Domine

Domine

Epico italiano

La carriera della band toscana dei fratelli Paoli e del vocalist Morby, pionieri del metal epico in Italia, capaci di trasfigurare in musica i testi fantasy di Michael Moorcock e di Robert Ervin Howard, dando una sensazione quasi percettiva dei campi di battaglia. La complessità delle loro suite ha segnato una delle pagine più significative della scena metal del nostro paese

di Valerio D'Onofrio

Morby ha la voce più potente che io abbia mai ascoltato
(Mike Portnoy)

La scena metal italiana è stata molto spesso poco considerata, riuscendo solo in pochi casi ad andare oltre i confini nazionali. In questo scenario generale fa una parziale eccezione la scena power-metal, che ha visto nascere nel nostro paese varie band apprezzate e riconosciute in vari festival internazionali (Rhapsody On Fire, Labyrinth, Domine ecc). Tra questi, i toscani Domine hanno rappresentato sicuramente una punta di diamante del power-epic-metal italiano e internazionale.

I riferimenti letterari e le influenze musicali 

domine_3Nata nel 1983 grazie ai fratelli Enrico e Riccardo Paoli a Piombino, la band si caratterizza per le ispirazioni fantasy, in particolare del sottogenere eroico ("Sword And Sorcery"), legato soprattutto ai testi dello scrittore Michael Moorcock e della saga di Elric di Melniboné, e in minor misura ai libri di Robert Ervin Howard con protagonista Conan il barbaro. L'elemento eroico-epico nella musica dei Domine è portato all’estremo, ogni album dà il senso della battaglia, di spade che si forgiano e di immensi eserciti che si scontrano.
Ma se questi comuni denominatori sono presenti in gran parte delle band power-metal, quello che in particolare contraddistingue i Domine è lo stile del funambolico chitarrista Enrico Paoli, un musicista capace di mettere la sua tecnica al servizio di composizioni lunghe ed elaborate che danno sempre quella sensazione epica riconoscibile in ogni album della band toscana, raggiungendo momenti di enfasi tragica quasi commoventi.

Tutti gli album hanno una struttura simile, da una intro anthemica di circa un minuto al brano più violento e speed - adatto in particolare nelle esibizioni dal vivo - per poi giungere alle composizioni più significative, le suite power-metal articolate ai limiti del progressive metal, sempre circoscritte dentro il perimetro delle saga fantasy che si sta raccontando. Questo format si ripeterà negli anni e si evolverà costantemente da Champion Eternal in poi, approdando allo zenit nel quarto Lp Emperor Of The Black Runes, vertice assoluto compositivo della band, raggiunto il quale sarà necessario rivedere un nuovo formato e tentare, non senza difficoltà, un cambiamento.
Per il resto la band è formata da Morby, pseudonimo di Adolfo Morviducci, una delle voci metal più potenti nel panorama italiano, Mimmo Palmiotta alla batteria e il già citato fondatore Riccardo Paoli al basso, questi ultimi due capaci di creare un base metal rapida e martellante molto riconoscibile.

I primi demo degli anni 80 e l'esordio discografico del 1997

La storia discografica dei Domine inizia ufficialmente nel 1997 con Champion Eternal, ma in effetti la band esisteva già dal 1983. Vari demo giravano fin dal 1986, l’epoca d’oro del metal semi-clandestino, del thrash e punto di partenza di tutti i generi e sottogeneri futuri. Come per tutte le scene estreme e come sempre quando un movimento di nicchia inizia a farsi strada, i fan sono pochi ma decisamente agguerriti. L'esordio discografico del 1997, che prende il nome della saga del campione eterno di Michael Moorcock, è quindi un compendio di quei primi anni di esperimenti e di faticosi tentativi di trovare una propria identità. Il disco risente di una produzione poco professionale, di una qualità di registrazione francamente grezza, che si potrebbe definire tipica del metal underground anni 80, ma contiene già le qualità che - passo dopo passo - arriveranno al loro culmine.
Le spade iniziano subito a scontrarsi, i cavalli cadono a terra abbattuti, i guerrieri urlano. E’ l’intro di “Hymn”, solo una cornice per farci entrare nel mondo di Moorcock. Si giunge al primo brano speed, “The Mass Of Chaos”, che fa intravedere la velocità e l’aggressività di cui è capace il quartetto.
Ma la grandezza della band si ritrova soprattutto nei brani più lunghi e articolati, che si contrappongono a quelli più brevi e diretti. Gli otto minuti di “The Chronicles Of The Black Sword” sono già un piccola perla del metal italiano. Iniziano come una ballata per poi ricordare le sonorità dei riff dei Metallica di “Orion” e cori in stile Anthrax, ma il vertice si raggiunge dal minuto 4.30 con un lungo assolo di basso che prepara al primo affondo davvero epico di Enrico Paoli che si scaglia in due minuti chitarristi da manuale, dove la sensazione epica cavalleresca diventa persino percepibile fisicamente.
I Domine danno il meglio di sé nelle suite e infatti l'album ne contiene due, la bellicosa “Army Of The Dead (A Suite In Five Parts)” e la conclusiva “The Eternal Champion (A Suite In Seven Parts)”, primo esperimento di brano di oltre dodici minuti che verrà perfezionato nei lavori successivi.
Nel complesso un esordio promettente, ma eccessivamente penalizzato dalla produzione, quasi fosse stato registrato dieci anni prima della sua effettiva data di pubblicazione.

I due album classici che perfezionano lo stile

morbyDopo due anni i Domine tornano con Dragonlord - Tales Of The Noble Steel (1999), integrando nella formazione Riccardo Iacono alle tastiere. La produzione è finalmente di livello professionale, anche grazie agli ottimi risultati di vendita del primo Lp. Dopo l'overture di “Anthem”, consueto inno iniziale con influenze classiche (in questo caso la Sinfonia n. 8 di Schubert, l’Incompiuta) si giunge a uno dei loro classici dal vivo, la tiratissima “Thunderstorm”, dove la base metal decisamente speed e la tastiera si fondono dando nuove possibilità al sound epico dei toscani.
“Last Of The Dragonlord (Lord Elric's Imperial March)” è uno dei loro brani-inno più melodici, con uno dei riff di Paoli più memorabili. Tra anthem iperveloci (“Defenders”), cori da trionfo live (“Dragonlord - The Grandmaster Of The Mightiest Beasts”) e una ballata sinfonica (“The Ship Of The Lost Souls”) si giunge alla consueta suite finale. “The Battle For The Great Silver Sword (A Suite In Seven Parts)” (tredici minuti) è una solenne sinfonia power-metal di grande perizia tecnica che perfeziona sempre più lo stile della band. Dai ritmi marziali iniziali all’alternarsi di accelerazioni e decelerazioni, tutta la composizione mantiene costante una solennità epica sino al lungo e intricato strumentale.
Il successo dell'album espande la notorietà dei Domine e la frequenza delle esibizioni live aumenta. Nel frattempo Mimmo Palmiotta lascia e alla batteria subentra Stefano Bonini.

enrico_paoliPuntuale dopo due anni arriva il nuovo Lp Stormbringer Ruler - The Legend Of The Power Supreme (2001), che amplia i temi fantasy con due brani dedicati alla saga di "Dune" (“The Legend Of The Power Supreme” e “True Leader Of Men”) e un esplicito riferimento a Richard Wagner (“The Ride Of The Valkyries”). Troviamo il loro classico “The Hurricane Master”, immancabile nelle esibizioni live, e nuovi inni da battaglia come “The Fall Of The Spiral Tower” o “Horn Of Fate”.
Ma il meglio sta, come sempre, nella suite finale, “Dawn Of A New Day - A Celtic Requiem” (undici minuti), un'opera che può ricordare a tratti le composizioni più complesse dei migliori Iron Maiden.
Da molti punti di vista è, sino a quel momento, il loro lavoro più professionale, ma nel complesso più convenzionale e meno sorprendente. La popolarità nella scena metal è in aumento e il quintetto suona da supporto a band come Iron Maiden, Judas Priest e Dream Theater.

Il capolavoro

emperor_01Finora i Domine non hanno mai tradito il loro stile né il loro formato classico di album (primo brano intro, secondo brano speed, ballata e una o più suite finali). Questo standard, affinato lavoro dopo lavoro, raggiunge il suo vertice nel 2004 con Emperor Of The Black Runes.
E’ chiaramente percepibile la fatica necessaria per comporre brani tanto ricchi di cambi di tempi, tanto tortuosi ed elaborati da progressive metal, con una produzione stavolta impeccabile, ma sempre attenti alla melodia epica portata al suo massimo, persino con influenze di musica celtica.
Dall’intro ispirata al Don Giovanni di Mozart (“Overture Mortale”) al brano speed portato a velocità e compattezza estreme (“Battle Gods”), anch’esso con una melodia tratta dal Don Giovanni ("Battle Gods, Battle Gods, Battle Gods Of The Universe" è cantata come "Ah padron, ah padron, ah padron siam tutti morti"), tutto sembra figlio di uno studio maniacale del dettaglio. Le tastiere non sono mai state così epiche, la voce di Morby mai stata così potente, così come la chitarra di Paoli non è stata mai così aggressiva e precisa (“Arioch, The Chaos Star”).
A differenza di altri lavori non ci sono punti deboli, ogni brano meriterebbe un commento a sé. A partire dalla loro suite definitiva, il vertice delle capacità compositive di Paoli. “The Aquilonia Suite Part I”, divisa in sei arti e ispirata alla saga di Conan, arrangia alcuni temi della colonna sonora di Basil Poledouris del celebre film del 1982. L’intro è affidata alle solenni tastiere dai ritmi marziali, poi parte un cantato con arpeggio, poi ancora il ritorno delle tastiere epiche e l’ingresso di una chitarra distorta decisamente speed, che va oltre i propri limiti sonori per dare una sensazione quasi percettiva di un campo di battaglia. Tra cori imperiosi e cavalcate metal si giunge al lungo assolo finale strumentale che vale davvero tutta carriera dei Domine.
Con “The Sun Of The New Season”, forte di un emozionante duetto vocale tra Morby e la cantante Leanan Sidhe dei Beholder, la band tenta una nuova strada, una forma di ballata metal che parte con un lungo assolo quasi floydiano, un nuovo riff epico e controllato e un nuovo finale strumentale vertiginoso e commovente. Altre perle sono “Icarus Ascending”, dedicata al mito di Icaro (come per gli Iron Maiden in “Flight Of Icarus”), “The Prince In The Scarlet Robe”, che inizia con un assolo di piano, e l’epica battaglia di “The Song Of Swords.
In chiusura un brano anomalo per i Domine, i tre minuti prog-folk tipicamente fantasy di “The Forest Of Light”, che sembrano preannunciare il loro lavoro successivo.

La svolta seventies, tra metal, folk e prog

riccardo_paoliRaggiunto il massimo possibile dalla loro idea iniziale, ai Domine non resta che cambiare strada. Ancient Spirit Rising (2007) è infatti un’opera completamente diversa, più vicina a un hard-rock/heavy-metal melodico ai confini dell’Aor, con influenze tipicamente seventies. Le composizioni più interessanti sono quelle in cui emergono quei suoni medievaleggianti che accompagnano i testi sulla leggenda di Re Artù (“Another Time, Another Place, Another Space”, “The Lady Of Shalott”). La title track esemplifica molto bene il nuovo corso, molto progressive, con suoni liberi e atmosfere luminose, molto differenti dagli esordi.
L’album ottiene un discreto successo, piazzandosi persino nella classifica italiana generalista al settantatreesimo posto.

Purtroppo dal 2007 quello che poteva apparire come un nuovo corso, si è interrotto e non ha avuto più seguito.

Domine

Discografia

Champion Eternal(Dragonheart Records, 1997)

6,5

Dragonlord - Tales Of The Noble Steel(Dragonheart Records, 1999)

7,5

Stormbringer Ruler - The Legend Of The Power Supreme(Dragonheart Records, 2001)6,5
Emperor Of The Black Runes(Dragonheart Records, 2004)8
Ancient Spirit Rising(Dragonheart Records, 2007)6
Pietra miliare
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