Un mondo incantato e oscuro, pieno di emozionanti variazioni in musica, anima da sempre le composizioni di Wim Mertens. Molti lo collocano nella galassia indefinita dell'"ambient music", affollata di suoni rarefatti e atmosfere estatiche. Ma il compositore fiammingo ne rifugge la freddezza: "Il mio scopo - racconta - è comunicare le emozioni attraverso la musica: eccitazione, nostalgia, conflitto, passione. Utilizzo prevalentemente la melodia perché credo sia il miglior mezzo per esprimerle". Lo sa bene Peter Greenaway, il regista inglese del film "Il ventre dell'architetto", impreziosito da una struggente colonna sonora firmata Wim Mertens.
Ma Mertens non ha prestato le sue sonorità solo al grande schermo. Sono sue, ad esempio, le musiche di alcune rappresentazioni teatrali di Jan Fabre e dei progetti multimediali di Louise Delluc e Harold Shaw. Ed è sua anche la colonna sonora dell'ultima Expo di Lisbona. "Mi piace lavorare per cinema e teatro - dice - ma la musica per me viene sempre prima: e' solo attraverso le note che si possono creare le immagini".
Soft Verdict è il nome con cui il compositore belga iniziò a suonare all'età di 28 anni. Ma più che una vera band era un gruppo di musicisti sotto la guida di Mertens. "Struggle For Pleasure" segnò il momento più alto di quella stagione, con una sequenza di pezzi in bilico tra romanticismo e sperimentazione post-moderna.
Nonostante sia sempre stato dedito alle più coraggiose sperimentazioni, Mertens non è mai stato uno snob e non si è mai chiuso al grande pubblico. Anzi. Se gli si chiede: "Il tuo album d'esordio si chiamava 'For Amusement Only', credi che la tua musica possa essere considerata anche un 'divertimento'?", risponde cosi': "Spero di sì. Divertimento è un termine un po' banale, ma ho certamente l'ambizione di avere il massimo di audience' (Maximizing The Audience è il titolo di uno dei suoi album, ndr). Voglio, insomma, che la mia musica sia più popolare possibile".
Di certo, Mertens è sempre stato molto prolifico. Basti pensare che nel 1991 ha fatto uscire sette album, nel 1994 dieci. "Non penso di essere particolarmente produttivo. Bach doveva comporre una piece a settimana: a quel tempo era considerato normale. Ma oggi l'industria discografica vuole un disco all'anno: né più, né meno. Se pubblico sette album in un anno è perché lo ritengo necessario, non per seguire gli schemi della industria discografica. Non è questione di presunzione. C'è un sacco di musica nella mia testa. Se prendessi carta e matita, potrei cominciare a scrivere musica adesso, per almeno un'ora. Senza problemi".
In quasi vent'anni di carriera, Mertens è sempre andato dritto per la sua strada, rifiutando le etichette. Come quella di "minimalista", da più parti attribuitagli. "Negli anni Sessanta e Settanta, il minimalismo è stata un'alternativa alle avanguardie storiche, ma poi i vari Glass e Reich hanno raggiunto la stessa freddezza accademica. Il minimalismo è solo il punto di partenza del mio lavoro".
Il minimalismo è il movimento musicale nato negli anni Settanta sotto il segno di Philip Glass. Le sue intuizioni lasciarono un'impronta sulla scena europea fin dal suo primo tour nel Vecchio continente. Glass aveva già incontrato David Bowie e Brian Eno dopo una cerimonia alla Royal Academy of Music a Londra nel 1971. In Germania si era confrontato con band d'avanguardia come Tangerine Dream e Kraftwerk. E tracce del suo stile si cominciarono a scorgere perfino nelle composizioni disco-music di Giorgio Moroder per Donna Summer e altri, oltre che nel synth-pop britannico stile Human League. Ma a raccogliere al meglio la sfida di Glass fu soprattutto una "new wave" di compositori: Michael Nyman, Lost Jockey, Regular Music, Soft Verdict e altri raccolti sotto etichette come la Factory e la belga Disques du Crépuscule.
Nella musica di Mertens è facilmente percepibile uno dei tratti dominanti dell'opera di Glass: la ripetizione. Uno stile che risponde a due funzioni: ricavare uno spazio per l'ascolto nel fiume della musica e dell'emozione; rappresentare la sensazione di piacere. In Mertens, però, la tecnica della ripetizione, pur restando dominante, acquista un significato diverso. La sua musica è concepita in modo tradizionale e composta di conseguenza. Impossibile immaginarla al di fuori della tradizione minimalista, ma anche limitarla alle intuizioni di Glass. Sulla musica di oggi, il compositore belga ha un'idea precisa: "E' in corso una rivoluzione. C'è molta piu' democrazia: i sintetizzatori sono accessibili a tutti, chiunque può avere a disposizione i mezzi più sofisticati per comporre. E non c'è più l'ossequio a un personaggio o a uno stile".
L'artista belga non si smentisce neanche con "Integer Valor", album uscito per l'etichetta "Materiali Sonori". Un disco che ricorda le atmosfere delle sue prime opere, prettamente sperimentali, targate Soft Verdict. "E' solo l''evoluzione naturale della mia musica - spiega Mertens in un perfetto inglese, che tradisce le sue origini fiamminghe solo per qualche "acca" un po' troppo marcata - La formula è semplice: una grande orchestra (archi, ottoni, chitarre, basso, percussioni e piano), con arrangiamenti acustici e brani strumentali".
Nelle composizioni di Mertens, melodie crepuscolari, suoni barocchi e intuizioni minimalistiche si intrecciano in eteree partiture, dominate dal suo pianoforte. Si avverte l'influsso della musica classica, da camera, e tra le note si percepisce un forte senso di spiritualità. "Non sono credente - precisa - ma mi sento molto influenzato dalla cultura europea, cosi' intrisa di religiosità. Il mio Paese, poi, è una terra di frontiera, e la mia musica ne assorbe tutte le contaminazioni".
Wim Mertens chiude l'incontro con lo stesso tono garbato e affabile con cui lo aveva iniziato. E ringrazia perfino della nostra attenzione, lui che di attenzione da parte della stampa ne meriterebbe senz'altro di più per tutto ciò che ha realizzato in questi anni. In un mondo di pirati come quello della musica, a volte, può capitare di incontrare un gentiluomo.