Radiodervish

Radiodervish

I visitatori di porte

Un pugliese e un palestinese, insieme, alla ricerca delle radici musicali del Mediterraneo. E' il progetto dei Radiodervish, una band che ha fatto della contaminazione tra le varie sponde del "mare magnum" la sua missione

di Claudio Fabretti

"Vogliamo aprire nuove porte, nuovi orizzonti di coscienza per capire meglio noi stessi". Parola dei Radiodervish, già insieme nella precedente formazione Al Darawish. La differenza culturale delle loro origini dà vita a canzoni che sono intese come piccoli laboratori all’interno dei quali si svelano varchi e passaggi tra oriente ed occidente, le cui tracce sono i simboli e i miti delle culture del Mediterraneo, luogo di confine che unifica nel momento stesso in cui separa.

"Dar wish", in persiano, significa "visitatori di porte". E loro - Michele Lobaccaro (pugliese, bassista) e Nabil ben Salameh (palestinese, cantante) - ne hanno attraversate molte per approdare a questo progetto, che fonde tradizioni mediterranee pugliesi e sonorità arabe in un intreccio che è insieme melodico, elettronico e acustico. Spiega Lobaccaro: "La fusione tra i nostri due mondi - spiega Lobaccaro - nasce da un contrasto, che nella storia è stato duro e drammatico. Ma alla fine emergono le radici comuni, quelle dell'area dell'Antico Testamento, delle tre grandi religioni del Mediterraneo. Basti pensare al canto napoletano, che usa i quarti di tono tipici della musica araba".

Per fondere i mondi dei due "visitatori di porte", allora, niente di meglio della radio, "un aggeggio che attraverso le antenne accomuna senza bisogno del visto", come dice Nabil, in un perfetto italiano. I Radiodervish hanno vinto il Premio Ciampi per il miglior debutto discografico. E per presentare il loro album, pubblicato dal Consorzio produttori indipendenti, hanno scelto il carcere minorile di Bari. "La metà dei detenuti era albanese - raccontano - e percepiva le affinità della nostra musica con la loro".

Lingua contro lingua è un debutto avvincente, ricco di brani suggestivi, come la struggente "Hennah", dedicata alle donne algerine vittime dei massacri, e il suggestivo brano d'apertura "Belzebù", incentrato sulla storia dell'angelo caduto in terra narrata in un racconto di Gurdjieff.

Nel marzo 2001 tengono un concerto acustico a Bari in una chiesa del X secolo sconsacrata e trasformata in auditorium. Il concerto, in cui i Radiodervish sono accompagnati da Alessandro Pipino alle tastiere e da Giovanna Buccarella al violoncello, è organizzato a sostegno dell'attività dell'associazione "Salaam Ragazzi dell'Olivo" con i bambini palestinesi nel campo-profughi di al-Fawwār nella Cisgiordania palestinese. Il successo è tale che i Radiodervish fanno sei repliche e parte del materiale registrato in quell'occasione dà vita al loro secondo album In acustico distribuito con il quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno" e poi ristampato per "Il manifesto".

Nel 2002 i Radiodervish hanno confermato il loro talento con il nuovo album, Centro del mundo, un lavoro di grande eleganza, tra suggestioni mediorientali e delicati intarsi ritmici e strumentali. Michele Lobaccaro e Nabil Ben Salameh raccolgono in quattordici brani l'evoluzione e la maturazione artistica della loro musica. Nella formazione, figurano ora anche le tastiere di Alessandro Pipino, il percussionista Zohar Fresco e ospiti di spicco come Noa e Massimo Zamboni.
La loro battaglia per il superamento di ogni barriera riprende il suo corso, dalla splendida "Cairo Blues", con il bel volo radente della chitarra di Zamboni, alla babele lingustica della title track, dalla radiosa melodia al bouzuki di "Erevan" (con il cantato in arabo di Salameh) alla grazia delle raffinate "L'esigenza" e "Le Temps". Qualche pulsazione techno, infine, va a impreziosire "Acid Baby".
Un disco maturo, dunque, che conferma la sensibilità e l'eleganza di uno dei migliori ensemble italiani in ambito world-music.

Ad aprile 2004 esce il quarto disco dei Radiodervish, In Search Of Simurgh, prodotto da Saro Cosentino, già al fianco di Peter Gabriel e Franco Battiato. Ancora sonorità mediterranee e tradizioni antiche si fondono in una miscela sonora ispirata stavolta all'opera letteraria "Il Verbo Degli Uccelli" (Mantiq at-Tayr) del mistico sufi persiano Farid ad-din Attar (XII secolo).
I dieci episodi narrano attraverso le note suadenti dei Radiodervish le storie dell'"Upupa", de "La Fenice" e di tutta la simbologia mistica legata a queste immagini. Il volo è dunque il tema centrale di un'opera che rinnova questa fortunata alchimia afroeuropea, alternando strumentali sinuosi a pezzi cantati di indubbia suggestione ("La Falena e La Candela", in italiano e in inglese, ma anche "Amira" e "Layla e Majnun", interpretate in arabo).

Con Amara terra mia, nel 2006, i Radiodervish fotografano gli ultimi dieci anni di carriera dal vivo, insieme a uno show teatrale realizzato con l'attore Giuseppe Battiston. Tra i brani, oltre a numerosi classici della band, anche due cover del conterraneo Domenico Modugno (la title track “Amara terra mia” e “Tu sì ‘na cosa grande”).
La voce suadente di Nabil accompagna con eleganza tra le 20 tracce, assecondata da tastiere e violini. Gli arrangiamenti sono volutamente scarni ed essenziali. Il Dvd annesso offre una ripresa dello spettacolo teatrale e il video della title track, diretto da Franco Battiato.

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Discografia

Lingua contro lingua (Il Manifesto, 1998)
In acustico (live, Il Manifesto, 2001)
Centro del mundo (Il Manifesto, 2002)
In Search Of Simurgh (Cosmasola, 2004)
Amara terra mia (live, Radiofandango, 2006)
Pietra miliare
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