Gruppo storico del rock progressivo italiano, autore dei lavori più interessanti della nostra musica pop, il Banco del Mutuo Soccorso ha oggi un successo di pubblico e di critica maggiore all'estero che in patria. Lo stile della band è caratterizzato dal prezioso pianismo classico di Gianni Nocenzi (che lascerà il gruppo inspiegabilmente dopo i primi album), che ben si amalgama con quello emersoniano/jazzistico del fratello Vittorio (spesso agli strumenti elettrici) e con la bella voce tenorile di Francesco Di Giacomo, autore dei testi più belli e impegnati del prog italiano. Notoriamente sia le liriche che il cantato dilettantistico - non rientrano in questa categorizzazione Stratos e Sorrenti, ovviamente - sono il punto debole del prog italico, in questo caso ne sono quasi il punto di forza, a sottolineare l'eccezionalità dell'esperienza del gruppo romano.
Banco del mutuo soccorso (1972)
Noto anche come "salvadanaio" per la copertina dalla caratteristica forma e corredata di linguetta tridimensionale (è a tutti gli effetti l'equivalente italiano della "banana" di Warhol, rimasto per questo singolare artwork nell'immaginario rock italiano) è il loro disco d'esordio in cui già si delinea completamente il loro caratteristico stile. Il disco si apre con una intro in stile medievale che ripropone l'episodio ariostesco di "Astolfo sulla luna", accompagnato da uno scudiero che pronuncia le celebri parole "Da qui messere si domina la valle". Già la prima suite "R.I.P." mostra le velleità liriche (in tutti i sensi ... le sue lunghe struggenti parti cantate con solo accompagnamento di pianoforte ricordano proprio le arie di un melodramma) di Di Giacomo che, dopo uno scatenato rock and roll dalle tipiche sonorità "anni 70" in cui si raccontano gli episodi di una battaglia di altri tempi, vista dagli occhi di un soldato che viene poi pugnalato, indulge su riflessioni sul tema della morte ("e tu no, non scaglierai mai più/la tua lancia per ferire l'orizzonte/per spingerti al di là/per scoprire ciò che solo Iddio sa"). Altra bella suite prettamente strumentale è "Metamorfosi".
Il brevissimo divertissement "Passaggio" per solo clavicembalo di Vittorio Nocenzi conduce alla lunga suite "Il giardino del mago" di argomento fantastico, storia di un uomo che fugge dal mondo per rifugiarsi e poi rimanere intrappolato nel giardino di un ipotetico mago potentissimo, un luogo in cui le leggi umane non vigono più. In questo posto al di fuori dello spazio e del tempo regna una natura allucinata, ma in armonia con gli esseri umani e con se stessa. Il protagonista si perde in questo sogno e non tornerà mai più alla realtà dominata da ingiustizie sociali. ("Coi capelli sciolti al vento/io dirigo il tempo/il mio tempo/là negli spazi dove morte non ha domini/dove l'amore varca i confini/e il servo balla con il re/corona senza vanità/eterna è la strada che va"). Chiude il disco il divertente e leggero pezzo strumentale "Traccia".
Darwin! (1972)
Concept-album sul tema dell'evoluzionismo. L'intera storia della vita sulla terra dall'ipotetico giorno in cui prese vita per generazione spontanea (Ah la madre è pronta partorirà/già inarca il grembo/vuole un figlio e lo avrà/figlio di terra e di elettricità.) fino all'Armageddon finale (Ed ora io domando tempo al Tempo ed egli mi risponde... non ne ho!) con il fato che deride gli inutili sforzi dell'uomo per sottrarsi al suo destino ("Gloria a Babele/rida la Sfinge ancora per millenni/si fabbrichi nel cielo fino a Sirio/schiumino i cavalli sulla Via Lattea/ma.../Quanta vita ha ancora il tuo intelletto/se dietro a te scompare la tua razza?").
Musicalmente vario e con leggere assonanze stilistiche con la suite "Tarkus" degli Emerson, Lake & Palmer per l'utilizzo copioso di Hammond, moog e synth in dialogo frenetico nei primi brani, paga purtroppo una produzione non al livello delle composizioni (mixing scadente, registrazione mediocre, non è nemmeno ancora uscito un remaster di questo disco). Momenti di intenso lirismo nel classico "750 mila anni fa l'amore?", atipica canzone d'amore in cui il protagonista è un ominide incapace di tenere a freno le sue passioni e nella stupenda "Cento mani e cento occhi", che con i suoi cori e voci polifoniche richiama i migliori Gentle Giant, incentrata sulla nascita delle prime comunità umane.
Io sono nato libero (1973)
Con questo disco ritornano alle sonorità del primo album. La lunga suite "Canto nomade di un prigioniero politico" è il loro capolavoro, degna di stare a fianco dei classici inglesi come "Lizard", "Supper's ready", "Plague of lighthouse keeper" in una ipotetica hit-parade delle one-side tracks del rock sinfonico. Opera di denuncia politica, è la storia di un condannato che aspetta l'esecuzione e che affida al suo canto il suo lascito ("Almeno tu che puoi fuggi via canto nomade/questa cella è piena della mia disperazione, tu che puoi non farti prendere"). Il cantare sofferto di Di Giacomo trova degno accompagnamento nei romantici passaggi di piano di Gianni Nocenzi, che preludono ad una lunga coda strumentale di chitarre ritmiche e percussioni che echeggiano l'intro di "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto" di Alan Sorrenti. L'allegra ballata "Non mi rompete" è rimasta la loro canzone di maggiore successo popolare. Puro delirio psichedelico nel brano interamente composto da Gianni Nocenzi, "La tua città sottile". Momenti di riflessione sul tema della guerra e del pacifismo in "Niente è più lo stesso". Epilogo strumentale nel vorticoso "Traccia II".
Garofano Rosso (1976)
Colonna sonora del film omonimo tratto da un romanzo di Elio Vittorini, per la regia di Luigi Faccini, vede il chitarrista Maltese insolitamente esibirsi alla tromba con sonorità "davisiane". Disco noioso che è segnato dalla ripetitiva riproposizione del bel "Tema di Giovanna" in più arrangiamenti. Primo disco per la Manticore di Keith Emerson e Greg Lake, che aveva già ingaggiato la PFM, altra storica formazione del progressive italiano.
Come in un'ultima cena (1976)
Il gruppo si avvicina alla forma canzone e rinuncia a lunghe suite pur senza intraprendere grandi svolte stilistiche. Il pezzo forte del disco è "Il ragno", brano più vicino agli standard progressive e che diventerà il cavallo di battaglia delle esibizioni live. Continua la linea dell'impegno politico già iniziata nel precedente lavoro di studio. Esiste anche una versione inglese.
...di terra (1977)
Nuova colonna sonora, ambizioso lavoro orchestrale in cui Vittorio Nocenzi è alla direzione (oltre a essere l'autore di tutte le musiche). Priva di momenti memorabili ma sicuramente ben suonata, molto omogenea ed elegante. Ottimo lavoro di sax dell'ospite Alan King. I titoli dei brani sono i versi di una poesia di Francesco Di Giacomo.
Il disco Canto di primavera e il live Capolinea (titolo emblematico) segnano la fine dell'esperienza progressiva del Banco, passeranno dieci anni di timidi e raffazzonati esperimenti pop/new wave sui quali è meglio sorvolare.
Da qui messere si domina la valle (1991)
La pessima qualità delle registrazioni dei primi due album (non ancora rimasterizzati all'epoca, ora disponibili in più ristampe, tra le quali si consigliano le ultime edizioni in digipack) spingono Nocenzi & C. a decidere di risuonare i primi due dischi con tutti i mezzi a disposizione oggigiorno e raccoglierli in un cofanetto. Le buone intenzioni naufragano in pessime scelte stilistiche (deprecabile l'utilizzo della batteria elettronica): consigliamo l'ascolto di questo disco solo ai fan. Assolutamente ridicola la decisione della casa discografica di prendere i due cd del cofanetto e farli uscire separatamente con titoli uguali a quelli degli Lp originali. Quindi consigliamo a chi fosse interessato a procurarsi Darwin e il "salvadanaio" di fare molta attenzione alle numerose versioni disponibili. Sul mercato internazionale non dovrebbero esserci questi problemi, comunque.
Il 13 (1994)
Dopo alcuni anni di silenzio e la pessima svolta pop degli anni 80, il gruppo inizia il nuovo decennio con un album di hard rock/cantautoriale poco riuscito, ma ben suonato, rovinato da testi indegni dell'autore ed esplicite volgarità. Nocenzi condisce il tutto con sonorità interessanti al synth e con qualche pezzo strumentale. Brani migliori: "Anche Dio", "Emiliano", "Tirami una rete", "Bisbigli".
Nudo (1997)
Doppio album. Il primo volume contiene versioni acustiche e moderne dei classicissimi del gruppo, suonate però con gran classe e il risultato è molto più interessante e riuscito del pasticciaccio di "Da qui messere si domina la valle". Spiccano in particolare la lunga versione di "750 mila anni fa l'amore", segnata da una lunga intro easy jazz di piano di Vittorio Nocenzi e con una brillante e sofferta interpretazione vocale di Francesco Di Giacomo. "R.I.P.", "E mi viene da pensare" sono gli altri pezzi meglio riusciti, mentre ne "Il ragno" e "L'evoluzione" l'esperimento è poco riuscito, perché l'utilizzo di strumenti puramente acustici snatura troppo i brani. Una lunga suite in tre parti dal titolo "Nudo" completa questo cd nel segno di sonorità moderne (ma con la classe e l'esperienza che connotano il gruppo), del rifiuto di stilemi tipici del prog anni 70, di un testo molto ispirato. Si tratta probabilmente dell'opera più valida e sottovalutata del progressive italiano anni 90, soprattutto se confrontata con i velleitari tentativi della "nuova generazione progressiva italiana", che vede nel genovese Fabio Zuffanti l'unico compositore degno di nota.
Il secondo volume del disco contiene invece una bella selezione del materiale live di un concerto in Giappone e di altri eventi dal vivo in Italia. "La conquista della posizione eretta" e il medley "Bisbigli/Passaggio/Coi capelli sciolti al vento" dimostrano come ancora oggi questo gruppo dia il meglio di sé dal vivo (quando non limita la propria creatività con scalette discutibili e con collaborazioni con giovani artisti mediocri della scena alternativa italiana, all'estero paradossalmente il pubblico è più esigente e le cose cambiano). Sicuramente Nudo è il disco da consigliare ai giovanissimi avvezzi a un sound moderno per conoscere la musica del Banco. Dell'album esiste anche una versione "splittata" in due cd autonomi e una giapponese "ridotta".
Transiberiana (2019)
Le perdite dei grandi Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese - avvenute rispettivamente il 21 febbraio 2014 e il 3 ottobre 2015 - sembravano rappresentare l’inevitabile canto del cigno della straordinaria carriera della band romana del Banco. E invece l’ostinazione e un sentimento di orgoglio per la propria storia hanno portato Vittorio Nocenzi - nonostante i noti problemi di salute - a riprovarci e a dare vita al nuovo concept-album Transiberiana.
Con una formazione rinnovata con il già presente Filippo Marcheggiani (chitarra solista) e i nuovi arrivi Tony D’Alessio (voce), Nicola Di Già (chitarra ritmica), Marco Capozi (basso) e Fabio Moresco (batteria), il Banco tenta la strada di un cambiamento ma allo stesso tempo tenendo evidenti il legame con la propria storia. La copertina col classico salvadanaio lo conferma chiaramente, come anche l'idea della metafora tra Transiberiana e vita - lungo percorso colmo di ostacoli e imprevisti - si ricollega alla storia dei concept del Banco che hanno scritto la storia della musica popolare italiana. Tutto si tiene in piedi grazie a un Nocenzi in grande forma, sia in fase di scrittura che di esecuzione, che spazia dalle classiche sonorità progressive al piano jazzato, sino ai loop minimalisti simili alla “Baba O’Riley” degli Who (“Lo sciamano”) arricchiti da tentativi di assoli legati al prog-metal.
La Ferrovia Transiberiana che parte da Mosca per arrivare all’estremo oriente della città di Vladivostok, attraverso regioni dove le condizioni di vita rasentano i limiti della sopravvivenza, diventa la metafora dell'esistenza vista come un tortuoso percorso di eventi piacevoli (“Campi di fragole”), pericoli immanenti (“L’assalto dei lupi” con i suoi attacchi di synth che ricordano i Goblin) o scoperte di orribili segreti che opprimono la libertà ("I ruderi del gulag").
C’è una filosofia nel tragitto di Transiberiana, una visione che cerca di abbracciare la poetica inarrivabile di Di Giacomo nonostante la voce di Tony D’Alessio sia molto diversa. Tanti i momenti piacevoli, tante le trovate argute, sia da un punto di vista tecnico (come sempre ineccepibile) che persino timbrico (le sonorità anomale di “La discesa dal treno”, il loop iniziale di “Stelle sulla terra”), con le tipiche divagazioni di genere degne del progressive più evoluto.
C’è molto in “Transiberiana”, album da ricordare in questo finale di decennio per il progressive italiano. Manca forse il più, il volo pindarico che lascia senza fiato, il guizzo geniale che fa capire di trovarsi di fronte qualcosa di grande. Non ci è dato sapere se questa sarà l'ultima fatica del Banco, quel che si può dire è che questa nuova pagina della loro straordinaria carriera merita rispetto e una sincera ammirazione verso un maestro come Nocenzi, capace dopo quasi cinquant’anni di dialogare con un pubblico totalmente diverso da quello dei suoi lontani esordi.
Orlando: le forme dell'amore (2022)
Con la formazione ormai consolidata che aveva ben impressionato in occasione di Transiberiana, il Banco raggiunge uno degli obiettivi che Nocenzi & Co avevano in cantiere da moltissimi anni, probabilmente fin dagli esordi, quello di proporre la propria visione de "L'Orlando Furioso", il poema cavalleresco simbolo del Rinascimento italiano.
E’ un lavoro complesso quello che il Banco ha concepito per l’occasione, una commistione tra due arti (musica e poesia) che mostra una sorprendente intraprendenza strumentale, che viaggia sui binari del rock progressivo più estroso, seppur spesso ancorato agli stilemi che hanno contraddistinto l’epoca d’oro degli anni ’70. Eccellenti, in tal senso, i due strumentali “Il paladino” e “La maldicenza”, ovvero le veementi scorribande de “La pianura rossa”.
Sulla scena fanno capolino ulteriori evoluzioni, talvolta vicine al pop (“Cosa vuol dire per sempre”), in altri casi adiacenti al jazz (“Non credere alla luna”, grazie al sax di Carlo Micheli) o a sonorità sintetiche con leggeri riferimenti eighties (“Non serve tremare”). Tra i momenti più intensi in scaletta si segnala l’ottima prova vocale regalata da Viola Nocenzi (figlia di Vittorio) in “L’amore accade”.
La grande precisione lirica profusa da Logli, Michelangelo e Vittorio Nocenzi, nell’approfondire la celebre storia dell’Ariosto, si palesa nei versi che il Banco tenta addirittura di far erompere dalle seminali righe scritte dal poeta di Reggio Emilia e ancor prima da Matteo Maria Boiardo, che con la sua opera incompiuta “Orlando innamorato” funse da indispensabile fonte d’ispirazione.
Il percorso tematico previsto pone evidentemente il focus sull’amore, sentimento che emerge in tante delle sue innumerevoli condizioni.
La storia rielaborata dal Banco è resa più avvincente da alcune sostanziali rivisitazioni, che ne modificano molteplici connotati senza snaturarne il tema di fondo.
Seguendo le sorti altalenanti di molti mostri sacri del progressive italiano, che ancora oggi cercano di far garrire la loro leggendaria bandiera, con questo minuzioso progetto, il Banco del Mutuo Soccorso dà ampia dimostrazione della propria riconoscibilità e soprattutto dell’alta qualità di una proposta che affascina sotto ogni aspetto.
Contributi di Valerio D'Onofrio (Transiberiana), Cristiano Orlando (Orlando: le forme dell'amore)
Banco del mutuo soccorso (Ricordi 1972) | |
Darwin! (Ricordi 1972) | |
Io sono nato libero (Ricordi 1973) | |
Garofano rosso (Ricordi 1976) | |
Come in un'ultima cena (Ricordi 1976) | |
Banco ...di terra (Ricordi 1977) | |
Canto di primavera (Ricordi 1979) | |
Capolinea (Ricordi 1979) | |
Urgentissimo (1980) | |
Buone notizie (1981) | |
Banco ...e via (1985) | |
Da qui messere si domina la valle (1991) | |
Il 13 (1994) | |
Nudo (1997) | |
Transiberiana (2019) | |
Orlando: le forme dell'amore (2022) |
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