Campo di Marte

Campo di Marte

Il prog italiano contro le guerre

I fiorentini Campo di Marte, pur essendo stati una meteora della scena prog italiana, hanno lasciato il segno per aver pubblicato un album dal sound particolarmente aggressivo, dai testi spiccatamente antibellici, contraddistinto dalla presenza di Enrico Rosa, uno dei chitarristi più tecnici e preparati che ha contribuito ad arricchire la prolifica scena progressiva italiana

di Valerio D'Onofrio

Migliaia di croci ricoprono il prato, oscurano il Sole

La stagione d’oro del progressive italiano oltre ad aver dato luce ai noti giganti del calibro di Pfm, Banco, Orme, Osanna, vede al suo interno un proliferare di piccole esperienze giovanili vissute lontane dal mainstream, spesso consumate in solo album che - come un piccolo tassello - arricchiscono il grande mosaico di una stagione ricca di lodevoli esperienze. Tra le avventure fantascientifiche dei Raccomandata Ricevuta Ritorno, le odissee dantesche dei Metamorfosi, le divagazioni filosofiche dei Museo Rosenbach o le sedute psicoanalitiche dei Biglietto per l'Inferno, c’è da segnalare la rapidissima esperienza dei fiorentini Campo di Marte, creatura di uno dei chitarristi più importanti della scena progressiva italiana, Enrico Rosa. Nonostante la registrazione di un solo album omonimo nel 1973, il contributo della band fiorentina non è tuttavia da considerarsi trascurabile per vari motivi.

rosa_campo_di_marteI Campo di Marte nascono nel 1971 con una line-up formata dal chitarrista Enrico Rosa, dal bassista italo-americano Richard Ursillo (Paul Richard nelle note di copertina), dal batterista/flautista Mauro Sarti e dal tastierista Alfredo Barducci (qui suona anche il corno francese). A questi si unisce il batterista Carlo Felice Marcovecchio (ex-Califfi) la cui presenza permette a Sarti di suonare il flauto in varie traccie. Le peculiarità che contraddistinguono i Campo di Marte rispetto alla scena progressiva a loro coeva sono varie; innanzitutto basterebbe vedere l’etichetta che produsse il loro unico Lp, la United Artists. Una major americana che produce un album d’esordio di un misconosciuto gruppo italiano. Certamente un’anomalia e una scommessa (persa) da parte della United che sta a testimoniare l’interesse internazionale non solo per la scena progressiva in generale ma anche per quella nostrana, ritenuta spendibile fuori dai confini nazionali.

Altro aspetto è l’idea di un concept-album antimilitarista, un fatto anomalo per le tipiche band prog italiane, se si eccettuano i gruppi più politicamente orientati come il Banco o quelli del versante più assimilabile al Rock In Opposition (Area o Stormy Six). I testi poetici descrivono le conseguenze della guerra che stravolge il paesaggio e la vita degli uomini, trasformando i verdi prati in cimiteri. Non citazioni di nazioni o politici, di guerre giuste o sbagliate, ma la mera constatazione dell’assurdità della guerra. Questo si evince anche dal nome della band (riferito sia alla zona di Firenze, sia al Dio della guerra) che dalla cover dell’album, che mostra disegni di guerrieri turchi che si autoinfliggono dolorose ferite per dimostrare il loro coraggio.

Il sound ha momenti di estrema durezza che avvicinano Rosa a un guitar hero in stile hendrixiano assimilabile al suo alter ego italiano Bambi Fossati, storico chitarrista dei Garybaldi. Ma mentre Bambi Fossati si ritrova sempre nel perimetro del chitarrista rock legato alla tradizione blues, Enrico Rosa mostra legami più massicci alla tradizione classica dovuta alla sua formazione e al chitarrismo di Fripp. Inoltre è presente una particolare dissonanza tra l’asprezza dei suoni - con una chitarra che talvolta è al limite del noise (”Terzo Tempo”) - e la vacuità della voce di Rosa. 

campo_di_marte_00Non manca anche una storia di conflitto con la major che, affascinata dalla potenza del brano che verrà chiamato "Primo tempo", pretende che questo sia usato come apertura di Campo di Marte. Rosa ricorda così quel conflitto: “La composizione doveva essere una suite pensata come il racconto di un menestrello che con la sua chitarra descriveva un mondo dove tutti vivevano in pace e armonia, il Prologo (che diventò il Quinto e Sesto Tempo). Si andava avanti con Riflessione/Alba, che chiamavo anche Chiaroscuro (Secondo Tempo) ed Epilogo (Quarto tempo); il tutto veniva turbato da aggressioni e truppe in marcia. Infine, la chitarra acustica chiudeva come se il menestrello se ne andasse via. Quando tutto fu inciso come lo avevo composto, la casa discografica decise di invertire l’ordine del disco e il lato A diventò B, quindi scelsi di cambiare i titoli con i Tempi. Questa scelta fu fatta per far cominciare il disco con suoni più pesanti, che sarebbero stati più di impatto al primo ascolto, ma la cosa mi disturbò molto“.

Indipendemente dalla posizione, “Primo tempo” è la traccia più immediata e meglio riuscita dell’album, con liriche di alto livello, grande tecnica chitarristica e un basso particolarmente aggressivo, considerate le abitudini della scena prog italiana. I campi di fiori in cui un bambino gioca felice si trasformano immediatamente in cimiteri con migliaia di croci tanto imponenti e numerose da oscurare il Sole. Le ossa sono il solo raccolto di questa folle semina. Non c’è guerra giusta, solo follia; la violenza umana è un evento che altera la quiete di un bambino che corre felice in un prato, circondato solo dai raggi benevoli del Sole. “Secondo tempo” è un brano strumentale dagli accenni melodici con chitarra classica e flauto, strumento tipico del prog internazionale. “Terzo tempo”, ben più violenta - con un’intro ai limiti della cacofonia - alterna prog e hard-rock in una sapiente miscela che mostra l’ottima tecnica di Rosa.

enrico_rosaCon “Quarto tempo” i Campo di Marte tentano l’ardua strada della cover di brani di musica classica che vari gruppi prog (e non solo) stavano provando in quegli anni con alterne fortune. E’ la volta del “Preludio” e “Fuga N.2” in Do minore di Bach; il tentativo - se da un lato sottolinea l’ambizione di Rosa - dall’altro evidenzia i limiti tipici di questa difficile operazione di trasposizione di due mondi molto diversi tra loro. In “Quinto tempo” chitarra acustica, flauto, tastiere e cori si alternano in un piacevole susseguirsi di strumenti acustici ed elettrici. “Sesto tempo” è prog puro col ritorno della chitarra distorta di Rosa e la comparsa del corno francese suonato da Alfredo Barducci.
All’interno di una struttura cangiante e complessa colpisce l’inatteso intermezzo quasi da ritmo western alla Morricone. Chiude “Settimo tempo”, il brano più lungo e dai tratti più ambiziosi per varietà compositiva, oscillante da momenti palesemente hendrixiani a picchi vertiginosi in stile Fripp, fino a brevi parentesi che anticipano la futura passione per il jazz di Rosa. Siamo di fronte a una summa che, insieme a “Primo tempo”, è il lascito più importante della band fiorentina.

Quando Campo di Marte viene pubblicato, la band si è praticamente già sciolta. Rosa ha scritto il materiale per un secondo album, ma l’etichetta rifiuta la pubblicazione. Deluso dal suo paese, il chitarrista si trasferisce in Danimarca, dove tuttora vive, proseguendo una prolifica attività musicale.
Nel 2003 - in epoca di riscoperta - Enrico Rosa e Mauro Sarti si ritrovano per un breve tour in Toscana e pubblicano Concerto Zero - Live 1972/2003: due cd, il primo contenente vecchie registrazioni del 1972, il secondo quelle più recenti del 2003.

Campo di Marte

Discografia

Campo di Marte(United Artists, 1973)
Concerto Zero - Live 1972/2003 (VM 2000, 2003)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Primo tempo
(videoclip da Campo di Marte, 1973)

Terzo tempo
(videoclip da Campo di Marte, 1973)

Settimo tempo
(videoclip da Campo di Marte, 1973)

Bluesy Rocky
(videoclip da Concerto Zero - Live 1972/2003, 2003)

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