Samuele Bersani

Samuele Bersani - Il pescatore di asterischi

Autore di profonda sensibilità melodica e tocco raffinato, Bersani ha saputo imporsi con relativa rapidità nel panorama cantautorale italiano. Merito di un linguaggio vivace, capace di raccontare con gusto ermetico un ineffabile microcosmo privato, mescolando acutezza poetica e spietata analisi sentimentale

di Francesco Giordani

Tra i tanti (cant)autori italiani nati a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio del decennio successivo, esplosi mediaticamente parlando nel pieno dei contraddittori anni Novanta e approdati poi con stile e autorevolezza innegabili fino alle soglie del nuovo millennio (e oltre), un posto di assoluta centralità spetta senz'ombra di dubbio alcuno a Samuele Bersani. Autore di profondissima sensibilità melodica e tocco raffinato, Bersani ha saputo imporsi con relativa rapidità in un panorama cantautorale italiano troppo spesso asfittico e derivativo, in virtù di un linguaggio personalissimo, vivace e assai originale, capace di raccontare con precisione e gusto ermetico un microcosmo privato (ma non solo...) popolato di intuizioni oblique e ineffabili epifanie quotidiane, mescolando con rara maestria spietata analisi sentimentale e guizzante acutezza poetica.

Nato nel 1970 in una famiglia di Cattolica, Samuele Bersani manifesta un interesse precoce per la musica, incoraggiato dal fertile humus dell'ambiente domestico. Dopo un'iniziale gavetta fatta di concorsi e di una militanza frammentaria in gruppi e gruppetti (post)adolescenziali, Bersani si fa notare dal futuro mentore Lucio Dalla (insieme confezioneranno la hit "Canzone"), che nel 1991 lo fa esibire in apertura del suo coevo "Cambio tour" in giro per lo Stivale. È in questo contesto che il giovane autore riminese esegue "Il Mostro", un microracconto intriso di solitudine lacrimevole e drammatica incomunicabilità, una sorta di apostrofo scuro tra Riccardo Cocciante ed "Elephant Man", incentrato sulle vicende di un mostro peloso a sei zampe, inseguito da scienziati e giornalisti morbosi e poi brutalmente ucciso.

Il pezzo (apprezzabile nelle intenzioni, ma ancora piuttosto fragile e acerbo, soprattutto nello sviluppo del tema, decisamente poco originale per quanto sincero) prelude al disco C'Hanno Preso Tutto che esce nel 1992, trainato al successo da un vettore di sicura efficacia come "Chicco e Spillo". Adagiata su un arrangiamento piuttosto asciutto di tastiere, la canzone disegna uno scorcio sintetico, fatto di pochi azzeccatissimi tocchi, mirabilmente descrittivi di un'Italia provinciale e iperrealistica, sulla quale scivolano come trottole impazzite le figure candide dei due ragazzi del titolo e il loro progetto (fallito) di rapina. Ma C'hanno Preso Tutto è, sopra ogni cosa e in ultima analisi, un disco profondamente giovanile, in bilico tra l'appunto diaristico di un tempo di speranze che fugge e rimane a tratti impigliato in "Restiamo Ancora Qui" e l'amarezza delle troppe illusioni e utopie a occhi chiusi già frustrate di "Bottiglie Vuote".
Nei solchi del suo esordio Bersani immette (ed esorcizza) il proprio amore per Lucio Battisti, Lucio Dalla, Luca Carboni o Luigi Tenco, denotando un occhio attento al dettaglio sociale minimo (ma non meno rivelatore) e una buona scaltrezza nello sfruttare le risorse immaginative che la lingua gli sa mettere a disposizione. Non mancano tuttavia pezzi meno incisivi, in cui l'estro incespica in giochi di rime un po' gratuiti o ingenui, come "Voglio Un Pianoforte", "Dalla Piccola Finestra" o "Domatore" (discreta invece "2 Settembre"), su cui pesano anche soluzioni di arrangiamento che inevitabilmente appaiono oggi piuttosto invecchiate.

Il grande successo di vendite arriva però al secondo colpo, con Freak, che esce nel 1995, superando le 130.000 copie vendute e rimanendo per più di cinquanta settimane in classifica. Permeato di atmosfere leggere e solari, il secondo album di Bersani appare decisamente più a fuoco e cantabile del precedente, già a partire dall'iniziale omonima "Freak", sfrontato e impudico birignao amoroso che non esita a sbugiardare con malizia e intelligenza luciferina i goffi conformismi mentali di certo benpensare culturalmente evoluto, al suono di irresistibili tastierine dal profumo vagamente tropicaleggiante. E se le derive autocommiserative di un amore andato in frantumi di "Spaccacuore" o di "Cosa Vuoi Da Me" (rifacimento di un pezzo dei Waterboys) assicurano uno sbarco trionfale nei festivalbar assortiti di un'estate ancora giovane, è soprattutto negli episodi più eccentrici che si precisa una vena poetica dal passo sbilenco e imprevedibile, come accade ad esempio nella curiosa "Piccolo Macellaio", una specie di synth-jazz fuori asse dagli aromi meditarranei, imperniato sulla storia di un timido macellaio che salta (in sogno?) su una fetta di prosciutto per andare ad accendere una cicca sull'Etna, in compagnia della misteriosa cliente di cui è forse innamorato.
È apprezzabile d'altro canto anche la voglia di pasticciare più o meno fruttuosamente con i formati sonori, contaminando un'ipotesi spuria di new wave robotica con spericolati refrain alla 883 nella cannibalistica "Capo" o ritagliando un piccolo pianobar dagli irridenti contorni dada-cabarettistici, in odore quasi di Cochi e Renato o di Celentano, in "La Fine Di Una Storia", puntellata da fisarmoniche Vecchia Romagna. Molto interessante anche l'ipnotica spirale psichedelica di "Cado Giù", che inghiotte nel suo gorgo Robert Wyatt, Paolo Conte, amarcord felliniana e nonsense fervidamente sgrammaticato, in bilico tra Jacovitti e Gianni Rodari. Sembrerebbe nel complesso di ascoltare una rideclinazione edonisticamente canzonettara de "I Vitelloni" oppure un esercizio di vitale libertinismo tondelliano in forma di canzone, se il disco non regalasse del tutto a sorpresa e proprio sul finale una composizione epica e commovente come "Barcarola Albanese", piccola epopea cinematografica sulle traversie di un gruppo di immigrati clandestini (e quel "mostro" cantato a inizio carriera assume qui finalmente una forma più distinta e leggibile), con Bersani che come un ventriloquo ingegnoso lascia risuonare il racconto polifonico di un mondo che parla e si fa osservare nella sua completa crudezza e nel suo incanto.
Ma nel 1995 Bersani è ancora un autore al bivio: potrebbe trasformarsi in un piacente (quanto inutile) dispensatore di melensaggini ben educate al pari di Massimo Di Cataldo o Gianluca Grignani e vincere Sanremo, oppure assecondare la sua "lateralità" rispetto ai dettami di certo musicbiz da musica leggera italiana e continuare a giocare la sua partita da battitore libero, raccogliendo magari l'eredità di un Rino Gaetano.

A sciogliere ogni riserva pensa un album perentorio come l'omonimo Samuele Bersani del 1997, che catapulta prepotentemente il songwriter romagnolo nei piani più alti ed elitari della canzone d'autore italiana, riconsegnando al pubblico un artista cresciuto in maniera vertiginosa, reso a tratti quasi irriconoscibile da uno stile di scrittura poetica straordinariamente complesso e stratificato di immagini che si rincorrono in vorticosi percorsi di libere associazioni metaforiche a cui a tratti si fatica a stare dietro. Si ascolti, ad esempio, "Coccodrilli", che dietro una parvenza di appiccicoso motivetto rivierasco, esplode in un flusso di scrittura rigoglioso e proliferante di digressioni apparentemente scollegate fra di loro e quasi blateranti, che riescono però a ricomporre il ritratto elegiaco di un amore contraddittorio e felicemente battibeccante, imprigionato in una pastiglia dolciastra di hally-gally da balera agostana.
Con "Giudizi Universali", Bersani si assicura un lasciapassare senza scadenza per la memoria collettiva di più generazioni, così come un vitalizio garantito nella storia della migliore canzone d'amore italiana, ma quello che qui va notato è sopratutto lo slalom elegante con cui l'estro letterario irrefrenabile delle sua penna pattina sulla pagina della musica, dribblando tutti i luoghi comuni e il frasario impacciato di certo indurito ciarpame canzonettistico fatto di anni e anni di amori infelici e cuori spezzati (e "Giudizi Universali" è anche e soprattutto un'invettiva contro la fatua e deprecabile inutilità delle frasi fatte), rivitalizzando la lingua pulsante di una canzone italiana restituita a tutto il suo potenziale inventivo. Bellissime anche "Braccio Di Ferro" e "Lolita", piccoli romanzi incompiuti dallo stile sontuoso ed elegante, macchiato di sprazzi jazz o disinibite aperture pop-soul, in cui le invenzioni verbali si avvitano in accostamenti tanto bruschi quanto surreali e fulminanti: le parole entrano in collisione libera e agglutinante, generando schegge di poesia mobilissima e appuntita, in un turbinio fantasioso di epigrammi e aforismi folgoranti ("l'equilibrio è una rosa che sboccia come un'esplosione", canta del resto lo stesso Bersani).
E se in "Crazy Boy" (scritta originariamente per Fiorella Mannoia nel 1994 e qui rieseguita in compagnia degli eccellenti Avion Travel) lo sguardo dell'autore insegue la fuga di un lavavetri egiziano che si addentra in un museo archeologico incustodito fingendosi un faraone, "Tonight" e "L'Istinto" imboccano un registro più introspettivo e autobiografico, non sempre nitidissimo, ma comunque ricco di suggestioni e imprevedibili scorciatoie comunicative di un pensiero sovrano, reso leggerissimo e planante da una sorta di iperossigenazione immaginifica perenne.
Samuele Bersani lascia dunque risuonare il rimbombo sordo di un giovane autore di talento che ha appena scoperto il potenziale esplosivo della propria genialità parolibera e che può del resto vantare un'identità musicale sempre più definita, incastrata tra le invenzioni pirotecniche del primo Dalla, il garbo melodico di Fabio Concato, l'intellettualismo forbito e raffinato di Ivano Fossati e certe delizie neo-ermetiche del controverso binomio Battisti-Panella.

Nel 1998, la canzone "Siamo Gatti" fa da motivo principale per la colonna sonora del fortunato lungometraggio d'animazione "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" di Enzo D'Alò, tratto da un romanzo di Luis Sepulveda. Nel 2000 i tempi sono invece maturi per un forse inevitabile confronto con il pachiderma inflaccidito e fagocitante dell'odiato-amato Sanremo. Bersani si presta al gioco, ma alle sue condizioni, presentando un pezzo tanto classico nel tono quanto intimo e straordinariamente intenso nello stile, accarezzato da una grafia sempre obliqua e sfuggente. "Replay", con il suo monologo di un amore riconsegnato al mistero di una solitudine inguaribile, ottiene un dignitosissimo quinto posto e il premio della critica, anticipando l'uscita de L'Oroscopo Speciale. E' questa forse a tutt'oggi l'opera maggiore a firma Samuele Bersani, sotto più di un aspetto il suo probabile capolavoro, nonché uno dei documenti più significativi della canzone d'autore italiana dell'ultimo decennio, importanza ribadita del resto dalla targa Tenco che il lavoro riceve nello stesso 2000 come miglior album dell'anno.

Disco molto compatto e coeso, stilisticamente piùomogeneo e centrato rispetto ai suoi tre predecessori, L'Oroscopo Speciale presenta un lavoro di ricerca lessicale come al solito ricchissimo di incastri, combinazioni e vivaci calembour dal tono semiserio e surreale, proiettati però sullo sfondo di un'autoanalisi interiore dal passo serrato, aggrovigliata in un labirinto di ricordi smangiati, strane simbologie e arditissimi riferimenti autobiografici. "Il Pescatore Di Asterischi" poggia su uno dei testi più belli e riusciti di Bersani, ma la dolce levità degli arrangiamenti, impregnati di aromi e calde luci mediterranee, denota una crescita cospicua anche e soprattutto sul piano compositivo, che ben si riflette nella ricercatezza melodica delle soluzioni stilistiche adottate con ingegno ed eleganza in splendide canzoni come "L'Oroscopo Speciale", "Non Portarmi Via Il Nome", "Luned" o "Senza titoli", sempre più saldamente innestate nella fertilissima tradizione di Tenco, Paoli, Endrigo (ma anche Battisti, Concato, Fossati e De Gregori), qui riportata a respirare nuova vibrante vita poetica.
Lo sguardo mobile e arrossato di Bersani si getta così a peso morto su un mondo indecifrabile e fluttuante, tentando di ricostruire la propria storia individuale sparpagliata disordinatamente nel tempo trascorso, incollando frammenti di immagini sbriciolate e piccole schegge di vita vissuta, che si perdono tra finzione e sogno insensato ("Il Fossile"). E' con questo disco (il più violentemente personale della sua intera carriera) che Bersani attraversa il piccolo inferno privato dei propri fallimenti amorosi, congiungendo i punti di un'esistenza ancora indecisa con una linea contorta di parole che sembrano sempre voler dire al tempo stesso di più e di meno di quello che dicono.

Sempre nel 2000 arriva un altro incarico importante, la colonna sonora del film di Aldo, Giovanni e Giacomo, "Chiedimi Se Sono Felice", basata su alcune delle canzoni più conosciute dello stesso Bersani, che sempre per l'occasione incide l'omonimo brano (poi incluso nella seconda edizione del 2001 de L'Oroscopo Speciale). Nel 2002, a stilare un parziale bilancio, giunge la raccolta Che Vita! la quale, trainata dal felicissimo omonimo singolo sulle contraddittorie delizie di un postmoderno sempre più intontito e spaesante, supera le 150.000 copie vendute, balzando ai vertici delle classifiche di vendita. Impreziosiscono la compilazione una reinterpretazione de "Le Mie Parole" del talentuoso cantautore Pacifico e l'inedito godibilissimo "Milingo", dedicato alle tragicomiche vicissitudini del noto vescovo zambiano, in esilarante duetto con Paola Cortellesi nei panni di Maria Sung.

Nel 2003 arriva finalmente il quinto disco di inediti di Samuele Bersani, Caramella Smog. Il responso della critica è ancora più che positivo (il disco vince ben due targhe Tenco, come miglior album e migliore canzone, con "Cattiva"), e l'album si segnala sin da subito come il lavoro dal suono più complesso e laborioso di Bersani, che proprio nelle nuove canzoni si focalizza sulla ricerca e sull'esplorazione di arrangiamenti più articolati e stilisticamente compositi, che spaziano da sonorità più acustiche e raccolte a scenari più espansi e sospesi, capaci di costruire attorno alle parole un'aura di potente solennità e tensione drammaturgica.
Molte le collaborazioni illustri: Sergio Cammariere, Rocco Tanica e Fabio Concato (nell'incantevole "Binario Tre"), tra gli altri. Dal punto di vista tematico, si nota un slittamento abbastanza deciso verso testi più aperti e descrittivi, molto spesso legati a dettagli di attualità socio-mediatica (si prenda a titolo d'esempio l'accoppiata iniziale "Socio Di Minoranza"/ "Il Destino Di Un Vip") o addirittura di cronaca, come accade soprattutto in "Cattiva", il cui sottotesto implicito è il famigerato e assai controverso infanticidio di Cogne e l'annessa morbosità di pubblico e mezzi d'informazione che lo caratterizzò.
Se L'Oroscopo Speciale era stato a suo modo un autoritratto esitante e problematico, Caramella Smog risulta per certi aspetti una natura morta, componendosi in più punti di lunghi e dettagliati elenchi di oggetti minimi e apparentemente privi di valore, ai quali però la fantasia malconcia di un'anima sempre più sola sembra aggrapparsi come ultimo appiglio contro un oblio ogni giorno più uniformemente bianco e incombente. Una vita, quella raccontata da Bersani in "Conforme alla Cee", "Caramella Smog" o "Meraviglia", colonizzata in tutti i suoi spazi atrofizzati da una proliferazione incontrollata e impersonale di accessori e marchingegni sinistri, che paiono trasformare l'esistenza stessa in una cosa dimenticata e indifferente tra le altre, quasi del tutto inerte e disanimata, se non fosse per qualche sporadico sussulto di calore amoroso, che la scuote di tanto in tanto dal suo vuoto torpore, schiudendo una via di fuga momentanea ("Pensandoti", sfiorata da un ritmo piacevolmente bossato).

Nel 2006, preceduto dalla canzone "Lo Scrutatore Non Votante" (scritta e subito pubblicata, con enorme successo, su iTunes), arriva il sesto album di Bersani, L'aldiquà, che sin dal titolo lascia trasparire un approccio tematico nel complesso coerente con la nuova fase inaugurata nel disco precedente. Bersani si riconferma molto interessato a una forma cantautorale d'ispirazione in una certa misura "civile", lanciata dentro la complessità sparigliante di una contemporaneità sempre più schizofrenica e ingarbugliata. L'autore romagnolo tuttavia coglie e rilancia la sfida di questo progetto musicale e letterario declinandolo con una cadenza molto personale e sottilmente decentrata, sullo sfondo di forme sonore che si arricchiscono di soluzioni e possibilità espressive via via più ricercate, in bilico tra pop raffinato e un onnivoro soul-jazz impregnato di suggestioni visionarie e divaganti.
E se in "Occhiali Rotti" (che vince il premio Amnesty International come miglior canzone sui diritti umani nel 2007) si rievoca con tocchi tanto ellittici quanto commoventi la vicenda umana di Enzo Baldoni, in "La Soggettiva Del Pollo Arrosto" o nella stessa "Lo Scrutatore Non Votante" (dedicata a quella sottocategoria così tipicamente italiana di cinici osservatori che fanno la voce grossa, spendendosi in critiche e prediche morali, per poi scomparire quando giunge il fatidico momento di rimboccarsi le maniche) oppure ancora nella bellissima "Sicuro Precariato", emerge uno spaccato sintetico ma vivo e guizzante di una realtà schiacciata dal peso inessenziale e invasivo dei media, in cui il confine tra verità e finzione si fa labile e a tratti quasi del tutto indiscernibile, inghiottito da un senso quasi paranoico di solitudine. Ma non vengono mai meno un certo gusto ironico e una naturale leggerezza di tono che Bersani soffia sulle canzoni increspandole nel pop veleggiante di "Maciste" (su musica di Pacifico) o "Il Maratoneta". Molto felici anche i quadretti acustici di "Una Delirante Poesia" e soprattutto della fantasia a due "Come Due Somari", adagiata su un testo di rara sottigliezza pittorica e impreziosita dagli intarsi nervosi del chitarrista Armando Corsi.

A tre anni del fortunato L'Aldiquà, Samuele Bersani torna con il suo settimo album, Manifesto Abusivo. Giunto ormai alla soglia dei quarant'anni, con una nutrita e apprezzata discografia di tutto rispetto alle sue spalle, forte di una maturità espressiva molto riconoscibile già da diversi anni a questa parte, Bersani non ha poi molto da dover dimostrare a pubblico e critica, e quel che gli si chiede è in fondo e soprattutto una nuova collezione di canzoni eleganti e capaci di raccontare la complessa realtà di un mondo intricato e sfuggente con piglio giocosamente intelligente e, soprattutto, con la stralunata non ovvietà stilistica di quel lirismo sottile del quale il suo nome è diventato col tempo sinonimo indissolubile.
Manifesto Abusivo appare così come una sorta di sintesi retrospettiva delle varie tappe evolutive che la ricerca di Bersani ha percorso nel trascorrere degli anni, condensando al proprio interno una pluralità di spunti che vanno dal dettaglio più personale e autobiografico per aprirsi poi ai soliti appunti di osservazione disordinata e ironica di un "fuori" che viene catturato in tutta la sua buffa goffaggine e nei suoi tragicomici cortocircuiti di (contro)senso e paradossalità. Quello che si riscontra è probabilmente una maggiore fragilità sul piano musicale, che si ritraduce in un suono un po' fiacco e senza particolari increspature, racchiuso nel guscio un po' leccato di un pop-jazz acustico con frequenti basi orchestrali non sempre felicissime né melodicamente ficcanti, soprattutto nel loro dialogo con le parole dei testi che tendono ad amalgamarsi poco, restando un po' isolate e poco cantabili. E se il singolo "Un periodo pieno di sorprese" ripercorre le ragioni di un amore finito, risultano godibili il cabaret swingante dell'esilarante "Ragno" o l'arguzia salace della bella "Robinson Cruose". "Ferragosto" (composta a quattro mani col vecchio sodale Sergio Cammarriere, sul cui "Sul Sentiero", del 2004, è apparsa per la prima volta), si caratterizza per uno dei migliori testi di Bersani, e va a tratti a rinverdire i fasti de L'Oroscopo Speciale, ma altri episodi più sfocati come la stessa "Manifesto Abusivo", la "proustiana" "Lato Proibito", "Fuori Dal Tuo Riparo" o "Valzer nello spazio" faticano a imporsi. Il discorso tende comunque a bilanciarsi con l'invettiva appassionata "A Bologna" o l'ormai classico intreccio indistricabile di dramma e saettante ironia di "Pesce d'Aprile".

Rilanciato dalla partecipazione al Festival di Sanremo con "Un pallone", il cantautore romagnolo pubblica un'altra antologia, a dieci anni dalla precedente, la doppia raccolta Psyco - 20 anni di canzoni (2012). 

Nel settembre del 2013 Bersani torna sulle scene con Nuvola numero nove, dieci nuove canzoni che aprono ulteriormente alla sfera privata del cantautore romagnolo, il quale esplicita fin dal titolo dell'album (la traduzione dell'inglese cloud nine, che equivale al nostro "settimo cielo") la voglia di rimettersi in gioco.
Il disco, lanciato dal singolo "En e Xanax", è una carrellata di situazioni che toccano l'universale e il privato, tra amori che sbocciano e che malamente finiscono ("Complimenti!", "Spia Polacca") e impietose considerazioni sull'Italia contemporanea ("Chiamami Napoleone" e "D.A.M.S.").
L'opera segna anche l'apertura del cantautore di Cattolica a collaborazioni con artisti appartenenti alla scena indipendente italiana: i vari Gaetano Civello, Gregorio Salce, Matteo Fortuni e la band degli Egokid partecipano alla scrittura di canzoni quali "Spia Polacca", "Desirée" e "Il Re Muore".

Dopo sette lunghi anni d'attesa è la volta di Cinema Samuele, un viaggio carico di pathos, tagliente e ironico, all’interno di dieci lungometraggi proiettati nell’immaginazione dell’autore e a sua volta raccolti in una vecchia pellicola e presentati in un fantomatico multiplex.
Il brano che ha anticipato l’uscita del disco ,“Harakiri”, è un meraviglioso affresco che miscela dolore e rinascita, con  la consueta abilità descrittiva e non è un caso che l’apertura faccia proprio riferimento al tema cinematografico (“Stava facendo harakiri/ chiuso in un cinema porno francese/ ma dopo i primi tentativi - Non è il momento – disse/ Poi si arrese agli sviluppi della trama, alla profondità dei dialoghi). In questa frase è racchiusa, nel suo ermetismo, tutta l’arte di Samuele Bersani: diretto, immaginifico, radicato e metricamente sempre perfetto nell’esposizione.
Per certi versi inedita è invece la maniacale cura che è stata riservata agli arrangiamenti, dove il maggior utilizzo di trame elettroniche (addirittura accenni di Theremin) ha contribuito a confezionare  la maggior parte dei brani di nuovi e preziosi scenari. E’ esemplare, in tal senso, la familiare abilità poetica sciorinata in brani intensi quali “Pixel” o “Il tiranno” che con perfetti inserti strumentali, poco convenzionali nel repertorio di Bersani, impreziosiscono notevolmente la raffinata e istrionica penna del cantautore romagnolo.
Non manca, ovviamente, il richiamo alle più classiche ballate erette principalmente sull’asse voce/pianoforte. La splendida “Il tuo ricordo” è un’analisi, senza sconti, delle dolorose difficoltà nel dimenticare il passato, con un presente che prova a combatterne i tentativi di ricomparsa (”Il tuo ricordo trova un buco nella rete/  s’infila dentro il mio cervello e fa il padrone”), mentre il fervido e contrapposto monologo di “Con te” regala gli entusiasmi che solo la purezza emozionale è in grado di rappresentare (“Sei una poetessa in piena come un fiume/ superi l’argine e allaghi di rime”).

Contributi di Fabio Guastalla ("Nuvola numero nove"), Cristiano Orlando ("Cinema Samuele")

Samuele Bersani

Discografia

C'hanno preso tutto (1992)

5,5

Freak (1995)

6

Samuele Bersani (1997)

7,5

L'oroscopo speciale (2000)

8

Che vita! (antologia, 2002)

Caramella smog (2003)

7,5

L'aldiquà (2006)

7

Manifesto abusivo (2009)
6,5
Psyco - 20 anni di canzoni (doppio CD, antologia, 2012)

Nuvola numero nove (2013)

7

Cinema Samuele (2020)

8

Pietra miliare
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Sito ufficiale
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Chicco e Spillo (videoclip da C'hanno preso tutto, 1992)
Freak (videoclip da Freak, 1995)
Cattiva (videoclip da Caramella Smog, 2003)
Che vita! (videoclip da Che Vita!, 2002)
Lo scrutatore non votante (videoclip da L'Aldiquà, 2006)