciò che avviene tra Coum Transmissions e Throbbing Gristle è una sorta di innesto naturale, che parte, nel 1977, dallo sdoppiarsi in due entità cooperanti alla realizzazione del film "After Cease To Exist", interpretato dai Coum con la colonna sonora dei Throbbing Gristle, che, nel frattempo, avevano raccolto le prime registrazioni realizzate con Peter Christopherson e Chris Carter, su "The Best Of Throbbing Gristle Vol.I" e "The Best Of Throbbing Gristle Vol II", registrazioni su nastro parzialmente recuperate sul vinile uscito nel 2001 The First Annual Report Of Throbbing Gristle, uscito per la Get Back, all’interno del quale si iniziano a intuire gli embrioni della cellula amorfa Throbbing Gristle, dal rumore di futuristico martello pneumatico, rotto dalla voce narrante e marziale di Genesis ("Very Friendly"), alla cerimonia metallicamente funebre di "Scars of E.", passando attraverso l’apocalisse confusa, rotta da voci tratte da radio e tv, di "Whorle Of Sound" e la chitarra ossessivamente scordata e distorta di "Final Musak".
La testimonianza video "After Cease To Exist" raccoglie le esibizioni live dei Throbbing Gristle risalenti al 1976, mutuando il nome da una canzone di Charles Manson utilizzata anche nella Gary Gilmore Society, fondata da Genesis, Cosey e Monte Cazazza in onore dell’assassino americano Gary Gilmore, noto per via delle sue continue richieste d’esser giustiziato.

Quello che si sviluppa in The Second Annual Report, uscito ufficialmente nel settembre del 1977, è un discorso decadente, destinato alla post-distruzione, annunciata da un aereo da guerra a sempre più bassa quota ("Industrial Introduction"), e virato in destinazioni tra di loro uguali e contrarie, con la ripetizione monotona, ma in un caso più curata ("Slag Baith Live At Southampton), nell’altra più drammatica ("Slug Bait Live At Ica), di uno stesso concetto. E questa tendenza al polimorfismo di una stessa traccia, esibita sotto le più umorali e discordanti vesti, resterà, già da questo primo album, una tendenza costante, nella produzione della band.
Nelle quattro diverse versioni di "Maggot Death", questo viene confermato dalla diversa intensità delle stesse, con un certo protagonismo del sintetizzatore sulla voce di Genesis, nella versione live at Ica, un suono più pulito e visitato dalle incursioni di Cosey, uno spleen cibernetico a fare da colonna sonora allo sfacelo a Southampton, e una reale improvvisazione, con insulto sparso, nella freakedelia di Brighton.

Subito dopo il lungo momento di passaggio tra l’happening dei Coum Tramissions, incontro di ammutolita coscienza del disastro, di cui resta solo industriale rumore di aerei, catene di montaggio, sirene spiegate, e il concerto dei Throbbing Gristle, dove le linee melodiche lasciano il passo agli input più sintetici ("After Cease To Exist"), il singolo uscito subito dopo The Second Annual Report, con sul lato A il sabba degli zombie bionici ("Zyclon B Zombie"), e sul lato B l’unica traccia che somigli a una lacerante, ossessiva, aliena forma-canzone ("United").

Il giocare con un immaginario mutevole e aperto alle molteplici suggestioni generate dall’estemporaneità degli stati d’animo, se, nel primo album, era minimizzato da una copertina immacolata, segnata solo dal titolo e dal nome della band, nella seconda prova del 1978, D.o.A The Third And Final Report, assume le sembianze di una bambina quasi segregata in una camera di giochi, con, alla stregua di distante immagine subliminale, un riflesso su uno specchio di un’altra infante in posa ambigua e morbosa.
Alle prime mille copie dell’album, viene allegato il poster di Kama Brandyk, la stessa bambina ritratta in copertina, come alludendo all’inconscia, eppur invitante pedofilia nascosta nel potenziale ascoltatore, una provocazione forse incoraggiata dallo strano interesse suscitato nel pubblico con The Second Annual Report, inaspettatamente esaurito nel giro di pochi mesi dall’uscita.
Rispetto al debutto, D.o.A appare un album vero e proprio, realizzato per assecondare una tendenza che, da performativa, si affina gradualmente verso la ricerca sonora. Una ricerca che inizia ad assumere un’identità sempre meglio cogitata, caratterizzata dalla sperimentazione più improbabile persino del rifiuto che, con l’utilizzo di un computer tape gettato in un secchio fuori dagli uffici dell’Ibm, diviene la traccia di apertura del disco ("Ibm").
"United", dalla catatonica versione presente in The Second Annual Report, viene compressa in sedici secondi di nastro in avanzamento veloce, mentre quella in "Dead On Arrival" si staglia come la prima di una lunga serie di danze industrial, algida, nevrotica e arricchita dal nuovo genere di sintetizzatore costruito da Carter, il Gristleizer, capace di riprodurre, contemporaneamente, tutti gli strumenti utilizzati dal gruppo. Abbondante ed eterogeneo appare anche l’utilizzo dei field recordings, che, se in "Valley Of The Shadow Of Death" sono i tentativi di adescamento di giovani da parte dell’erotomane Christopherson, in "Weeping", uniti alla voce dolente di Genesis, assumono nuova morfologia di industrial-avant-folk, anticipatore di tanta attuale tendenza alla manipolazione digitale più stralunata.
Non mancano gli episodi di delirante estasi sintetica, dalle urla lancinanti di "Hit By A Rock", agli spasmi visionari di "Blood On The Floor", passando attraverso la folle ma impressionante campionatura di Kraftwerk e ABBA, chiodi fissi di Carter, in "AB_7A", alle speculazioni scientifiche, su diversi canali radio, di "E Coli", all’apparente innocenza di voci infantili impegnate nei propri giochi, costruita da Cosey attorno a spirali sonore inquietanti e marziali, sino allo stupro dei padiglioni uditivi operato con inaudita e magistrale ferocia in "Walls Of Sound".
In chiusura, i due singoli usciti immediatamente dopo, per la francese Sordide Sentimental, nel 1979: quella che, da monotona diviene ipnotizzante suite per industria metalmeccanica "Five Knockle Shuffle", perfettamente contestualizzata dal variare di tono della voce di Genesis, sino all’isteria grezza e brutale di una traccia del 1976, contenuta anche in "The Best Of Throbbing Gristle Vol. II", nella dichiarazione di acerba misoginia intitolata "We Hate You (Little Girls)".

Throbbing Gristle - Cosey Fanni TuttiProprio quando il (non) suono dei Throbbing Gristle sta per diventare un marchio di fabbrica, ça va sans dire, il gene mutageno reagisce allo stimolo esterno della catalogazione/inscatolamento, rafforzando il potenziale eversivo del collettivo. La sua attivazione si palesa in 20 Jazz Funk Greats, titolo rassicurante nella sua ordinarietà almeno quanto la cover, che ritrae i nostri in abiti comuni e sguardo sorridente, tra i verdi prati sovrastanti una scogliera a picco sul mare. In maniera del tutto speculare, la musica contenuta nell’album pare rinunciare al caos delle precedenti incisioni per spostare l’accento sulla struttura, confrontarsi con forme più tradizionali, ritmicamente regolari e sonorità meno scabre: un tentativo di normalizzazione, diremmo oggi. Il colpo basso all’industrial people, affamato di nuovi stordenti clangori, si rivela, a un esame più attento, l’ennesimo atto destabilizzante, destinato a confondere le acque e "garantire la delusione" delle aspettative, come da programma. Mostra, in particolare, nuove possibilità di sviluppo di una musica geneticamente disposta a una rapida implosione, a svilire la sua spinta innovativa nel cliché della gratuita provocazione.
E’ in questo habitus di vibrante vitalità che risiede la grandezza dei Throbbing Gristle, perfettamente calzante al corpo di 20 Jazz Funk Greats. Ogni particolare gioca a favore del dinamismo, della sorpresa, dell’imprevedibilità, a partire dall’alternanza tra ritmo e stasi, ripetuta per buona parte del disco. La title track, con le sue esplorazioni eno/hasselliane di synth e cornetta effettata su base slo-funky, sfila nel greve oscillare ambient di "Beachy Head", il luogo ritratto in copertina, che scopriremo essere meta prescelta da numerosi suicidi: è l’ambiguità del messaggio che genera disagio.
Sulla stessa linea di marea si muovono "Tanith" ed "Exotica", industrial da camera per strumenti trattati e loop di rumori, carezzate nei registri acuti dal vibrafono di Gen. I pattern ritmici programmati al sequencer da Sleazy definiscono un altro tratto distintivo nella cifra del gruppo, creando brani archetipici dell’industrial come "Still Walking" e "Walk A Day", mantra scanditi da un drumming roteante/pulsante che trascina voci, suoni, rumori in una centrifuga dell’alienazione, trasposizioni moderne della "Sister Ray" di velvettiana memoria. E’ la serialità della produzione (compresa quella discografica) portata al parossismo dell’ossessività, lo sfilacciamento/decomposizione e ricomposizione dell’informazione viziata da infinite mediazioni e restituita/percepita in modo distorto.
"Persuasion" e "Convincing People" affrontano con lucidità tematiche psicologiche tuttora attuali, relative alla capacità di persuasione dell’individuo, e alle tecniche mediatiche finalizzate al controllo e alla creazione del consenso: "There's never a way/ and there's never a day/ to convince people/ there's several ways/ there's several days/ we don't want to convince people/ let me tell you/ I'll tell you what I want you to do/ it's no way, no way, no way/ to convince people".
Ricerca sonora e attenzione per i contenuti non elidono il fattore "pop" dei Throbbing Gristle, che, elevato all’esponente della loro sensibilità, restituisce una meraviglia di electro mutante come "Hot On The Heels Of Love", il sussurro lascivo di Cosey Fanni Tutti su sbrilluccichii sintetici a ipotizzare danze postmoderne e futuribili scenari sonori per il gruppo, o una "Walkabout" che omaggia apertamente i Kraftwerk.
L’angelo nero velvettiano, rievocato in "Six Six Sixties", cala il sipario di morte sul disco dei Throbbing Gristle che preferiamo, fatta salva l’importanza storica di Second Annual Report, perché oltre a contenere i tratti più significativi della loro esperienza artistica, più di ogni altra uscita, riesce nell'intenzione di disattendere la brama di un pubblico-padrone, che aveva tentato di porre sigilli illusoriamente definitivi su di un'identità musicale, per sua stessa natura, cangiante, come gli anni a venire dimostreranno ("we guarantee disappointment").

L’establishment, parzialmente ignaro della carica sovversiva di 20 Jazz Funk Greats, continua a cercare dei significati di una mutevolezza volutamente inafferrabile anche nel lavoro successivo, realizzato con un certo gusto per il potenziale del dilettantismo. Heathen Earth viene registrato negli studi della Death Factory da Stan Bingo il 16 febbraio del 1980, e pubblicato nel giugno dello stesso anno dalla Industrial Records. L’artwork è ancora una volta destabilizzante: in copertina, con sfumature oscure, appare il numero 23, cabalisticamente significativo, posto sopra la dentatura digrignata di un cane, e recante una strofa di una canzone di Charles Manson, icona più volte omaggiata dai Throbbing Gristle, "…can the world be as sad as it seems?".
Contemporaneamente alla prima esperienza di registrazione da parte di Stan Bingo, avviene anche il primo approccio alla ripresa video di Monte Cazazza, figura da sempre vicina alla band, che documenterà l’intera vicenda in un videotape uscito un anno dopo l’Lp.

Heathen Earth, conservando un approccio industrial, affina il perseguimento di sonorità complesse, oscure, lancinanti che, nell’insieme, riescano comunque a dare l’idea di un peculiare tessuto sonoro, mai fine a se stesso, ma realmente capace di amplificare la desertificazione emotiva di tutta una civiltà.
Il rumore delle macchine, che paiono quasi animarsi di vita propria, nella notte delle fabbriche ("Cornets"), annuncia il racconto agghiacciante di un vecchio uomo che, in un tempo dimenticato, schiacciato dall’oblio delle macerie, sorrise ("The Old Man Smiled").
Il cuore del disco è una perfetta sincronia tra il synth di Carter che, In "The World Is A War Film", gioca al minimalismo e a una fluida, felpata lentezza, e gli effetti di Christopherson a inacidire il tutto e annichilire con gelida, montante ansia ("Dreammachine"), che torna nella danse macabre in chiusura ("Don’t Do As You’re Told"), subito dopo un dialogo di eco nel buio ("Still Walking").
Quello che accade in "Don’t Do As You’re Told", somiglia a un dinamismo danzante nei sotterranei dell’Ego, in una sorta di moto elastico.

Quando tutto sembra esser ben predisposto per un’esplosione, seppur nel ristretto ambito di certa, falsa intellighenzia, i Throbbing Gristle, coerentemente disinteressati all’adesione a un qualsiasi manifesto, scelgono di compiere un’azione completamente anti-commerciale, tanto nell’intento, quanto nella produzione stessa: pubblicano due singoli "Something Came Over Me/ Subhuman", quest’ultima costruita intorno allo sdegno di fronte a un accampamento di Rom insediatisi nei pressi della Death Factory, e "Adrenalin/ Distant Dreams", con il dinamismo meccanicamente diabolico della techno dance ante-litteram "Adrenalin".
Heaten Earth è seguito da una serie di live che, di volta in volta, confermano la definitva acquisizione di certa dimestichezza spinta all’infinito della dimensione dal vivo.

Funeral In Berlin, registrato nel novembre del 1980 all’SO 36 di Berlino, e uscito per la Zensor nel 1981, alterna atmosfere da evacuazione nucleare al rallentatore ("Stained By Dead Horses") a un registro vocale apocalittico, cadenzato da una specie di motosega, in un crescendo di doloroso delirio spinto allo spasmo ("Zudive Bunker Experiment"), chiuso da una falce metallicamente percossa in cerca di umani da falcidiare per poi aprirsi in infinita, falsa beatitudine post-sacrificale ("Denial Of Death").

Nel novembre dello stesso anno, la band torna a suonare all’SO36, lasciandoci l’immane testimonianza, nel 12 pollici uscito per la Fetish nel 1981, di una versione live del singolo "Discipline", marcia industriale dal tempo battuto con passo al laser, e un unico, delirante e feroce ordine: "Discipline, I want discipline", reiterato sino all’ossessione e interrotto solo da una strana, paradossale chiusura di carillon.
"Discipline" ci viene, poi, riconsegnata, nello stesso 12 pollici, anche nell’altra versione live del dicembre 1980, al 666 di Manchester, più pulita, netta e robotica della precedente.

Nel 1981, recuperando il rapporto sincronico tra la musica e l’arte cinematografica, i Throbbing Gristle realizzano In The Shadow Of The Sun, colonna sonora dell’opera omonima del regista Darek Jarman, crogiolo di frammenti girati in super 8 dal 1974 al 1981.
L’album, suddiviso in due lunghe parti, è lo specchio fedele dell’approccio cinematografico del regista, fatto di immagini sovrapposte, movimenti rallentati e fluidi, colori modificati, come da alterazione di un normale stato percettivo, in cui il rumore appare occluso all’interno del cervello, in un ascolto labirintico, riverberato, dando luogo a un’esperienza uditiva non facilmente condivisibile, proprio perché avente luogo in una sorta di bolla emozionale invisibile all’esterno.

Nel marzo dello stesso anno, viene registrato, negli studi Radio Tre della Rai, Journey Through A Body, ultimo lavoro in studio, immediatamente prima che la band si sciolga. Opera concettuale e priva di mediazione, dall’impatto sonoro denso di rumori brutalmente e ambiguamente umani, dovuti alla commistione tra eco chirurgiche e lamenti infantili, a volte soffocati dalle voci degli stessi pseudo-medici impegnati in asportazioni coatte di organi ("Medicine"), alla demistificazione di una morale ipocrita, profanata nei suoi stessi altari, attorno a cui danzare morbosamente ("Catholic Sex"), all’esotismo lascivo di uomini-belva in una fantomatica giungla sintetica ("Exotic Functions"), al piacere doloroso di vittima e carnefice dello stupro ("Violentia (The Bullet)"), al massacro bondage, operato con docciature gelide, piccoli elettrochoc e saldature epidermiche, chiuso da un pianoforte che, senza soluzione di continuità, rallenta la tensione sino a placarla ("Birth And Death").

Il 29 maggio del 1981 il concerto tenuto a San Francisco sancisce lo scioglimento definitivo della band. Come animati dalla volontà di lasciare un ricordo che sia il più denso, angosciante, persistente possibile, già a partire dal titolo, Mission Of Dead Souls, emblematico di una missione che possa continuare solo in un regno privo di consistenza, ma pulsante in una morfologia del tutto virtuale, i Throbbling Gristle danno vita a un devastante sabba capace di mettere in scena un cerebralissimo teatro delle crudeltà, aperto da invocazioni terrorifiche e dolorose ("Dead Souls") e tribalismi ebm ("Guts On Volk"). Il live prosegue tetro, minaccioso, e la trance mortifera è amplificata da ossessivi rumori di lamiere raschiate ("Looking For The Oto"), cascate ribollenti di suono celebrate dalla drum machine, che tenta di ingentilire il richiamo degli avvoltoi di Genesis conferendogli una sfumatura wave ("Vision And Voice"), rituali di sepoltura clandestina sotto le macerie di una città in putrefazione ("Funeral Rities"), lunghi sommovimenti dell’inconscio smosso da spiriti fluttuanti in un etere nero pece accompagnato dalla cornetta di Cosey ("Spirits Flying").
Coerentemente all’abitudine di rivoltare la struttura iniziale di ogni singola traccia durante le performance dal vivo, in chiusura viene proposta "Persuasion U.S.A", dal basso confuso con altre indecifrabili voci a rendere ancor più complesso il tappeto sonoro, già denso del recitato marziale di Genesis, ridotto a brandelli di diabolica, irata superbia ("Discipline (reprise)"). Il live si conclude, come a tentare di chiudere il cerchio nell’ordine, con "Something Came Over Me", forma-canzone appena rischiarata dal synth lunare, che si lascia alle spalle il disastro, volgendosi verso altri pianeti ancora da esplorare.

Funeral rites

Throbbing GristleSubito dopo l’ultimo, devastante live, la cellula originaria si smembra in particelle altre: Genesis, coerente alla fascinazione per la rovina industrial, prosegue sulle stesse coordinate con il progetto degli Psychic Tv, mentre Chris e Cosey riavvolgono il nastro al bagliore synth-pop di 20 Jazz Funk Greats.
Nel 1981 esce in America, per la Rough Trade dell’illuminato Mayo Thompson, il primo Greatest Hits, l’anno dopo distribuito in Giappone dall’Alfa Records e nel 1983 in Europa dalla Mute, su cassetta.

Attraverso tutta una sequela di pubblicazioni inedite, quello dei Throbbing Gristle può essere, forse, considerato solo uno scioglimento fisico, laddove, al contrario, la materia sonora, a partire dal 1984, sembra resuscitare attraverso la pubblicazione di una serie di live, registrazioni d’antan, boxset e raccolte; nel 1978 viene registrato, al Cryptic One di Londra, il live che poi verrà pubblicato dalla Mental Decay nel 1984 con il titolo di Special Treatment. L’amosfera, addensata in una coltre di nebbia nera, è una parossisitica e autistica performance ribollente di crisi nervose, urla, torture fisiche e psichiche, all’interno della quale ogni personaggio sembra indifferentemente giocare il ruolo di vittima e carnefice, in un estenuante "homo homini lupus" all’indomani di una deflagrazione cosmica, in cui scavare con disturbanti martelli pneumatici, farsi largo scampando alla ruggine degli ingranaggi, sfuggire alle proprie allucinazioni uditive rimbombanti cumuli di voci radiofoniche, televisive, conversazioni in ascensore, flussi di coscienza psichiatrici capaci di rendere al meglio quel senso di disorientamento, vertigine e agorafobia capace di isolare completamente l’individuo, rendendolo schiavo dei suoi stessi, incomunicabili incubi.

Nel 1986, la Grey Area, ausiliaria della Mute, rispolvera una registrazione inedita risalente al 1979: TG CD1, suite lunga poco più di quaranta minuti volteggianti su coordinate non esclusivamente industrial, ma anche gothic-ambient, dalla minima, sintetica traccia vocale, ma gonfie di sonorità cupamente cangianti, ad abbracciare le diverse matrici di una pellicola sonora al suo negativo.
E sempre nel 1986, pubblicato dalla Castle Communications, esce l’estratto live Sacrifice, registrato il 12 aprile del 1979, parte del più lungo The Psychick Sacrifice.
A differenza di TG CD1, ci troviamo di fronte a un live-set eseguito secondo un’ispirazione più marcatamente industrial, con un ritorno delle voci, confuse, sovrapposte l’un l’altra, volutamente grottesche, come accade nell’eccellente versione di "Convincing People", e nella centrifuga sonora di "Persuasion", gonfia di rumore, stridore, ribollente delirium tremens urlato da Genesis.

Terminata la fase del recupero di un passato live ricco di tese suggestioni che, come si diceva, invisibilmente tengono unite le fila di un lungo, complesso tessuto sonoro, si apre, dagli anni Novanta, una nuova operazione-nostalgia, che comincia con la pubblicazione, proprio nel 1990, di un Greatest Hits, uscito per la Mute Records.
Nel 1993 viene invece ristampato, in cofanetto da quattro cd, tutto il percorso live della band, dal 1976 al 1980, per la la Mute.

Anche il nuovo millennio, forse intuendo una possibile, attesa reunion, si apre, nel dicembre 2002, con l’ambiziosissima operazione della Novamute, ausiliaria della Mute, intitolata TG 24, comprendente l’opera omnia dei Signori dell’Industrial, in un formato comprendente addirittura gadget d’antan, legati all’estetica concettuale del gruppo.

La volontà di restituire il giusto spessore ai Throbbing Gristle prosegue, nel 2004, con l’omaggio di Mutant TG, sempre per la Novamute, raccolta di remix ad opera di Simon Ratcliffe, dei Basement Jaxx, Carl Craig e la stessa Cosey Fanni Tutti.
Ai primi di maggio dello stesso anno, come ulteriore richiamo a un’imminente uscita inedita, viene pubblicato The Taste Of TG – A Beginner’s Guide To The Music Of Throbbing Gristle, compilation che, come riporta lo stesso sottotitolo, si pone quale punto di partenza per la comprensione del corpo sonoro della band, che, stavolta, pensa bene di piazzare in copertina la fotografia di un monaco buddista reo d’aver mentito e, per questo, ripreso nel taglio della lingua, punizione rituale.

After the fall

A distanza di meno di due settimane, infatti, esce, in edizione limitata, TG Now, primo Ep, dopo lo scioglimento del 1981, registrato negli studi dell’Astoria di Londra. La produzione, nettamente ripulita da ogni storica imperfezione, rende perfettamente l’attualità di quello che pare un incubo mai terminato, a partire dalla ribollente rivisitazione di "X Ray", passando attraverso la recrudescenza di "Splitting Sky" e il deliquio sub-umano di "Almost Like This", futura "Almost A Kiss" contenuta in Part Two - The Endless Not, sino alla chiusura ricca di drones metallici, affidata alla lunga "How Do You Deal".

Il 2004 si chiude con A Souvenir Of Camber Sands, primo live per la fedele Mute nella sotto-etichetta Grey Area, dopo lo scioglimento e ogni conseguente dissapore, scalpore, polemica, tensione, riavvicinamento sintomatici di un rapporto non completamente risolto, ma ancora pulsante e capace di consegnare un codice musicale di tutto rispetto, culminato in TG +, raccolta degli ultimi dieci live rimasterizzati da Chris Carter, in edizione Deluxe, piccolo gioiellino destinato a dissacrare un cristiano Natale.

Throbbing GristleTuttavia, due anni e tanti rumour devono ancor passare prima che sia pubblicato il primo album ufficiale dall’avvio della seconda fase di Throbbing Gristle.
Part Two - The Endless Not non opera particolari stravolgimenti, se si escludono i connotati di P-Orridge, restituendo un gruppo che non ha certo perso il contatto con la realtà e il presente, dotato di una statura artistica, un autocontrollo e un’autodeterminazione tali da permettergli di passare indenne la prova-reunion ed evitare il fuoco dei cecchini, pronti a scalfirne lo status di "classic band". L’aggiornamento dell’arsenale di effetti/rumori ai tempi del laptop, dei campionamenti e delle moderne tecnologie di registrazione e missaggio non può che giovare alla profondità del suono, mai così stratificato e denso come ora (la danza di guerra di un esercito alieno "Vow Of Silence"). La materia sonora si distende a colmare spazi reali, tra gli individui, diventati quasi incolmabili (o ricolmi di ipocrisie e opportunismi), se confrontati con quelli virtuali in cui siamo tutti "friends" (la cantilena da lobotomia telematica "Lyre Liar").
Altrove ("Separated", "Geasy Soon", "After The Fall") l’ambient siderale degli ultimi Coil (in orbita intorno a "Music To Play In The Dark, Vol.1 & 2") si avvicina da profondità pneumatiche, posando il suo sguardo impassibile su megalopoli autofagocitanti, baraccopoli spazzate via da disastri naturali, Silicon Valleys in espansione e imperi economici in lento disfacimento.
A rendere questo disco prezioso e promettente per il prosieguo del nuovo corso, sono le "canzoni", tra le più belle composizioni a nome Throbbing Gristle: "Rabbit Snare", un jazz dolente suonato da un pianista deforme in un night club post-atomico ("do you love me?/ why are you scared?/ are you scared?/ do you love me?/ is this insidious?/ is this inside of us?/ simply insidious/ kind of ridiculous"), e la lancinante "Almost A Kiss", un blues post-industriale che i loop di cori, orchestrati da Christopherson, elevano in una dimensione ultraterrena.

Due anni dopo, i Throbbing Gristle pubblicano in sordina il secondo album di studio del loro nuovo corso, The Third Mind Movements (2009), che recupera due fondamenti stessi del progetto TG. L'autarchia assoluta (il lavoro è auto-prodotto col loro marchio Industrial Records e distribuito solo ai concerti e tramite il loro sito ufficiale) e il gusto per la jam allucinata. Il quartetto è alle prese con un flusso incessante, de-voluto e strumentale, fatto di elettronica viscida, deformazioni acustiche, cut-up selvaggio e penetranti pulsazioni ritmiche. Suono rimodernato ma fieramente vintage, capace di farti provare il sapore ancora fresco di diavolerie analogiche e nastri manipolati in tempo reale.
Si sprofonda nel suo flusso subliminale in un viaggio psichedelico che non sempre scorre liscio, ogni tanto il meccanismo si inceppa ("Secluded") e arranca (la prolissa "Perception Is The Only Reality"), ma ipnotizza ugualmente con l'efficacia dei vecchi tempi ancora immutata ("PreMature"/"The Man From Nowhere"). E ascoltando la lunga title track, articolata in tre sezioni, non si fa alcuna fatica a immaginare questi quattro ormai attempati disturbatori dei sensi presi a riversare su nastro i frutti improvvisati e deviati della loro immaginazione, preziosa e attuale oggi come ieri.

I Throbbing Gristle, continuano a percorrere distanze parallele, trascinandosi dietro una vecchiezza solo anagrafica, geneticamente votata alla sperimentazione del mutamento sessuale, sbandierato da Genesis nella fondazione di una nuova categoria definita Pandroginia, nella colta sperimentazione elettronica di Chris e Cosey e nel ritorno all’amore del video di Sleazy.
E a noi, voraci ricercatori di una buona nuova prossima futura, non resta che esclamare, sulle pagine dei più misconosciuti myspace dei nuovi artigiani dell’elettronica, "Hey, ma questi sono i Throbbing Gristle". Di una storia troppo sfuggente per non affascinare ed essere emulata.

Contributi di Mauro Roma ("The Third Minds Movements")

Throbbing Gristle

Discografia

The Second Annual Report (Industrial Records, 1977)

D.O.A. The Third and Final Report (Industrial Records, 1978)

20 Jazz Funk Greats (Industrial Records, 1979)

Heathen Hearth (Industrial Records, 1980)

Something Came Over Me/Subhuman (7", Industrial Records, 1980)

Adrenalin/Distant Dreams (7", Industrial Records, 1980)

Funeral In Berlin (10", Zensor Records, 1981)

Discipline (12", Industrial Records, 1981)

Journey Through A Body (Mute, 1982)

Mission of Dead Souls (live, Fetish Records, 1981)

Greatest Hits (antologia, Rough Trade, 1981)

Special Treatment (Live at Cryptic One in 1978, Mental Decay, 1984)

In The Shadow Of The Sun (Illuminated Records, 1984, Mute, 1993)
TG Cd1 (Lp in studio del 1979, Grey Area of Mute, 1986)

Sacrifice (Live in 1979, Castle Communications, 1986)

Greatest Hits (Mute, 1990)

Live Volume 1, 1976-1978 (The Gray Area of Mute, 1993)

Live Volume 2, 1977-1978 (The Gray Area of Mute, 1993)

Live Volume 3, 1978-1979 (The Gray Area of Mute, 1993)

Live Volume 4, 1979-1980 (The Gray Area of Mute, 1993)

The First Annual Report of Throbbing Gristle (inediti del 1977, Get Back, 2001)

TG 24 (Boxset 24 cd, Novamute, 2002)

Mutant TG (remix, Novamute, 2004)

TG Now (Ep, Limited Edition, Grey Area of Mute, 2004)

A Souvenir Of Camber Sands (Live December 2004, Grey Area of Mute, 2004)

TG + (Boxset 10cd, Grey Area of Mute, 2004)

Part Two - The Endless Not (Mute, 2007)

The Third Mind Movements (Industrial Records, 2009)
Pietra miliare
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